- Assegno di mantenimento e divorzio: quali tutele
- Mezzi di tutela specifici nella separazione e nel divorzio
Assegno di mantenimento e divorzio: quali tutele
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E' compito dell'avvocato garantire un'effettiva tutela sotto il profilo patrimoniale al nucleo familiare nel momento patologico della sua disgregazione, allorchè i conflitti personali finiscono per compromettere tutti gli equilibri relazionali facendo perdere di vista le insopprimibili esigenze e le legittime aspettative d'ogni singolo componente, sia esso il coniuge ovvero i figli.Accade non di rado che chi si è sempre fatto carico degli oneri di mantenimento della famiglia, in misura prevalente se non persino esclusiva, compia una serie di operazioni al solo scopo di sottrarsi al pieno accertamento della propria capacità contributiva oppure predisponga una situazione di fatto idonea ad eludere ogni possibilità di aggressione dei propri beni ad opera del creditore, così violando apertamente i propri obblighi economici.
Il ricorso alla normale procedura esecutiva, che peraltro opera solo per il passato, non è idoneo a garantire piena tutela, perché i tempi ed i costi delle relative procedure spesso finiscono con l'incidere negativamente sulla stessa realizzazione del credito, imponendo al creditore alimentare una serie di attività spesso complesse, e di esito incerto, che mal si conciliano con la periodicità dell'obbligazione, di norma a cadenza mensile.
Da qui, la necessità che l'ordinamento contempli strumenti idonei a consentire la concreta esecuzione delle varie prestazioni, così che attraverso l'applicazione di validi istituti di garanzia possa essere assicurata la realizzazione dei diritti economici.
Mezzi di tutela specifici nella separazione e nel divorzio
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L'art. 156 c.c. per la separazione e l'art. 8 l. 898/1970 per il divorzio prevedono una serie di mezzi di tutela specifici.
In particolare:
a) Obbligo di prestare idonea garanzia reale o personale:
Presuppone il periculum, inteso come concreto ed attuale rischio che l'obbligato possa sottrarsi al puntuale adempimento delle prestazioni poste a suo carico; tale pericolo dovrà senz'altro essere oggetto di ponderata disamina da parte dell'organo giudicante con riferimento al caso concreto, avuto riguardo al pregresso comportamento del debitore, alla sua consistenza patrimoniale, all'entità degli obblighi stessi ed alla verosimile loro durata
L'obbligo imposto dal Giudice deriva non solo dall'istanza di parte ma anche per statuizione giudiziale se si tratta di garantire i figli minori per la cui tutela vi è un interesse pubblico.
La garanzia può essere di diversa natura: ad esempio, la costituzione di ipoteca sui propri beni immobili per un valore rapportato all'entità delle somministrazioni periodiche dovute ed, in linea indicativa, ad una sommaria capitalizzazione delle stesse sulla previsione della verosimile loro durata; la consegna in pegno di denaro, beni mobili, titoli o propri crediti; adoperarsi affinché siano dei terzi ad offrire le garanzie del caso (ipoteca o pegno); l'offerta di fideiussione, prestata da persona solvibile o da istituto bancario od assicurativo, anche qui sopportandone il relativo costo.
Il punto debole dello strumento in esame è che non compete al giudice di individuare in concreto la garanzia da prestare e che il contenuto della sua pronuncia non può superare il limite di una generica condanna, riservando all'onerato la possibilità di scegliere ex art. 1179 c.c. fra le varie cautele ipotizzabili quella che, caso per caso, può comunque apparire idonea a realizzare l'adempimento dell'obbligo con detto ordine sancito a suo carico. Occorre in altre parole la collaborazione del debitore.
