Con due sentenze gemelle la Cassazione ha definito i presupposti del pagamento del contributo unificato per il ricorso per motivi aggiunti

Ricorso per motivi aggiunti

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Con le sentenze gemelle nn. 23528 e 23530, depositate entrambe il 27 ottobre scorso, la Suprema Corte di Cassazione ha definito i presupposti per sottoporre al pagamento del contributo unificato l'atto di "motivi aggiunti" diretti ad impugnare un provvedimento diverso da quello censurato con il ricorso.

La connessione tra l'atto impugnato e i motivi aggiunti

Secondo la Suprema Corte, è necessario verificare il tipo di connessione tra l'atto impugnato con ricorso e quello successivamente contestato con motivi aggiunti. Difatti, "solo la connessione tra atti, applicando il criterio individuato dalla Corte di giustizia, è idonea ad escludere l'assoggettabilità dei motivi aggiunti impropri al contributo unificato".

In tutte le altre ipotesi, allorquando sussiste una connessione tra il provvedimento impugnato con motivi aggiunti e quello gravato con ricorso principale, ovvero in assenza di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra di essi, si determina un effettivo e sostanziale ampliamento dell'oggetto della controversia e, per l'effetto, sorge l'obbligo del pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Il caso

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Una società contribuente impugnava, con due distinti ricorsi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pescara, gli inviti al pagamento per omesso versamento dei contributi unificati, dovuti per il deposito di motivi aggiunti nell'ambito di due ricorsi proposti davanti al T.A.R. dell'Abruzzo. La contribuente deduceva l'insussistenza dei presupposti per il pagamento dei contributi, atteso che i motivi aggiunti non costituivano domanda nuova e non determinavano un ampliamento del tema decisionale, atteso invece che con essi ci si era limitata a riprodurre identiche censure e medesime conclusioni avanzate nei ricorsi originari. Le domande venivano entrambe accolte, per cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il TAR dell'Abruzzo - Sezione di Pescara impugnavano la decisione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell'Abruzzo che, a sua volta, respingeva i gravami.

Avverso tali pronunce si ricorreva in Cassazione chiedendo la censura delle sentenze impugnate, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 6-bis e 6-bis 1, del DPR. n. 115/2002 e 117, comma 1, Cost. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., atteso che, se i giudici di appello avessero fatto corretta applicazione delle norme indicate, alla luce dell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia, avrebbero dovuto ritenere che, dal momento che la contribuente aveva impugnato con motivi aggiunti un atto diverso da quelli oggetto di contestazione con il ricorso principale, aveva introdotto in giudizio una domanda nuova, essendo così obbligata al versamento del contributo unificato.

Secondo i ricorrenti la domanda andrebbe considerata nuova tutte le volte in cui si impugna un nuovo provvedimento, e ciò a prescindere della identità o meno delle censure avanzate nei rispettivi atti demolitori. Nella fattispecie, con l'atto per motivi aggiunti la controparte non avrebbe addotto nuove ragioni rispetto a quelle sottese al primo ricorso, ma contestato un nuovo provvedimento, differente da quelli precedentemente impugnati. Ne consegue che, avendo formulato una domanda nuova, diversa per oggetto da quello proposta ab origine, la società sarebbe obbligata al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Ragioni della decisione

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Secondo la Corte, per una valutazione della questione relativa alla debenza del contributo unificato in ipotesi di proposizione di motivi aggiunti bisogna soffermarsi sull'istituto della connessione, utile per comprendere se la proposizione dei motivi aggiunti determina un ampliamento dell'oggetto della causa principale da valutarsi "considerevole" ovvero per stabilire se gli oggetti del ricorso introduttivo e quello dei motivi aggiunti siano "effettivamente distinti".

Il fenomeno processuale della connessione (tra cause, domande o azioni), riporta, infatti, ad un fenomeno unico che è quello del collegamento tra diverse vicende sostanziali, oggetto di diverse domande giudiziali, e, in quanto tali, materia di diverse cause. Assume pertanto rilievo la connessione oggettiva che deve sussistere tra domande giudiziali, essendo scontata l'identità soggettiva della parte che la propone, cioè quello dei rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale che si pone anche per le domande proposte con i rispettivi motivi aggiunti.

La connessione oggettiva

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L'istituto della connessione oggettiva rileva, ai fini della esenzione del contributo unificato, solo se determina un "considerevole" ampliamento dell'oggetto della causa principale con i motivi aggiunti.

Occorre, pertanto, soffermarsi su due delicate questioni:

a) l'accertamento dei requisiti perché si abbia una connessione oggettiva tra le domande;

b) l'interpretazione del rapporto di connessione tra domande contenute nel ricorso principale (e nei motivi aggiunti) e domande contenute nel ricorso incidentale (e motivi aggiunti).

Emerge, dunque, la necessità di evidenziare se vi sia tra le cause una connessione "forte" (ovvero qualificata, necessaria) o una connessione "debole" (ovvero semplice, non necessaria), in quanto solo tale differenza rappresenta il riferimento fondamentale da cui partire per individuare i possibili casi di esenzione dal contributo unificato.

Nell'ipotesi di connessione debole tra atti, come quella fattuale o causale, pur legittimando il Giudice a trattare congiuntamente le questioni, non è idonea a sottrarre i motivi aggiunti impropri all'obbligo del pagamento del contributo unificato. In questo caso, le impugnazioni sono dirette contro provvedimenti formalmente e sostanzialmente distinti, ciascuno dotato di una autonoma efficacia lesiva e ciascuno potenzialmente affetto da autonomi vizi di legittimità. L'impugnazione con motivi aggiunti di provvedimenti debolmente connessi, ovvero non legati da un rapporto di pregiudizialità-dipendenza con quello gravato con ricorso principale, determinando un effettivo e sostanziale ampliamento dell'oggetto della controversia, deve essere sempre assoggettato al pagamento del contributo unificato.

Solo la connessione "forte" tra atti è idonea ad escludere l'assoggettabilità dei motivi aggiunti impropri al contributo unificato.

Da siffatti rilievi consegue che ha senso non tanto individuare una disciplina unitaria della connessione oggettiva ai fini dell'accertamento dei presupposti per il pagamento del contributo unificato, quanto piuttosto una pluralità di discipline in relazione alle diverse situazioni in cui emerge una connessione oggettiva "forte" idonea ad escludere un considerevole ampliamento dell'oggetto della controversia.

Per questi motivi, la Corte ha correttamente accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.


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