Non si tratta di intercettazioni nel caso di comunicazioni verbali, come quelle relative alle chat, nella disponibilità dei soggetti legittimati a parteciparvi

Diffamazione e screenshot

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Sono utilizzabili gli screenshot di conversazioni su Messenger nei casi di diffamazione aggravata?

A dare una risposta in senso positivo è la sentenza della Corte di Cassazione n. 24600/2022 (sotto allegata).

Nel caso di specie la Corte di appello di Bologna riformava una sentenza del Tribunale di Forlì confermando la responsabilità penale di alcuni soggetti per il delitto di diffamazione, escludendo però la sussistenza della circostanza aggravante dell'art. 595, comma 3, cod. pen., riducendo e modificando l'originaria pena detentiva ad una multa.

Nello specifico i Giudici di merito avevano attribuito la condotta di diffamazione consumata attraverso il social network Facebook (rectius: Messenger), a mezzo di una chat all'interno della quale c'erano atlete della medesima disciplina del body building,. Le parole in chat spiega la sentenza nel ricostruire il fatto «costituivano espressioni e valutazioni giudicati grandemente lesivi della reputazione, del prestigio e della credibilità delle persone offese e venivano di fatto comunicate anche alle tre atlete, che partecipavano della chat e vi leggevano le espressioni diffamatorie».

In particolare la ricorrente censura la decisione della Corte di Bologna che «non avrebbe tenuto conto della inutilizzabilità delle conversazioni in chat riprodotte dagli screenshot e diffuse». Ulteriore censura avrebbe riguardato la omessa valutazione da parte della Corte di merito della natura non denigratoria delle espressioni e dell'esercizio del diritto di critica.

Diffamazione, screenshot ammissibili

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Le censure mosse dei giudici differiscono dalle valutazioni degli Ermellini che chiariscono come «la deduzione della inutilizzabilità degli screenshot delle conversazioni sulla chat del social 'Messenger' è completamente priva di riferimento all'impatto che la stessa sanzione probatoria avrebbe sull'impianto argomentativo della sentenza impugnata. A riguardo va evidenziato come nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti e ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento».

Nel caso di specie, come osserva la Procura generale, «l'attribuzione delle espressioni diffamatorie avviene oltre che attraverso gli screenshot, anche con l'escussione delle atlete». La stessa accusata che «per difendersi nell'ambito del procedimento disciplinare sportivo non nega la paternità delle espressioni». Risultando così il motivo aspecifico.

Per la Suprema Corte «sono da ritenersi pienamente utilizzabili, in quanto legittima ne è l'acquisizione come documento, i messaggi sms fotografati dallo schermo di un telefono cellulare sul quale gli stessi sono leggibili in quanto «non è imposto alcun adempimento specifico per il compimento di tale attività, che consiste nella realizzazione di una fotografia e che si caratterizza soltanto per il suo oggetto, costituito appunto da uno schermo» sul quale sia visibile un testo o un'immagine «non essendovi alcuna differenza tra una tale fotografia e quella di qualsiasi altro oggetto» (Sez. 3, n. 8332 del 06/11/2019, dep. 2020, R., Rv. 278635). Come pure la Corte di cassazione, richiamando il precedente principio, ha ritenuto pienamente utilizzabile una pagina di un soda! network a mezzo fotografia istantanea dello schermo (screenshot) di un dispositivo elettronico sul quale la stessa è visibile (Sez. 5, n. 12062 del 05/02/2021, Di Calogero, Rv. 2807589)». Ed ancora non può «l'inutilizzabilità derivare dalla circostanza che il contenuto della conversazione, verbale o scritta che sia, sia resa disponibile quale mezzo di prova, in forma documentale a mezzo di screenshot, da uno dei conversanti senza autorizzazione o all'insaputa degli altri conversanti.

Screenshot e intercettazione la registrazione fonografica di un colloquio

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Ancora «Deve rilevarsi come non sia riconducibile alla nozione di intercettazione la registrazione fonografica di un colloquio svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, operata, sebbene clandestinamente, da un soggetto che ne sia partecipe o, comunque, sia ammesso ad assistervi, costituendo, invece, una forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova (Sez. 1, n. 6339 del 22/01/2013, Pagliaro, Rv. 254814 - 01)». A supporto, ci sono le Sezioni Unite, secondo le quali «le intercettazioni regolate dagli artt. 266 e segg. cod. proc. pen. consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l'intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato. Ne consegue che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell'art. 234 cod. proc. pen., salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa (Sez. U, n. 36747 del 28/05/2003, Torcasio, Rv. 225465)».

In sintesi «Il principio di diritto ora richiamato, che esclude che si veda in tema di intercettazioni allorchè le conversazioni, o meglio le comunicazioni verbali, come quelle relative alle chat, siano nella disponibilità dei soggetti legittimati a parteciparvi e dunque pienamente utilizzabili, trova applicazione anche nel caso in esame.

Pertanto rileva il Collegio come non costituisca intercettazione, ai sensi degli artt. 266 e segg. cod. proc. pen., la documentazione delle comunicazioni svoltesi su una chat estratte, quantunque senza l'autorizzazione degli altri utenti, a mezzo screenshot da parte di uno dei soggetti che sia ammesso ad assistervi, dunque legittimato a parteciparvi attivamente o anche ad assistere passivamente, costituendo forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore o l'autorità giudiziaria può disporre legittimamente, a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell'art. 234 c.p.p.».

Scarica pdf Cass. n. 24600/2022

Foto: 123rf.com
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