Dopo gli scandali dell'inchiesta di Perugia sulle nomine dei ruoli di vertice si torna a parlare di riforma del Csm e di divisione delle carriere

di Annamaria Villafrate - L'ennesimo scandalo sulla commistione tra politica e magistratura riapre il discorso sulla necessità di riformare il Csm e di metter mano una volta per tutte al tema della separazione delle carriere. Come se questo potesse risolvere il problema, tutto italiano, della spartizione delle poltrone e dell'infiltrazione della politica in ambienti da cui dovrebbe stare lontana. La stessa divisione delle carriere spaventa coloro che, guardando fuori dall'Italia, rilevano come i Pm, separati dai magistrati giudicanti, sono comunque alla merce del potere esecutivo. Un problema quello dell'indipendenza della magistratura che a quanto pare merita una riflessione importante una volta per tutte. Il rischio è di perdere la fiducia e allontanare i cittadini proprio dall'organo che i diritti dovrebbe difenderli e garantirli.

Magistratura indipendente? Occorre riforma Csm

L'inchiesta di Perugia sulla nomina delle toghe romane fa riflettere e costringe a mettere in discussione il sistema. Questo il concetto espresso dal Ministro della giustizia Buonafede. Ormai non si può più attendere. Occorre riformare il Csm. Lo chiedono i cittadini, ma anche i magistrati onesti fuori dai giochi della politica. Lo scandalo di Perugia ancora una volta ha messo in evidenza un problema che è vecchio quanto il mondo: la commistione tra politica e magistratura. Quella magistratura che per disposizione costituzionale "dovrebbe" essere soggetta solo alla legge e che, come dispone l'art. 104 della Costituzione "costituisce un organo autonomo e indipendente da ogni altro potere."

Indipendenza difficile da garantire visto che, sempre secondo l'art 104 del testo costituzionale, a parte i membri di diritto del Csm, ovvero il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione "Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune [cfr. art. 55 c. 2] tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio." Ed è proprio sul sistema elettorale del Csm che, secondo il Ministro Bonafede, occorre intervenire.

Come emerge dalle dichiarazioni degli esperti gli scandali che in questi giorni, come in passato, hanno coinvolto la magistratura e la politica non fanno il bene del terzo potere. In questo modo i cittadini hanno tutto il diritto di pensare che anche il terzo potere è subordinato alle logiche politiche della spartizione delle poltrone. Per riscattarsi, la magistratura deve mettere al centro la trasparenza, la professionalità e l'indipendenza, per impedire il ripetersi di episodi simili. Se non si mette mano a una riforma, il rischio è di avere ancora nomine pilotate dalla politica, al solo fine di garantirsi l'impunità.

Divisione delle carriere: effetti possibili

Ma ecco che, quando si parla di riformare il Csm spunta anche il tema della separazione delle carriere. Materia oggetto di una proposta di legge presentata alla Commissione Affari Costituzionali e sulla quale mentre la Lega si è espressa con favore, altrettanto non ha fatto il M5s.

Separazione delle carriere della magistratura giudicante e di quella inquirente, a cui seguirebbe la nascita di due distinti Csm. Divisione delle carriere avallata, tra l'altro, persino dalla Corte Costituzionale, che non rileva divieti espliciti a livello costituzionale per operare tale scissione.

Il problema però non è solo la legittimità. Una simile riforma rischia infatti di creare Pm alle "dipendenze" dell'esecutivo, che farebbero per questo arrivare sul tavolo del magistrato giudicante solo "certe" indagini, con il risultato di "vincolare" anche l'indipendenza e il giudizio di quest'ultimo. Rischio possibile, visto che questo è quello che accade in tutti i paesi del mondo.

Un ulteriore colpo all'indipendenza della magistratura.

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