b) Sequestro dei beni
Si tratta di un sequestro con caratteri peculiari rispetto all'ordinario sequestro conservativo di cui agli artt. 671 ss. c.p.c.; ciò che non consente di includerlo nelle c.d. misure cautelari atipiche di cui all'art. 699- quaterdecies c.p.c. La funzione di tale misura è quella di imporre un vincolo di destinazione di parte dei beni del debitore, al fine di assicurare il futuro adempimento, alle singole scadenze, dell'obbligo di pagamento degli assegni o degli alimenti stabiliti in sede di separazione. Lo strumento si applica anche ai figli di coniugi separati consensualmente (Corte Cost. sentenza 31 maggio 1983, n. 144) come pure in caso di obbligo del mantenimento del coniuge consensualmente separato (Corte cost. sentenza 19 gennaio 1987, n. 5) . Caratteristiche peculiari sono le seguenti: è sufficiente dimostrare l'inadempimento (anche se non grave, cioè anche un semplice ritardo o la non tempestività o parzialità dell'adempimento Cass. 6.11.2006 n. 23668); può essere concesso in qualsiasi momento, ha per oggetto solo una parte dei beni dell'obbligato e non si può tramutare poi in pignoramento avendo funzione sostanziale di coazione anche psicologica nei confronti del soggetto inadempiente (Corte cost. 258 del 19.7.1996); deriva da un credito esatto già accertato almeno dal Presidente del Tribunale, quindi l'istanza non può essere depositata ante causam.
c) Iscrizione dell'ipoteca giudiziale
L'ipoteca può essere iscritta sulla base della sentenza o del decreto di omologa della separazione consensuale, o decreto di un decreto ex artt. 710 c.p.c. o art. 9 l. 898/1970, di decreto ex art. 316 bis c.c., di un provvedimento emesso dal Tribunale per i Minorenni, ma non dell'ordinanza presidenziale. Secondo la prevalente giurisprudenza, il coniuge creditore ha titolo per iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili del soggetto obbligato in forza sic et sempliciter della sentenza che ha riconosciuto, in suo favore, un assegno divorzile, non essendo un requisito necessario né l' avvenuto inadempimento o né il pericolo che questo si realizzi in futuro (Corte App. Milano sentenza n. 1154/2020).
d) Versamento diretto dell'assegno da parte del datore di lavoro
Il versamento diretto del mantenimento da parte del datore di lavoro è uno degli strumenti maggiormente idonei a garantire l'adempimento delle obbligazioni di mantenimento nei confronti del coniuge, ex coniuge o dei figli, in quanto consente di superare l'inerzia del debitore senza dover attivare singole procedure esecutive a fronte di ogni inadempimento.
La disciplina tuttavia non è uniforme e il procedimento è radicalmente diverso secondo che si versi nell'ambito di una separazione, di un divorzio ovvero che si tratti di attuare il mantenimento in favore dei figli non matrimoniali.
d.1) L'ordine di pagamento diretto ex art. 156, comma 6 c.c.
La domanda (che non è una domanda in senso stretto, e di conseguenza non è soggetta a preclusioni, potendo quindi essere proposta fino all'udienza di precisazione delle conclusioni, si ritiene addirittura anche dopo la remissione della causa al Collegio e prima della decisione) si propone con ricorso al Giudice, ed è sufficiente provare l'esistenza del diritto all'assegno, mentre il resistente dovrà fornire la prova dell'intervenuto adempimento.
Si esclude la rilevanza del solo e semplice ritardo, occorrendo un ritardo temporalmente significativo o che provochi fondati timori in ordine alla tempestività dei futuri adempimenti, o più in generale dovendo inserirsi in un generale quadro di disordine degli affari dell'obbligato tale da far presumere un reiterato inadempimento o il ritardo sistematico nei pagamenti successivi (Cass. civile 22 aprile 2013 n. 9671).
Secondo la situazione specifica, il Giudice può disporre anche il pagamento diretto dell'intera somma dovuta dal terzo, quando questa non ecceda ma anzi realizzi pienamente l'assetto economico determinato in sede di separazione Cass. civile 6 novembre 2006 n. 23668, Trib Chieti decreto 15.10.2020). Il terzo deve essere specificamente individuato, a cura del creditore , non esistendo in merito un potere ufficioso del Giudice (Trib. Modena 7 marzo 2006).
La procedura prevista dall'art. 156 comma 6 si applica anche nel corso del giudizio di divorzio a tutela dell'assegno per il coniuge fino al passaggio in giudicato della sentenza parziale sullo status (Cass. civile 22 aprile 2013 n. 9671 cit.) così come in seno a un procedimento di modifica ex art. 710 c.p.c.
