Per la Cassazione, l'ordine di demolizione ha natura amministrativa e non è soggetto alla disciplina della prescrizione. E la sanatoria non comporta l'automatica caducazione dell'ordine di demolizione

di Lucia Izzo - L'ordine di demolizione, avendo natura amministrativa a carattere ripristinatorio del bene violato, come tale privo di finalità punitive, non è soggetto alla disciplina della prescrizione come avviene ex art. 173 c.p. per arresto e ammenda.

Il rilascio della sanatoria, ovvero del condono edilizio, non comporta l'automatica revoca o sospensione dell'ordine di demolizione, delle opere abusive, spettando al giudice investito dell'istanza di revoca/sospensione un controllo sulla legittimità ed efficacia dell'atto amministrativo.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, fornendo chiarimenti sull'ordine di demolizione in ben due provvedimenti, rispettivamente le sentenze n. 47102 e 47105 del 2019 (sotto allegate).

Nel secondo dei due provvedimenti, la ricorrente invoca l'istituto della prescrizione dell'ordine di demolizione per decorso del tempo (10 anni) e attesane la natura di pena. Una conclusione che gli Ermellini non ritengono accoglibile.

L'ordine di demolizione non si prescrive

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L'ordine di demolizione del manufatto abusivo, infatti, non è sottoposto alla disciplina della prescrizione di cui all'art. 173 c.p. in tema di arresto e ammenda, avendo natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio del bene-interesse violato, imposta per ragioni di tutela del territorio e con carattere reale, come tale priva di finalità punitive.

Con la conseguenza, peraltro, che i relativi effetti ricadono sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l'autore dell'abuso, anche quando l'ordine medesimo sia emesso dall'autorità giudiziaria.

Ancora, ne consegue che tale ordine può essere emesso anche nell'ipotesi dell'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. indipendentemente dall'accordo delle parti ed eseguibile a prescindere dal decorso del termine previsto dall'art. 445, comma secondo, del codice di rito, dovendosi escludere la sua natura di pena accessoria.

Nella sentenza n. 47102, il Supremo Collegio si è invece espresso relativamente a un'ordinanza di revoca di un ordine di demolizione, decisione che il P.M. ricorrente ritiene fondata su un provvedimento di condono illegittimo.

Reato accertato in data successiva a quella utile per il condono

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La Corte rammenta che, ai sensi della L. 47/1985, possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità. Il tempo di commissione dell'abuso e di riferimento per la determinazione dell'oblazione sarà individuato nella data del primo provvedimento amministrativo o giurisdizionale.

Ove il reato sia stato accertato in data successiva a quella utile ai fini della condonabilità dell'opera, è onere dell'imputato che invoca l'applicazione della speciale causa estintiva provare che l'opera sia stata ultimata entro il predetto termine. E il giudice dell'esecuzione ha il dovere di verificare la legittimità del provvedimento di sanatoria.

Nel dettaglio, quest'ultimo, investito dell'istanza di revoca o sospensione dell'ordine di demolizione conseguente a condanna per costruzione abusiva, ha il potere-dovere di verificare la legittimità e l'efficacia dell'atto amministrativo, sia sotto il profilo del rispetto dei presupposti (limiti temporale e volumetrico) che dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio.

La sanatoria non comporta l'automatica caducazione dell'ordine di demolizione

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Si esclude pertanto che, ai fini della revoca o sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive, il rilascio del provvedimento di sanatoria comporti l'automatica caducazione dell'ordine di demolizione. Il potere di controllo sulla legittimità-esistenza del provvedimento amministrativo trova la propria fonte nella legge penale, ossia nella stessa fattispecie criminosa nella quale viene in rilievo l'atto della P.A., costituendo quindi una conseguenza del potere di accertamento dei reati che caratterizza la funzione istituzionale del giudice penale.

La verifica non potrà arrestarsi alla mera constatazione della esistenza materiale del provvedimento, dovendo il sindacato estendersi alla legittimità dello stesso ove essa venga espressamente richiamata dalla norma penale, ovvero esso si renda necessario per garantire una tutela efficace dell'interesse protetto, configurandosi quale elemento essenziale implicito della fattispecie criminosa.

Nel caso di specie, nonostante l'immobile descritto nel verbale di sequestro risultasse condonabile in quanto rientrante nel limite temporale indicato dal legislatore (L. n. 724/1994), secondo il giudice esso non avrebbe potuto ritenersi coincidente con quello oggetto del secondo verbale arrivato in data successiva che, non solo indicava una differente volumetria, ma individuava la demolizione del manufatto in quello oggetto del primo controllo.

Si riscontra, quindi, una distinta attività illecita in ragione della quale l'opera non può dirsi ultimata entro la data utile ai fini del condono e il giudice dell'esecuzione avrebbe pertanto dovuto rilevare l'illegittimità del provvedimento di sanatoria, essendo per tabulas provato il difetto di uno dei presupposi fissati ex lege per la validità dell'atto amministrativo, con conseguente non revocabilità dell'ordine di demolizione.

Scarica pdf Cass. n. 47102/2019
Scarica pdf Cass. n. 47105/2019

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