Per il Tribunale di Palermo, in ipotesi di licenziamento per g.m.o conseguente a perdita dell'appalto, è legittima la scelta di individuare i lavoratori da licenziare tra quelli impiegati nell'appalto cessato

Negli appalti di servizi ad alta intensità di lavoro è divenuto un fenomeno, ormai fisiologico, l'alternarsi di più aziende nell'esecuzione di un servizio; tale alternanza genera degli evidenti squilibri negli assetti organizzativi delle imprese dopo la cessazione di un appalto, con conseguenti ricadute sul personale dipendente in ragione dell'esubero che può determinarsi una volta venuto meno il servizio.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

[Torna su]

Non di rado il suddetto esubero comporta, in capo all'azienda, la necessità di procedere a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo; segnatamente, quando non sussistono i requisiti per l'attivazione della procedura di licenziamento collettivo (di cui alla Legge n. 223/1991) trova applicazione la disciplina sui licenziamenti individuali di cui alla Legge n. 604 del 1966.

Come noto, anche in ipotesi di licenziamento individuale (o di licenziamento individuale plurimo, laddove il recesso coinvolga più lavoratori, pur in assenza dei requisiti per l'applicazione della procedura di licenziamento collettivo), il datore di lavoro, nell'individuazione del soggetto (o dei soggetti) da licenziare, deve comunque operare in coerenza con i principi di correttezza e buona fede, cui deve essere informato, ai sensi dell'art. 1175 c.c., ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio.

La giurisprudenza, pertanto, si è più volte chiesta se, in ipotesi di licenziamento individuale (o plurimo individuale), conseguente a perdita dell'appalto, sia conforme ai criteri di correttezza e buona fede la scelta di individuare i lavoratori da licenziare tra quelli impiegati nell'appalto

cessato oppure se sia necessario operare una comparativa di tutti i soggetti in forza all'azienda per utilizzare ulteriori e diversi criteri tra cui, ad esempio, quelli di cui all'art. 5 della Legge n. 223/1991, aventi riguardo all' anzianità di servizio, ai carichi familiari e ad esigenze aziendali (criteri, che anche per le ipotesi di licenziamento individuale, pur non costituendo un obbligo, costituiscono uno standard particolarmente idoneo a tenere conto degli interessi del lavoratore e di quelli dell'azienda, come chiarito dalla Corte di Cassazione (cfr., ex multis Cass.n. 16897/2016).

A riguardo, la Suprema Corte, già qualche anno addietro, aveva avuto modo di chiarire come in ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, allorquando la ragione posta alla base del recesso attenga alla soppressione di uno specifico servizio legato alla cessazione di un appalto e non sia conseguenza di una generica esigenza di riduzione della forza lavoro, "[…] il nesso causale tra detta ragione e la soppressione del posto di lavoro è idoneo di per sé a individuare il personale da licenziare, senza che si renda necessaria la comparazione con altri lavoratori dell'azienda e l'applicazione dei criteri previsti dall'art. 5, l. n. 223 del 1991" (Cass. n. 25653/2017).

La decisione del tribunale di Palermo

[Torna su]

Di recente il Tribunale di Palermo, con la sentenza n. 855/2020, ha ribadito e confermato il principio già esplicitato dalla Suprema Corte e sopra richiamato.

Segnatamente, il Giudice del capoluogo siciliano è stato chiamato a pronunciarsi relativamente ad una impugnativa proposta da un lavoratore che era stato licenziato, unitamente ad un altro collega, a seguito della cessazione di un appalto ove entrambi i dipendenti erano adibiti.

Invero, in seno al proprio ricorso per impugnativa di licenziamento, il ricorrente contestava il criterio di scelta utilizzato dalla società datrice, che aveva, appunto, licenziato i due lavoratori impiegati nell'appalto cessato - dando rilievo al nesso causale che legava i lavoratori licenziati all'appalto cessato - piuttosto che operare una comparazione tra tutto il personale in forza utilizzando i criteri di scelta di cui all'art. 5 della Legge n. 223/1991 (anzianità di servizio, carichi familiari ed esigenze aziendali).