Se il terzo non adempie è ammessa azione esecutiva diretta nei suoi confronti. Oltre alla possibilità di procedere nei confronti del terzo ex art.. 388, comma 2 c.p.
d.2) Il versamento diretto ex art. 8 comma 3 l. 898/1970
Il pagamento diretto disciplinato dall'art. 8, comma 3, l. 898/1970 si differenzia dal procedimento ex art. 156 comma 6 c.c. in quanto:
1) non richiede l'intervento del Giudice,
2) se rivolto al datore di lavoro o all'ente previdenziale ha ad oggetto il 50% della somma dovuta,
3) il creditore ha azione esecutiva diretta nei confronti del terzo inadempiente
L'art. 8 dispone una serie di adempimenti da attuarsi da parte dell'interessato:
- In primo luogo, l'avente diritto deve inviare all'obbligato una lettera di messa in mora (termine usato impropriamente dal legislatore) a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento. Gli interessi si calcolano dalla data in cui l'assegno deve essere corrisposto, e non dall'invio della raccomandata;
- Trascorsi inutilmente 30 giorni (decorrenti, prudenzialmente, dall'effettiva ricezione della raccomandata da parte dell'obbligato), il creditore, se l'inadempimento persiste, deve notificare al terzo (debitor debitoris) un invito al pagamento diretto unitamente al provvedimento che determina l'importo dell'assegno dovuto e copia della cd. messa in mora.
- L'avvenuta notificazione va comunicata, a cura dell'avente diritto, all'obbligato, debitore principale. In alternativa la notifica di cui alla fase precedente va fatta anche nei confronti di costui, oltre che del terzo.
L'obbligo per il terzo decorre dal mese successivo al perfezionamento della succitata procedura.
Ove il terzo non adempia, l'avente diritto ha azione esecutiva diretta nei suoi confronti (Trib. Roma 17 settembre 2013) nelle forme dell'espropriazione vera e propria. Operativamente occorre notificare al terzo l'atto complesso formato dal titolo (cioè la sentenza), la messa in mora al debitore principale, l'invito al terzo e la comunicazione al debitore principale. Il tutto munito di formula esecutiva (per quanto ciò desti perplessità trattandosi di un atto di parte). Contestualmente (oppure subito dopo) va notificato l'atto di precetto.
d.3) il pagamento diretto dell'assegno di mantenimento per i figli
Il pagamento diretto dell'assegno da parte del datore di lavoro è una delle tutele previste anche a garanzia del mantenimento della prole. Tuttavia la disciplina è diversa secondo i contesti in cui ci si trovi ad operare:
1) In caso di separazione si applica l'art. 156 comma 6 c.c. che prevede, come visto, l'intervento del Giudice (Trib. Milano ordinanza 15 novembre 2013);
2) In caso di divorzio, si applica l'art. 8, comma 3 l. 898/1970 che consente al genitore creditore di procedere in via stragiudiziale nei modi anzidetti;
3) Nei casi di figli non matrimoniali, la disciplina è tutt'altro che chiara, alla luce dell'ambigua formulazione dell'art. 3, comma 2 l. 219/2012.
La norma, stante il tenore letterale, non è di facile interpretazione poiché, da un lato, prevede che l'ordine al terzo provenga dal giudice, dall'altro lato dispone che sia applicabile "quanto previsto dall'art. 8, comma 2 e seguenti della legge n. 898/1970", secondo cui, l'ordine nei confronti del terzo, per dare attuazione ai provvedimenti sul mantenimento che siano stati pronunciati a favore del figlio, proviene non dal giudice ma direttamente dall'altro genitore.
E' evidente la difficoltà interpretativa essendo stato richiamato l'art. 8 l. 898/1970, che prescinde dall'intervento giudiziale, nell'ambito di un procedimento che invece lo presuppone.
Gli orientamenti sono diversi, ma secondo quello maggioritario, di matrice giurisprudenziale, che si fonda sul richiamo e quindi sulla prevalenza dell'art. 8, il legislatore avrebbe previsto lo stesso meccanismo operativo in caso di divorzio: quindi spetta al genitore attivarsi e chiedere in caso di inadempimento direttamente al terzo il versamento dell'assegno (Trib. Milano 24 aprile 2013, Trib. Genova 11 ottobre 2018, Trib. Campobasso, 22 marzo 2021).
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