Evoluzione e contenuto interpretativo del Daspo. Le misure di prevenzione personali nell'ambito di manifestazioni sportive

Avv. Antonio Trapasso - La L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6, prevede che, nei confronti di persone che versino in situazioni sintomatiche della loro pericolosità sociale in occasione o a causa dello svolgimento di competizioni sportive, il questore possa disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, il cosiddetto Daspo.

I presupposti del Daspo

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In aggiunta a tale divieto il questore può prescrivere alle stesse persone che ne sono destinatarie, a norma dell'art. 6, comma 2, l'obbligo di presentarsi all'autorità di polizia durante lo svolgimento delle manifestazioni stesse, in modo da consentire il controllo sulla osservanza del divieto di accesso.

L'obbligo di presentazione costituisce una misura di prevenzione atipica che presenta analogie con le misure di prevenzione "giurisdizionalizzate", così denominate perchè sono adottate direttamente dal giudice, come accade per le misure di prevenzione di cui alla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 3 e 4, o sono soggette al controllo giurisdizionale successivo.

Mentre il divieto di accesso nei luoghi delle competizioni sportive di cui alla L. 13 dicembre 89, n. 401, art. 6, comma 1, incide sulla libertà di circolazione dell'individuo, l'obbligo di presentazione presso l'ufficio di polizia di cui art. 6, comma 2 stessa legge importa una limitazione della libertà personale e, come tale, è soggetto alle garanzie previste dall'art. 13 Cost.. Tale norma pone delle limitazioni ben precise alle restrizioni alla libertà personale, che sono ammesse solo per atto motivato dell'autorità giudiziaria (riserva di giurisdizione) nei casi e modi previsti dalla legge (riserva di legge); ovvero, in casi eccezionali di necessità e urgenza, possano essere adottate in via provvisoria dall'autorità di pubblica sicurezza, che però deve comunicarle entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria, la quale deve convalidarle entro le quarantotto ore successive sotto pena di decadenza delle stesse misure restrittive.

Daspo: misura di prevenzione

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Il c.d. Daspo integra una misura di prevenzione e di precauzione piuttosto che di repressione: esso è riconducibile in particolare agli strumenti ante o comunque praeter delictum, aventi la finalità di evitare che il singolo, che ne è colpito, compia determinati fatti di reato.

Più precisamente, il provvedimento di divieto di accesso alle manifestazioni sportive assume natura di interdittiva atipica, connessa ad un situazione di pericolosità espressa solamente in occasione di manifestazioni sportive.

A seguito della riforma del 2001, il DASPO non è più applicabile solo a coloro che hanno manifestato pericolosità direttamente in occasione delle manifestazioni sportive, ma anche a coloro che l'hanno manifestata aliunde, per essere stati denunciati/condannati per determinati reati specificamente indicati ed , appunto , scelti quali precisi indici di pericolosità.

Addirittura, il Daspo può essere emesso non solo in relazione a fatti violenti durante eventi sportivi, ma anche in relazione a manifestazioni politiche. A precisarlo è la Cassazione che ha confermato la bontà della misura disposta dal Questore e convalidata dal Tribunale nei confronti di un uomo che durante una manifestazione politica si era reso protagonista di intolleranze e violenze. I giudici hanno ricordato che, alla luce delle modifiche apportate alla normativa in materia dalla legge 146/2014, la misura si applica per tutti i fatti che possono porre in pericolo la sicurezza pubblica o creare turbative per l'ordine pubblico. Cassazione penale sez. III 28/06/2016 n. 41501 in Guida al diritto 2016, 43, 40

Il sistema "a doppio binario"

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Si è quindi creato, nella specifica materia un articolato sistema "a doppio binario" di misure atte a contrastare la violenza in occasione delle competizioni sportive: da un canto, misure amministrative di polizia (DASPO) laddove si versi nelle ipotesi contemplate nella L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 1 come successivamente modificato; dall'altro, un'ampia gamma di misure penali che prevedono delitti e/o contravvenzioni con le relative sanzioni e che, in quanto non inserite nel testo dell'art. 6, comma 1 cit., non consentono l'adozione del DASPO, ma solo l'irrogazione di sanzioni di tipo penale (reclusione o arresto).

