Per la Cassazione, va condannato per il reato ex art. 589 c.p. il medico sportivo che rilascia certificato di idoneità agonistica senza consigliare al paziente di svolgere ulteriori esami

Responsabilità medico sportivo

Reato ex art. 589 c.p. per il medico sportivo che rilascia certificato di idoneità agonistica omettendo di informare il paziente di evidenti alterazioni patologiche emerse dagli esami effettuati, in modo da consentirgli di usare le necessarie cautele e di svolgere ulteriori approfondimenti diagnostici. E' quanto emerge dalla sentenza n. 20943/2023 (sotto allegata) della quarta sezione penale della Cassazione.


Nella vicenda, l'uomo decedeva nel corso di un allenamento ciclistico per arresto cardiaco e il medico veniva condannato, ritenendo provato il nesso causale tra il suo comportamento colposo e il decesso della vittima.

Il medico ricorre in Cassazione ma gli Ermellini ritengono le tesi difensive inammissibili.

La Corte territoriale ha puntualmente indicato, nella sentenza impugnata, infatti, tutti gli elementi atti a dimostrare come la morte del ciclista fosse conseguita eziologicamente alla condotta colposa del dottore.


"L'impiego esigibile della media diligenza e perizia medica avrebbe dovuto comportare, non già la superficiale diagnosi che aveva dato luogo al rilascio del certificato di idoneità sportiva, bensì l'effettuazione di esami maggiormente approfonditi che avrebbero evitato, con ampio margine di probabilità, la morte del predetto, la quale invece, avveniva improvvisamente durante la rischiosa attività fisica espletata" sottolineano ancora dal Palazzaccio.

In altri termini, i giudici di merito hanno accertato che la morte improvvisa della vittima poteva e doveva essere scongiurata mediante un diligente ed oculato comportamento professionale del medico sportivo, per cui, quello diverso da lui tenuto, nel caso concreto, si palesava, sotto il duplice profilo della negligenza e dell'imperizia, colposo ed eziologicamente incisivo sul determinismo dell'evento mortale, avendo consentito l'automatica ammissione del soggetto all'attività sportiva, incompatibile con la sua situazione clinica ed essendo, di contro, razionalmente altamente credibile che la sua morte sarebbe stata evitata, se non avesse svolto l'allenamento ciclistico.


A fronte di tale apparato motivazionale, le obiezioni difensive non appaiono dunque meritevoli di accoglimento.

Scarica pdf Cass. n. 20943/2023

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