Se c'è una cosa che non dovrebbe essere messa in discussione in Italia è che tutti sono uguali davanti alla legge. Chi risiede nel territorio italiano pertanto non può ottenere sconti di pena adducendo il suo diverso contesto culturale di appartenenza. E' la Corte di Cassazione a rimarcare questo concetto dell'uguaglianza stabilendo che un islamico residente in Italia, se maltratta la moglie, va punito con la stessa severità riservata agli italiani. La Cassazione (sentenza n. 46300/2008), ha così respinto il ricorso di un marocchino residente a Torino che i giudici di merito avevano condannato a 2 anni 6 mesi e 20 giorni di reclusione per maltrattamenti in famiglia
, violenza sessuale in danno della moglie e sequestro di persona. Gli Ermellini sono stati chiari sul principio: niente sconti di pena per il fatto che si tratta di un "cittadino di religione musulmana". La Corte spiega che un diverso trattamento andrebbe contro "i principi costituzionali" previsti dall'art. 2 e 3 che salvaguardano i diritti inviolabili dell'uomo e la pari dignità sociale senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. L'uomo nel suo ricorso aveva sostenuto che la condanna gli era stata inflitta secondo una mentalità tipica "della cultura occidentale" e quindi viziata da un "pregiudizio etnocentrico". La Suprema Corte ha respinto il ricorso rimarcando che "anche per i reati culturali o culturalmente orientati, il giudice non può sottrarsi al suo compito naturale di rendere imparziale giustizia con le norme vigenti" e di garantire una effettiva tutela alle vittime a prescindere della religione di appartenenza.

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