La differenza tra proprietà e utilizzo dell'animale, una questione sempre aperta

Proprietà e utilizzo

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La vicenda che ha condotto alla sentenza n. 130/2023 resa dalla Corte di Appello di Milano è interessante perché affronta il tema della corretta individuazione del legittimato passivo nelle ipotesi riconducibili all'art. 2052 c.c. Vale a dire la valutazione del permanere o meno in capo al proprietario dell'animale affidato a terzi di quegli effettivi poteri di vigilanza sull'animale stesso. In altre parole, quando si può ragionevolmente sostenere che il proprietario dell'animale si sia spogliato in via di fatto del potere di governo sull'animale lasciando che altri si occupassero dello stesso così ricadendo su costoro la legittimazione passiva dal momento che la responsabilità di cui all'art. 2052 c.c. non è solidale ma alternativa"

Il fatto e i motivi di appello

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Tizio viene aggredito dal cane di Caio nel mentre si trova presso l'abitazione di quest'ultimo. Il Tribunale accoglie la domanda di risarcimento proposta da Tizio. Caio propone appello premettendo che la responsabilità ex art. 2052 c.c. si radicherebbe in capo all'utilizzatore (in questo caso Tizio) quando quest'ultimo acquisisca il possesso dell'animale con correlativo spossessamento da parte del proprietario (Caio), servendosene per un proprio scopo o interesse, che può anche non avere carattere patrimoniale in senso stretto. Tizio sarebbe dunque qualificabile come utilizzatore del cane (di proprietà di Caio) al momento dell'aggressione subita per essersi recato presso Caio, in assenza di questi ma avutone il consenso, al fine di accudire proprio i cani di quello e fare esperienza come dogsitter.

Il rigetto della Corte d'Appello milanese: Tizio non qualificabile come utilizzatore

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La Corte di Appello milanese condivide quello che è stato il ragionamento del Giudice di primo grado. Il Tribunale aveva ritenuto che Tizio all'epoca del sinistro fosse un giovane amante degli animali privo di una esperienza qualificata e di specifiche qualifiche escludendo che avesse gestito autonomamente e in vista di un interesse proprio i cani di Caio. Invero si era solo spontaneamente proposto a Caio come dog sitter nell'interesse del quale accudiva saltuariamente i cani. Una responsabilità dell'utilizzatore è ravvisabile allorché il proprietario si sia spogliato, in fatto o in diritto, del governo dell'animale potendo l'utilizzatore gestire autonomamente e in modo indipendente l'animale, in vista del perseguimento di un interesse proprio ed autonomo rispetto a quello del proprietario (Cass. civ., sent. n. 22632 del 11/12/2012; in senso analogo Cass. sent. n. 16023 del 07/07/2010).

Anche se non vi era dubbio che Tizio lavorasse come dog-sitter dei cani di razza rottweiler di proprietà di Caio recandosi ogni giorno, dopo la pausa pranzo, presso l'abitazione di quello (avendone le chiavi) per dar da mangiare ai due cani e accompagnarli fuori per i bisogni, se ne doveva escludere la qualifica di "utilizzatore" e dunque responsabile in capo a Tizio. Lo stesso infatti non poteva gestire autonomamente e in vista del perseguimento di un interesse proprio il cane di proprietà di Caio il quale ne rimaneva responsabile in base alla sola relazione di proprietà esistente fra il medesimo e l'animale.

Il mancato riconoscimento del caso fortuito

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Ai sensi dell'art. 2052 c.c. - che qualifica una responsabilità oggettiva - l'unica via di fuga per Caio è la prova del caso fortuito ossia di quel caso imprevedibile, inevitabile o assolutamente eccezionale da solo idoneo ad escludere la responsabilità. Una eventuale condotta colposa della vittima qualificabile come imprevedibile ed eccezionale così da interrompere il nesso causale tra il fatto dell'animale e il danno viene attratta nell'orbita del caso fortuito.

A dire di Caio, Tizio in quanto esperto di animali e frequentatrice di corsi per l'addestramento, avrebbe dovuto percepire e valutare con maggior cognizione di causa il comportamento del cane nella immediatezza dell'aggressione consistente in un atteggiamento indisponente dallo stesso Tizio rilevato nella giornata dell'aggressione e precedentemente alla stessa. Non averlo fatto avrebbe influito eziologicamente nella causazione del danno.

Non è della stessa opinione la Corte. Ritenuta pacifica la ricostruzione dei fatti svolta da Tizio e riferita all'aggressione da parte del rottweiler (autorizzato da Caio ad accedere nella abitazione di quest'ultimo il cane si avvicinava lentamente come per essere accarezzato ma repentinamente e senza che fosse possibile porre qualsiasi rimedio o riparo alla sua azione gli saltava addosso), ricostruzione peraltro non contestata da Caio nemmeno in primo grado, e quindi provato il nesso di causa, manca la prova - a carico di Caio - dell'intervento del caso fortuito anche sotto forma di colpa del danneggiato o concorso di colpa di quello.

Tizio all'epoca dell'aggressione non poteva considerarsi esperto addestratore cinofilo ma, come correttamente aveva evidenziato il primo giudice, era (solo) iscritto ad un corso di educatore cinofilo interrotto proprio a seguito dell'aggressione e dunque alcuna rilevanza causale può attribuirsi al comportamento di Tizio ex art. 1227 c.c.. Peraltro, si legge nella sentenza, il comportamento del cane era del tutto non prevedibile.

L'appello viene quindi rigettato, con conseguente conferma della pronuncia di primo grado. Il pagamento delle spese del grado segue la soccombenza.


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