- Limiti di accesso ai dati della madre biologica che ha scelto l'anonimato
- Per la figlia è ingiustificato il diniego di accesso ai dati sanitari
- Accesso ai dati sanitari della madre biologica con quesito specifico e nel rispetto dell'anonimato
Limiti di accesso ai dati della madre biologica che ha scelto l'anonimato
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Quando una figlia viene adottata e fa valere il suo diritto di accedere alle sue origini, è necessario porre dei limiti per tutelare il diritto della madre all'anonimato espresso al momento del parto. Occorre bilanciare questi due interessi e trovare una soluzione perché entrambi sono meritevoli di tutela. Discorso diverso per quanto riguarda i soli dati sanitari della madre, che la figlia chiede per ragioni mediche. In questo caso l'accesso deve essere riconosciuto con il limite del rispetto dell'anonimato della madre naturale e con il limite di un quesito specifico e non esplorativo. Queste in sintesi le conclusioni della Corte di Cassazione espresse nell'ordinanza n. 22947/2021 (sotto allegata).
La vicenda processuale
Non riconosciuta dalla madre naturale e adottata, una donna ricorre in Tribunale per far valere il suo diritto all'accesso alle origini (art. 28 legge n. 184/1983), conoscere l'identità della propria madre biologica (che però alla nascita aveva espresso la volontà di restare anonima) e verificare la persistenza di tale volontà.
Il Tribunale respinge la richiesta della donna. La decisione viene reclamata alla Corte d'Appello, che però rigetta il reclamo in quanto la volontà dell'anonimato della madre è stata mantenuta per oltre cinquant'anni e perché è stato accertato che la donna, quasi novantenne, è affetta da un disturbo deficitario grave, un grave stato depressivo e un deperimento fisico che l'hanno condotta a una condizione dichiarata d'invalidità totale. Condizione che raccomanda l'adozione di ogni tutela e che porta la Corte a confermare la decisione del giudice di primo grado, che ha ritenuto la madre incapace di esprimere il consenso e rivelare così la propria identità alla figlia. Da qui il rigetto anche della richiesta di accesso alle origini nella forma subordinata relativa ai dati sanitari.
Per la figlia è ingiustificato il diniego di accesso ai dati sanitari
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La donna si rivolge a questo punto alla Corte di Cassazione sollevando numerosi motivi di doglianza, tra i quali si evidenziano i seguenti:
- per la donna nel caso di specie si dovrebbero applicare le disposizione di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 28 della legge 183/1984 che prevedono il diritto dell'adottato che ha raggiunto i 25 anni di accedere alle informazioni sulle sue origini e sul'identità dei propri genitori senza limite alcuno;
- la ricorrente non ritiene giustificato l'omesso interpello della madre, visto che non è stata dichiarata legalmente incapace di discernimento, pertanto si sarebbe potuto procedere comunque adottando le cautele del caso;
- contesta poi il rigetto della domanda subordinata di accesso "alle sole informazioni di carattere sanitario della madre biologica (riguardanti le anamnesi famigliari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all'esistenza di malattie ereditarie trasmissibili)" perché l'accesso poteva avvenire con oscuramento dei dati;
- ragione per la quale ritiene la decisione della corte d'appello affetta da vizio di motivazione in relazione al rigetto della domanda subordinata di accesso alle sole informazioni sanitarie.
Accesso ai dati sanitari della madre biologica con quesito specifico e nel rispetto dell'anonimato
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La Cassazione accoglie le sole doglianze della figlia dirette a contestare la negazione del diritto di accesso alle informazioni sanitarie, dopo una lunga e complessa motivazione, di cui preme segnalare i passaggi più importanti.
La Corte segnala prima di tutto l'importanza di dover bilanciare in casi simili il diritto dell'adottato a conoscere le proprie origini con il diritto della madre biologica a conservare l'anonimato.
Questo perché il nostro legislatore tutela senza limitazioni il diritto all'anonimato della madre, ma non è ancora intervenuto per dare piena attuazione al diritto del figlio adottivo di accedere alle sue origini quando nato da una madre che ha compiuto la scelta di restare anonima.
Situazione che ha anche portato la Corte di Strasburgo a criticare la nostra legislazione, proprio perché non prevede meccanismi per bilanciare questi due diritti, che seppur opposti, sono entrambi meritevoli di tutela. Critiche che sono state sollevate anche dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione, che sono intervenute con sentenze che hanno cercato di dare risposte a questa problematiche.
Per quanto riguarda invece l'interpello della madre la Corte sostiene la logicità e coerenza della decisione della Corte di Appello nel ritenere la madre naturale "incapace di esprimere il consenso a rivelare la propria identità alla figlia" alla luce delle condizioni fisiche e psicologiche precarie che caratterizzano la salute della madre naturale della ricorrente.
Assolutamente fondati e quindi da accogliere invece i motivi sollevati in relazione al rigetto della domanda subordinata "di accesso alle sole informazioni di carattere sanitario" che la Corte ha respinto.
Questo perché: "la domanda di accesso alle informazioni sulla salute della madre, riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all'eventuale presenza di malattie ereditarie trasmissibili, è ulteriore e distinta rispetto a quella di puro accesso alle origini, avendo come finalità la tutela della vita o della salute del figlio adottato o di un suo discendente."
Il diritto va quindi garantito, anche se con modalità tali da non violare il diritto all'anonimato della madre biologica, infatti, come precisa la Corte "la richiesta di consultazione, meramente cartolare, dei dati sanitari, quali ricavabili dal certificato di assistenza al parto o dalla cartella clinica della partoriente, potrà comportare, non potendosi consentire un accesso indiscriminato al documento sanitario in oggetto, un diritto di accesso sulla base di un quesito specifico, non esplorativo, relativo a specifici dati sanitari, con l'osservanza di tutte le cautele necessarie a garantire la massima riservatezza e quindi la non identificabilità della madre biologica."
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Scarica pdf Cassazione n. 22497/2021