Ciò ha indotto sia la dottrina sia la giurisprudenza ordinaria (così come quella amministrativa) a ritenere che le ipotesi indicate nella L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 1 fossero tassative (v. Cass. Sez. 3A 9.11.2005 n. 4498, Fraticelli, non massimata; Sez. 1A 1.7.2003 n. 29851; Sez. 3A, 4.4.2002, n. 29078, Cini, Rv. 222037; Sez. 3A, 27.5.2009, n. 30779, Del Duca ; Sez. 3A 15.6.2010 n. 27284, Arnetta ; Cons. di Stato Sez. 1 , 8.4.2008 n. 1950/51/52; TAR Toscana 4.1.2011 n. 109).

L'art. 1, comma 1, della legge 13 dicembre 1989 n. 401 (interpretato autenticamente dall'art. 2-bis, comma 2, del decreto legge 20 agosto 2001 n. 336, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 2001 n. 377, nel senso che per incitamento, inneggiamento e induzione alla violenza deve intendersi la specifica istigazione alla violenza in relazione a tutte le circostanze indicate nella prima parte del comma; e sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. a), del decreto legge 20 agosto 2001 n. 336, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 2001 n. 377, modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) n. 1, del decreto legge 17 agosto 2005 n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2005, n. 210 e dall'art. 2, comma 1, lett. a), nn. 1) e 2), del decreto legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007 n. 41; successivamente, così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. a), del decreto legge 22 agosto 2014 n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2014, n. 146) stabilisce che:

"Nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all'articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, all'articolo 6-bis, commi 1 e 2, e all'articolo 6-ter, della presente legge, nonché per il reato di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, e per uno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, del codice penale, nonché per i delitti di cui all'articolo 380, comma 2, lettere f) ed h) del codice di procedura penale, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime. Il divieto di cui al presente comma può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all'estero, specificamente indicate, ovvero dalle competenti Autorità degli altri Stati membri dell'Unione europea per le manifestazioni sportive che si svolgono in Italia. Il divieto di cui al presente comma può essere, altresì, disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risulta avere tenuto, anche all'estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui al primo periodo. Il divieto per fatti commessi all'estero, accertati dall'autorità straniera competente, è disposto dal questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura".

L'art. 6, comma 1, L. n. 401/1989 prevede che "il Questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime" "nei confronti delle persone che risultano denunciate per uno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza".

I commi 2, 3 e 4 di tale norma prevedono che "alle persone alle quali è notificato il divieto previsto dal comma 1, il Questore può prescrivere di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell'ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto" e che tale prescrizione deve essere immediatamente comunicata al Pubblico Ministero, il quale entro 48 ne deve chiedere la convalida al GIP, contro la cui Ordinanza è proponibile il ricorso per Cassazione.

Giova rammentare che il primo comma dell'art. 6 L. n. 401 del 1989 stabilisce che la misura può essere adottata nei confronti "delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni" per uno dei reati ivi specificati ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose "in occasione o a causa di manifestazioni sportive" o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza.

Presupposti per l'applicazione

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I presupposti per l'applicazione della misura consistono in: a) nell'aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive; b) nell'aver, nelle medesime circostanze, incitato, inneggiato o indotto alla violenza; c) nell'avere tenuto, anche all'estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l'ordine pubblico.

In un caso affrontato dalla giurisprudenza (T.A.R. Ancona sez. I , 06/11/2015 n. 808) veniva applicato il Daspo ad un soggetto autore di frasi oltraggiose, tra il ricorrente e gli agenti di pubblica sicurezza. Le pesanti espressioni del ricorrente nei confronti degli agenti sono legate al fatto che il ricorrente voleva lasciare il parcheggio dello stadio immediatamente, mentre gli agenti gli chiedevano di aspettare per ragioni di sicurezza. La condotta veniva segnalata anche alla magistratura per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Dalla documentazione in atti non risultava alcuna interazione fisica tra il soggetto destinatario e le forze dell'ordine o violenza a persone e cose da parte del medesimo. Difatti, si parla solo di un "energico intervento" dei poliziotti diretto all'identificazione del ricorrente, che impediva la sua partenza non autorizzata. A parere del Tribunale Amministrativo , la condotta del ricorrente non integrava un episodio di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, né poteva farsi rientrare tra i soggetti che abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza ai sensi dell'art. 6 della L. 13 dicembre 1989, n. 401.

In una ulteriore vicenda è stata applicata la misura interdittiva a colui che ha partecipato attivamente al tafferuglio tra tifosi della medesima squadra. Dal provvedimento impugnato si desumevano , inoltre, la particolare virulenza e animosità della lite, che "non si trasformava in una violenta rissa solo per l'intervento di altri tifosi". "Dunque, alla luce della dinamica desumibile dagli atti richiamati, i comportamenti tenuti dal ricorrente paiono integrare non soltanto una forma di incitamento alla violenza o di pericolo di compimento futuro di atti violenti, ma risultano caratterizzati essi stessi, almeno in parte, da alcuni connotati di violenza". (T.A.R. Torino sez. I , 03/03/2016 n. 308).

Si pensi al gruppo di ultras, che elevando cori e grida offensive, minaccia i gestori di un bar e prelevando , senza pagarle, bibite, consente di inquadrarlo, quanto meno, come soggetto/i che incitano , inneggiano od inducono alla violenza. Oppure al gruppo di tifosi che una volta fatto ingresso in autostrada tutti i tifosi , senza alcun giustificato motivo, scendevano dal pullman ed occupavano la carreggiata stradale, creando una situazione di grave pericolo per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica". Nel prosieguo degli eventi, "gli occupanti del pullman, ignorando gli ordini legittimi impartiti dal Dirigente del Servizio di risalire sul mezzo, si assembravano nella sede viaria, determinando un conseguente blocco stradale, protratto per circa 50 minuti, durante i quali si interrompeva la circolazione autostradale sull'A1 direzione Sud".

La disposizione pone i presupposti per l'irrogazione del DASPO individuandoli nella commissione di alcuni reati ritenuti particolarmente gravi dal legislatore "ovvero" nel fatto di essersi attivati nella partecipazione ad episodi di violenza su persone e cose "in occasione o a causa di manifestazioni sportive..."

Le condotte rilevanti

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Le condotte rilevanti al fine dell'emanazione del DASPO devono trovare causa e legame con eventi sportivi. Una diversa interpretazione dell'art. 6 della Legge 13 dicembre 1989 n. 401 come modificato dall'art. 2, comma 1, lett. a) del d.l. n. 119 del 22 agosto 2014, convertito in l. 17 ottobre 2014 n. 146, porterebbe a ritenerla anticostituzionale per violazione dei principi di ragionevolezza ed eguaglianza e dei diritti di libertà personale e di circolazione.

Inoltre , l'amministrazione deve dimostrare la pericolosità in contesti sportivi. Poiché il DASPO ha funzione di misura di prevenzione ed incide sulla libertà di circolazione costituzionalmente tutelata, l'Amministrazione è onerata a fornire conto puntualmente degli elementi istruttori acquisiti a motivazione della pericolosità sociale di un soggetto nell'ambito di manifestazioni sportive. Il DASPO è finalizzato a prevenire lo svolgimento di fatti di violenza nell'ambito delle manifestazioni sportive.

In altri termini (cfr. sent. 2199/16 cit.), occorre analizzare le richiamate fattispecie espressamente previste dall'art. 6, la cui mera denuncia può comportare l'adozione della misura, a prescindere dalla alternativa circostanza posta, analogamente, a fondamento della sua applicabilità, vale a dire l'"aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza".

Le dette ipotesi di reato sono previste dalle seguenti disposizioni elencate nell'art. 6, comma 1, L. 401/89:

  • a) articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (porto di armi od oggetti atti ad offendere);
  • b) articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152 (uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona);
  • c) articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 (divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche alle persone che vi si recano con emblemi o simboli volti alla discriminazione o all'odio etnico, nazionale, razziale o religioso);
  • d) articolo 6-bis, commi 1 e 2 L. 401/89 (lancio di materiale pericoloso, scavalcamento ed invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive);
  • e) articolo 6-ter L. 401/89 (possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive);
  • f) articolo 2-bis del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41 (divieto di striscioni e cartelli incitanti alla violenza o recanti ingiurie o minacce);
  • g) uno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titolo V (tra i quali emergono alcuni reati non collegati alla violenza e, tra questi, quelli di cui al 460 c.p., associazione a delinquere) e titolo VI, capo I, del codice penale (che regola, appunto, i delitti di comune pericolo mediante violenza);
  • h) articolo 380, comma 2, lettera f) (rapina prevista dall'articolo 628 del codice penale ed estorsione prevista dall'articolo 629 del codice penale);
  • i) articolo 380, comma 2, lettera h) del codice di procedura penale (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope).

Tale articolo, in particolare, prevede l‟applicabilità di tale misura nei confronti di quei soggetti:

a)denunciati o condannati per uno dei reati di cui all‟art. 4, commi 1 e 2, della legge n. 110 del 1975("porto d‟armi o di oggetti atti ad offendere") nei luoghi di svolgimento delle manifestazioni sportive ;

  • b) denunciati o condannati per uno dei reati di cui all‟ 5, della legge n. 152 del 1975 (porto di "caschi o di altri mezzi idonei a renderne difficoltoso il riconoscimento") nei luoghi di svolgimento di tali manifestazioni;
  • c) denunciati o condannati per uno dei reati di cui all‟ 2, comma 2, del d.l. n. 122 del 1993(convertito con modificazioni nella legge n. 205 del 1993, ossia accesso ai luoghi di svolgimento di manifestazioni sportive con "emblemi o simboli propri di associazioni e gruppi razzisti");

d)denunciati o condannati per uno dei reati di cui all‟art. 6-bis ("Lancio di materiale pericoloso; Scavalcamento ed invasione di campo") o 6-ter, della l. n. 401 del 1989 ("Possesso di artifizi pirotecnici");

  • e) che abbiano preso "parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive");
  • f) che abbiano, nelle medesime circostanze, "incitato, inneggiato o indotto alla violenza";
  • g) che risultino, sulla base di "elementi oggettivi", avere"tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse";
  • h) che abbiano introdotto o esposto all‟interno degli impianti sportivi "striscioni e cartelli che, comunque, incitino alla violenza o che contengano ingiurie o minacce";
  • i) che si sono resi protagonisti di delitti contro l‟ordine pubblico o di comune pericolo mediante violenza di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, del codice penale ;
  • l) che si sono resi protagonisti di uno dei delitti di cui all‟articolo 380, comma 2, lettera f) e lettera h), del codice di procedura penale;
  • m) infine, nei confronti di quei soggetti che"sulla base di elementi di fatto, hanno tenuto, anche all‟estero, una condotta, singola o di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l‟ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui al primo periodo.

La giurisprudenza

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L'oltraggio a pubblico ufficiale non rientra tra le ipotesi contemplate dall'art. 6 L. 401/89 che consentono comunque l'adozione del DASPO. (T.A.R. Catania sez. IV , 08/09/2016 n. 2214)

Al destinatario del divieto deve essere ascrivibile un comportamento volto con chiarezza e univocità alla commissione del fatto violento (direttamente o per interposta persona). Comportamento che, seppure non necessariamente riconducibile a una fattispecie di reato, deve essere pur sempre connotato da fattori inequivocabili, quali l'atteggiamento di chi "induca o inneggi alla violenza, con movimenti corporei o espressioni verbali" (Cons. Stato - Sez. VI, 15 giugno 2006 n. 3532).

Il tema controverso di cui si discute riguarda il legame tra quest'ultima espressione e le circostanze che precedono, trattandosi di verificare se la causalità o l'occasionalità delle manifestazioni sportive vada riferita unicamente ad avere preso parte attiva ad episodi di violenza (su persone o cose) od anche alle fattispecie criminose precedenti.

Non convince la tesi volta a dimostrare la legittimità del provvedimento restrittivo in base ad una interpretazione dell'art. 6 della legge n. 401/1989 (come modificata dal d.l. 119 del 2014) secondo cui il divieto di accesso sportivo va esteso a tutti coloro che abbiano manifestato una particolare pericolosità sociale per l'ordine e la sicurezza pubblica (per essere stati denunciati o condannati per particolari reati), anche a prescindere da qualsiasi collegamento con eventi sportivi.

("Il c.d. Daspo integra una misura non repressiva, bensì di prevenzione e precauzione di polizia; appartiene, cioè, al genus di misure che possono essere definite come strumenti ante o comunque praeter delictum, aventi la finalità di evitare che il singolo, che ne è colpito, compia fatti di reato, illeciti o comunque tenga comportamenti lesivi di dati interessi, mediante la rimozione o il contenimento delle cause che si pongono alla base della commissione di tali condotte; più precisamente, il provvedimento di divieto di accesso alle manifestazioni sportive, diversamente dalle misure di prevenzione che sono collegate alla complessiva personalità del destinatario, appare avere natura interdittiva atipica, connessa ad una situazione di pericolosità espressa solamente in occasione di manifestazioni sportive", T.A.R. Molise, sez. I, 11/03/2016, n. 114; T.A.R. Campania Napoli sez. V 08 marzo 2016 n. 1246; T.A.R. Umbria, sez. I 19 febbraio 2016 n. 103).

Il divieto di cui al presente comma può essere, altresì, disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risulta avere tenuto, anche all'estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui al primo periodo. Il divieto per fatti commessi all'estero, accertati dall'autorità straniera competente, è disposto dal questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura";

La misura del Daspo può essere applicata anche a persone che non abbiano commesso, come nella specie, fatti penalmente rilevanti neppure sotto il profilo concorsuale.

Rilevato che i presupposti per l'applicazione della misura consistono in: a) nell'aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive; b) nell'aver, nelle medesime circostanze, incitato, inneggiato o indotto alla violenza; c) nell'avere tenuto, anche all'estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui al primo periodo;

L'adozione dei provvedimenti di Daspo, riconducibili al genus delle misure di prevenzione o di polizia, deve risultare motivata con riferimento a comportamenti concreti ed attuali del destinatario, dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica"(T.A.R. Toscana, sez. II, sent. 6 giugno 2013, n. 955). Molte volte le difese , sollevano il vizio di violazione dell'art. 6 della L. n. 401/1989 e di difetto di istruttoria, per la mancanza del preliminare esaustivo accertamento dei comportamenti individuali specificamente attribuiti ai soggetti sanzionati e valutati siccome pericolosi per il "mantenimento dell'Ordine Pubblico". (violazione e falsa applicazione dell'art. 6 della l. n. 401/1989 in relazione all'art. 3 della L. n. 241/1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria).

L'art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, considera rilevanti non solo il compimento di atti di violenza, e quindi di atti che hanno prodotto un danno all'integrità delle cose o all'incolumità delle persone, ma anche la semplice partecipazione attiva a episodi di violenza. Insomma , comportamenti che possano essere qualificati in termini di partecipazione o anche solo di agevolazione di manifestazioni di violenza (T.A.R. Firenze sez. II 25/11/2015 n. 1602)

- il divieto di accesso alle manifestazioni sportive può essere imposto non solo nel caso di accertata "lesione", ma anche in caso di "pericolo di lesione" dell'ordine pubblico, come nel caso di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo; l'intento del legislatore è, infatti, quello di elevare la soglia di prevenzione di possibili turbative dell'ordine pubblico, in considerazione della rilevanza sociale dei comportamenti di natura violenta posti in essere in occasione di manifestazioni sportive di grande richiamo e partecipazione;

- per tale ragione, l'art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, considera rilevante non solo il compimento di atti di violenza, e quindi di atti che hanno prodotto un danno all'integrità delle cose o all'incolumità delle persone, ma anche la semplice partecipazione attiva a episodi di violenza o l'aver "incitato, inneggiato o indotto alla violenza", in occasione o a causa di manifestazioni sportive;

- sul piano probatorio, la natura preventiva del divieto non esige la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, del comportamento violento del soggetto, ma è pienamente supportata anche nel caso in cui il quadro indiziario sia abbastanza univoco ed evidente;

- trattandosi di misura di prevenzione che presuppone la pericolosità sociale e non già la commissione di un reato, per l'emissione della stessa è sufficiente l'accertamento di un fumus di attribuibilità delle condotte rilevanti al fine della verifica della pericolosità del soggetto (Cass., Sez. un. penali, 12 novembre 2004, n. 44273; Cass. pen., Sez. I, 2 luglio 2004, n. 29114; Cass., penale, sez. I, 21.2.1996, n. 1165, Cons. St., Sez. III, 23 dicembre 2011, n. 6808; sez. VI, 2 maggio 2011, n. 2572);

l'art. 6, comma 1, l. 13 dicembre 1989 n. 401 attribuisce al Questore il potere di inibire immediatamente l'accesso ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche a chi sia risultato coinvolto in episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive con l'adozione di un provvedimento che, mirando alla più efficace tutela dell'ordine pubblico e ad evitare la reiterazione dei comportamenti vietati, non deve essere neppure preceduto necessariamente dall'avviso di avvio del procedimento.

Va, invero, ricordato che la giurisprudenza amministrativa, interpretando tale normativa, ha già indubbiamente avuto modo di chiarire in via generale che l'incitamento, l'inneggiamento o l'induzione alla violenza in occasione di manifestazioni sportive non mettono di certo in pericolo la sicurezza pubblica, ma che l'essersi limitati a rivolgere offese alle Forze dell'ordine non rappresenta di per sé incitamento, inneggiamento e induzione alla violenza (Cons. Giust. amm. Reg. Sic., 30 maggio 2013, n. 519, TAR Lombardia sede Milano, sez. III, 23 luglio 2013, n. 1934, e TAR Umbria, 30 maggio 2012, n. 199).

In particolare, con tali decisioni si è affermato che non avrebbe potuto legittimamente essere irrogato il daspo a tifosi che si erano limitati a rivolgere "urla oltraggiose nei confronti della Polizia in servizio, mentre defluivano insieme ad altri tifosi in prossimità dello stadio".

Illegittimo e non privo di forzature , è quell'orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Pescara sez. I , 29/10/2015 n. 418) che ha ritenuto esente da vizi di legittimità l'irrogazione del Daspo nei confronti di un soggetto che aveva "incitato" gli altri tifosi (in un momento particolarmente delicato, quale quello del deflusso del pubblico dallo stadio, nel quale viene a crearsi un contatto diretto tra il pubblico), a rivolgere parole offensive ed intimidatorie nei confronti delle poche forze dell'ordine presenti. Per tale giurisprudenza, questo comportamento di "intimidazione" aveva, indubbiamente, messo in pericolo la sicurezza pubblica, mentre solo il responsabile ed attento comportamento delle forze di polizia aveva evitato che sorgessero dei disordini.

Avvocato Antonio TRAPASSO

del foro di Catanzaro

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