Ricorda la Cassazione che nel riconoscere l'assegno divorzile occorre tenere conto dell'interpretazione dell'art. 5 legge 898/70 data dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2020  

Niente assegno di divorzio alla ex: la vicenda

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Con l'ordinanza n. 11202/2020 (sotto allegata) la Cassazione accoglie il ricorso avanzato da una ex moglie, che si è vista respingere la domanda per il riconoscimento dell'assegno di divorzio solo perché non è riuscita a dimostrare di averne bisogno perché lavora in nero come collaboratrice domestica. Questo ragionamento però, riafferma la Cassazione, contrasta con quanto sancito dalla SU n. 18287/2020, che nel fornire l'interpretazione dell'art. 5 della legge sul divorzio ha chiarito che ai fini dell'assegno occorre anche tenere conto del contributo dato alla formazione del patrimonio comune e personale, tenendo altresì conto della durata del matrimonio.

La Corte d'Appello conferma la decisione di primo grado e nega a una ex moglie l'assegno divorzile perché non è riuscita a dimostrare di non essere indipendente e autosufficiente, in quanto la stessa svolge in nero attività di collaboratrice domestica.

Assegno divorzile secondo i criteri delle Sezioni Unite

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La donna si rivolge quindi alla Corte di legittimità sollevando diversi motivi di doglianza, tra cui la mancata applicazione da parte della Corte d'Appello dei criteri stabiliti per l'interpretazione dell'art. 5 della legge n. 898/1970 dalla SU n. 18287/2020, che valorizza in particolare il contributo dato alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge tenuto conto della durata del matrimonio.

Assegno divorzile alla ex che lavora in nero

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La Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso, dichiarando assorbito il secondo, previo richiamo del contenuto della SU n. 18287/2020 evocata dalla ex moglie, che valorizza gli aspetti evidenziati dalla donna nel ricorso.

La SU n. 18287/2020 infatti enuncia il seguente principio di diritto: "Ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio

, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto".

Ne consegue che la Corte d'Appello ha respinto l'istanza della richiedente perché ha tenuto conto solo dell'autosufficienza economica della moglie senza dare rilievo alla funzione perequativa e compensativa dell'assegno di divorzio, come previsto dall'interpretazione fornita dalla Cassazione nella suddetta SU.

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Scarica pdf Cassazione n. 112020/2020

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