La Corte di Cassazione ha riaffermato il principio dell'impignorabilità dell'unica abitazione del contribuente, destinata a residenza principale


Con l'ordinanza n. 32759 del 16 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha riaffermato il principio dell'impignorabilità dell'unica abitazione del contribuente, destinata a residenza principale. Secondo la Suprema Corte, quando l'espropriazione riguarda l'unico immobile di proprietà del debitore, adibito ad abitazione principale, l'azione esecutiva diventa improcedibile.

Il quadro normativo di riferimento

La protezione dell'unica casa di proprietà del debitore trova fondamento nell'articolo 76 del D.P.R. n. 602/1973, modificato dal decreto-legge n. 69/2013 (c.d. "Decreto del Fare"). Tale normativa stabilisce che l'agente della riscossione non può procedere all'espropriazione se l'immobile:

  • È l'unico di proprietà del debitore;
  • È adibito a uso abitativo e costituisce la residenza anagrafica del debitore;
  • Non rientra nelle categorie catastali A/8 (ville) o A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio artistico o storico).

Inoltre, per procedere al pignoramento, il debito deve essere superiore a 120.000 euro.

La pronuncia della Cassazione

Nel caso esaminato, un contribuente aveva contestato il pignoramento del proprio immobile, sostenendo che si trattava dell'unica proprietà adibita a residenza principale. La Cassazione ha accolto le ragioni del debitore, dichiarando improcedibile l'azione esecutiva promossa dall'Agenzia delle Entrate - Riscossione. La Corte ha sottolineato che l'impignorabilità dell'unica casa è volta a garantire il diritto all'abitazione del contribuente e della sua famiglia, evitando situazioni di grave disagio sociale.


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