La Suprema Corte riafferma con vigore il principio che impone agli utenti della strada di prestare attenzione anche alle condotte imprudenti altrui

di Annamaria Villafrate - Fa discutere la sentenza n. 121/2020 della Cassazione (sotto allegata), che riafferma un particolare obbligo di diligenza nei confronti degli utenti della strada. Per gli Ermellini infatti, in riferimento al caso di specie, in cui l'imputato è stato condannato per il reato di omicidio colposo per mancato rispetto dei limiti di velocità investendo il conducente di un auto mentre effettuava una manovra di svolta, è necessario che chi è alla guida di un mezzo sia sempre in grado di padroneggiare il veicolo e di prevedere le condotte imprudenti altrui.

Condanna in primo e secondo grado per omicidio

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La Corte d'Appello conferma la sentenza di primo grado, che ha condannato l'imputato alla pena sospesa di otto mesi di reclusione, con sospensione della patente di guida per mesi sei, per il reato di cui all'art. 589 c.p. perché per imprudenza, imperizia, negligenza e violazione di legge, ha cagionato il decesso di un altro automobilista.

Alla guida del proprio mezzo infatti, alla velocità di 90 km orari, sebbene su quel tratto vigeva il limite dei 60 km orari (che è poi risultato in realtà di 50 km orari), andava ad urtare l'auto della vittima, proveniente dal senso opposto di marcia, mentre effettuava una manovra di svolta a sinistra, senza rispettare la precedenza, tagliando così la strada all'imputato.

Il ricorso in Cassazione dell'imputato

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L'imputato ricorre in Cassazione sollevando tre motivi.

  • Inutilizzabilità delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria durante un vero e proprio interrogatorio in occasione del sinistro e il giorno successivo, contrariamente alla qualifica di dichiarazione spontanee sostenuta dai giudici di merito.
  • Erronea vigenza del limite dei 50 km orari sulla corsia percorsa dall'imputato
    , anche alla luce della riconosciuta concorrente responsabilità causale delle vittima. Tale velocità inoltre non è emersa né dal verbale della Polizia ma solo dalla consulenza tecnica del giudice, effettuata a distanza di tempo dai fatti, in un momento in cui evidentemente la segnaletica era stata cambiata, senza contare tra l'altro che detto limite veniva rilevato dal consulente comunque 1100 metri prima del luogo del sinistro.
  • Inefficacia prescrittiva del cartello riportante il limite di velocità dei 50 km orari, considerato che lo stesso, come rilevato dal consulente era "ubicato prima di ben due interruzioni della continuità della via, rappresentate da due intersezioni con strade di accesso a proprietà private." Sul luogo dl sinistro doveva quindi ritenersi vigente all'epoca dei fatti il limite dei 90 km orari.
  • Mancato giudizio contro-fattuale sulle effettive circostanze, poiché il G.I.P ha attribuito rilevanza alle conclusioni del P.M, secondo cui l'incidente non si sarebbe verificato se l'imputato avesse rispettato il limite dei 50 km orari.

Il ricorrente poi con memoria integra il primo motivo del ricorso sulla inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'imputato alla Polizia Giudiziaria richiamando anche una Cassazione a sostegno della sua tesi, stante il fatto che la corte d'appello prima le ha dichiarate inutilizzabili, poi però non ha verificato l'effettiva spontaneità delle stesse, limitandosi a recepire le argomentazioni del giudice di primo grado.

L'automobilista è tenuto a prevedere anche le condotte imprudenti altrui

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La Cassazione con la sentenza n. 121/2020 dichiara il ricorso inammissibile.

Prima di tutto rileva come i motivi sollevati in sede di legittimità siano gli stessi proposti in sede d'appello, con conseguente illegittimità degli stessi. Pienamente valide ed utilizzabili sono poi le dichiarazioni rese dall'imputato alla Polizia Giudiziaria.

Per quanto riguarda le contestazioni relative al limite di velocità gli Ermellini evidenzia come "il fatto che l'odierno ricorrente procedesse ad una velocità di gran lunga superiore al limite, è emerso anche dalla consulenza tecnica operata dal pubblico ministero. E, a ben guardare, anche la consulenza tecnica della difesa, si è, per lo più spesa nel tentare di dimostrare che, anche se avesse proceduto ad una velocità conforme ai limiti, il camionista odierno ricorrente non avrebbe potuto evitare l'impatto con la Fiat Panda che gli si era parata all'improvviso davanti."

Il G.I.P in primo grado ha rilevato inoltre che: "le conseguenze pregiudizievoli potevano essere sicuramente evitate, adottando un comportamento alternativo lecito conforme allo standard di diligenza esigibile, ha precisato che ciò che s'imponeva all'imputato era il rispetto del limite di velocità e, in ogni caso, che mantenesse un'andatura più moderata. Tali cautele erano legittimamente esigibili (…) anche in ragione delle condizioni di tempo e di luogo: scarsa visibilità, strada con una doppia curva ed un'intersezione opportunamente segnalati, presenza di un'auto che, intendendo svoltare a sinistra, era necessariamente accostata alla linea di mezzeria." Il furgone dell'imputato inoltre, al momento della manovra, distava 31 metri dall'auto della vittima, per cui era visibile dalla sua posizione. La situazione esigeva insomma che fermasse prontamente la marcia del veicolo.

La Cassazione, dopo una attenta e approfondita analisi della giurisprudenza sul principio di affidamento conclude per la necessità di riaffermare il principio secondo cui "l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali deve essere inteso nel senso che il conducente deve essere non solo sempre in grado di padroneggiare assolutamente il veicolo in ogni evenienza, ma deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui e tale obbligo trova il suo limite naturale unicamente nella ragionevole prevedibilità degli eventi, oltre il quale non è consentito parlare di colpa."

Del resto, ricorda la Suprema Corte"La disciplina della circolazione stradale (…) contiene norme che estendono l'obbligo di attenzione e di prudenza, sino a comprendere il dovere di prospettarsi le altrui condotte irregolari, come nel caso degli artt. 141, 145 e 191 che tratteggiano obblighi di vasta portata anche perché le condotte imprudenti in tale ambito sono così frequenti da rappresentare un rischio tipico, prevedibile, da governare, nei limiti del possibile."

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