A tale esplicito riguardo il Giudice del Lavoro di Palermo ha ritenuto assolutamente legittimo il criterio utilizzato dalla società datrice nella scelta dei lavoratori da licenziare, evidenziando, sul punto: "[…] allorquando il licenziamento per motivo oggettivo non trovi giustificazione nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, bens nella soppressione dei posti di lavoro di personale adibito all espletamento di un servizio per un appalto integralmente venuto meno, è il nesso causale che necessariamente lega la ragione organizzativa e produttiva posta a fondamento del recesso con la posizione lavorativa non più necessaria ad identificare il soggetto destinatario del provvedimento espulsivo, senza necessità di fare ricorso ad ulteriori criteri selettivi (cfr. Cass. n. 25563 del 2017, ribadita anche da Cass. n. 19732 del 2018). E poiché è altrettanto pacifico che il ricorrente, almeno da un anno, svolgesse quanto meno in prevalenza nel contesto di tale appalto la propria attività lavorativa (cfr. ricorso in opposizione, pag. 3) unitamente all'altra unità pure colpita da analogo provvedimento espulsivo, non appare potersi dubitare neppure del chiaro collegamento causale fra l'esubero conseguente alla perdita dell'appalto e l'individuazione del ricorrente quale soggetto destinatario del provvedimento espulsivo, e ciò indipendentemente dalla ricorrenza di altri e diversi appalti in corso, la cui rilevanza - caso mai - riverbera i suoi effetti sul concomitante obbligo della datrice, a prescindere dalla oggettiva contrazione delle attività conseguente alla perdita di uno degli appalti in corso, di ricollocare altrimenti il lavoratore ove possibile".

A maggior ragione, nella fattispecie in commento, la scelta di individuare i soggetti da licenziare tra quelli addetti al servizio cessato era ulteriormente giustificata dalla circostanza che, gli stessi erano, altresì, titolari di specifico diritto alla riassunzione nei confronti della società subentrata nell'appalto, per come previsto da apposita clausola sociale inserita nella contrattazione collettiva: "[…] pare invece condivisibile la sottolineatura della resistente circa la piena conformità di tale criterio anche ai principi di correttezza e buona fede che comunque devono improntare la condotta datoriale, giacché - effettivamente - è proprio il collegamento funzionale tra un determinato appalto ed i lavoratori impiegativi esclusivamente o prevalentemente almeno negli ultimi sei mesi ad attivare l'ulteriore salvaguardia occupazionale delle guardie giurate secondo la procedura di cui agli artt. 24 e seguenti del CCNL per i dipendenti da istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari".

Disciplina licenziamento: il tribunale conferma orientamento Cassazione

[Torna su]

La pronuncia in commento ha, senz'altro, il merito di conferire certezza ad una questione dibattuta e, quantomai, attuale soprattutto in settori, quali sono quelli afferenti i servizi di vigilanza o pulizia, ove più imprese si alternano nell'esecuzione di un determinato servizio in forza di continui cambi d'appalto.

Infatti, nonostante la presenza, in seno alla contrattazione collettiva di riferimento, di "clausole di protezione" che determinano, in capo alle aziende subentranti, l'obbligo di assumere il personale già impiegato nell'appalto, non di rado, chi subentra nel servizio oppone dei dinieghi - più o meno giustificati - all'assunzione dei lavoratori precedentemente impiegati nell'appalto, ciò provocando una, inevitabile, situazione di esubero di personale in capo all'azienda uscente.

Il Tribunale di Palermo, ponendosi nel solco di quanto già aveva statuito la Cassazione, ha ulteriormente confermato, non solo che nell'ipotesi di licenziamento individuale plurimo per giustificato motivo oggettivo opera la disciplina dettata per tale tipologia di recesso e non quella prevista per i licenziamenti collettivi, ma anche che circoscrivere la scelta dei soggetti da licenziare tra quelli impiegati nell'appalto è, senz'altro, conforme ai principi di correttezza e buona fede; a maggior ragione se, come nel caso in esame, siano stati licenziati tutti i lavoratori addetti all'appalto, così introducendosi un elemento di oggettivazione della scelta.

Avv. Giacomo G. Mauromicale

Foro di Catania

giacomo.mauromicale@hotmail.it


Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: