Ottenuta la fiducia alle Camere, pur con difficoltà in Senato, il discorso del Premier Conte (bis) non ha trattato il tema della riforma della giustizia

Dott. Carlo Casini - Il nuovo governo "Conte bis" ha incassato la fiducia prima della Camera e poi del Senato nei giorni scorsi.Sicuramente non ricorderemo questo governo per il numero dei consensi che lo hanno accolto, invero, lunedì 9 settembre molte decine di migliaia di persone sono scese in piazza nella manifestazione indetta da Fratelli d'Italia e a cui ha aderito anche la Lega.

Sempre per dovere di verità, bisogna dire che per motivi di asserito "ordine pubblico" a gran parte dei manifestanti è stato impedito di accedere a Piazza Montecitorio. Anche i mass media, hanno dimostrato una certa riluttanza a quantificare correttamente le persone scese in piazza (tra cui si annoverano numerosi ex attivisti o elettori PD e M5s).

Non c'è molto da aggiungere con riguardo alle fake news circolate e subito smentite, riguardo la presenza di rappresentanti dell'estrema destra alla manifestazione (le foto dimostrative di tal presenza è già stato accertato che risalgono ad una manifestazione svolta a luglio).

Lasciati da parte gli aspetti e i giudizi politici sul nuovo governo, quello che lascia più perplesso chi scrive è la totale assenza di un qualsivoglia riferimento alla giustizia nel discorso del Presidente Conte alle Camere.

Probabilmente il discorso del Presidente Conte è stato volutamente improntato sulla dettatura dei principi astratti di governo, ma non è mancato di riferimenti a casi concreti (asili nido, manovra stop iva, taglio cuneo fiscale, riformare i decreti sicurezza, intervenire sulle concessioni autostradali), tutti temi molto importanti ma non superiori al tema della giustizia, che odiernamente, si pone in ottica centrale tanto quanto il tema del lavoro.

Certo è che preannunciare "una risolutiva stagione riformatrice", dovrebbe almeno in teoria significare che tra le tante riforme annunciate, si annida anche quella della giustizia.

Quello che non convince di una tale impostazione, è l'assenza di riferimenti, al modus operandi che si dovrà adoperare per procedere ad una riforma organica.

Non si può pretendere di riformare la giustizia senza prima indire un contraddittorio politico e scientifico sui temi che saranno oggetto di riforma.

In Italia è spesso accaduto che politica e operatori del settore mancassero di dialogo, generando a seconda dei casi, leggi incomplete, infelicemente formulate o non organiche.

Bisogna inoltre tenere conto che, nonostante il governo "Conte-bis" sia profondamente cambiato nei suoi vertici ministeriali, le uniche riconferme appaiono quelle di Costa e Bonafede, rispettivamente impegnati con i ministeri dell'ambiente e della giustizia.

Il nuovo ministro degli esteri, Luigi Di Maio, entra nella storia come il ministro degli esteri più giovane di sempre, a soli 33 anni (ci sarebbe piaciuto poter dire, anziché più giovane, "più bravo" ma quest'è).

Sotto questo aspetto, la riconferma alla giustizia di Bonafede, sembra tutt'altro che casuale.

E non è una questione di pregresso lavoro (in verità attestabile in poco più di un anno) ma nemmeno di "vicinanza" politica con i due vertici Conte e Di Maio, piuttosto di assicurare al Conte-bis una linea di continuità sul fronte della giustizia.

Si è detto più volte che il Ministro Bonafede ha la riforma della giustizia "pronta nel cassetto".

Bene, noi operatori del diritto saremmo molto lieti se questo sistema disorganico, ingolfato e lento venisse cambiato da una riforma organica, lineare e non troppo improntata al giustizialismo sfrenato o al suo opposto, ad uno strenuo garantismo, ma bisogna fare un caloroso invito al neo ministro (che tanto novello a questo punto non può più dirsi e ritenersi) a rendere pubblici i suoi lavori.

Sicuramente, qualsiasi disegno di legge del nuovo governo, dovrà fare i conti con "l'opposizione senza sconti" preannunciata in sede di fiducia da tutte le forze politiche del centro destra.

E' anche vero che ogni esponente della suddetta opposizione, ha già confermato la sua disponibilità a mettere da parte i rancori politici purché le riforme siano dirette solo a migliorare il paese.

In tema di giustizia, lo scrivente ritiene il dialogo fondamentale in sede di riforma, perché una riforma della giustizia organica non può prescindere dal dialogo con gli operatori del diritto (giudici, avvocati, notai, professori ecc.).

Sotto questo punto sembra essere ancora abbastanza fragile la politica legislativa del nuovo (e perché no, anche del vecchio) governo della giustizia, ed è pertanto, fortemente auspicabile, che in tal aspetto le cose cambino.

Molti parlano di necessario aumento dei giudici e del personale di cancelleria, idea che sicuramente trova un riscontro nel calo organico in cui vertono alcune strutture giudiziarie, ma bisogna anche intervenire sulla normativa che riguarda i giudici stessi, lasciandoli liberi, imparziali e indipendenti ma obbligandoli alla produttività (senza alcun sacrificio della "qualità").

Inoltre sarebbe ipocrita considerare che tutti i mali della giustizia sono confinati a situazioni attinenti processo e magistratura, infatti, uno dei punti maggiormente dolenti attiene al diritto penitenziario e alla situazione delle carceri, tanto in chiave igienico - sanitaria, tanto in chiave di sovraffollamento.

Questi sono temi che uno stato democratico deve trattare e risolvere il prima possibile, aprioristicamente dalla matrice politica del governo che lo sorregge e amministra, gialloverde, giallorossa o gialloblu, qui non siamo allo stadio, ma un gol è sempre un gol.

Non c'è un partito politico predestinato a fare il bene del paese, sicuramente serve una maggiore coesione politica in generale, e, anche in caso di idee contrapposte, un'opposizione al governo che sia onesta intellettualmente, non combattendo i provvedimenti governativi solo perché provenienti dalla fazione opposta ma perché realmente errati nel merito.

Nel processo di formazione delle leggi l'opposizione può giocare un ruolo decisivo: non quello meramente ostativo che è il più facile da ipotizzare e immaginare ma bensì quello emendativo che permette di proporre modifiche al testo normativo al fine di migliorarlo.

In un quadro di naturale incertezza (fiducia raggiunta con 169 si su 163 minimi, due in meno perfino del governo gialloverde), non resta che stare a vedere come si evolveranno le cose, rendendosi scevri da ogni pregiudizio ma al contempo non dimenticando i sacrosanti valori dell'onestà intellettuale e del buon senso.

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