L'allontanamento dalla casa familiare non perde la sua giustificazione se la moglie reagisce ai maltrattamenti del marito con un comportamento aggressivo

di Annamaria Villafrate - La sentenza n. 9145/2019 della Cassazione (sotto allegata) stabilisce che la misura dell'allontanamento dalla casa famigliare, in presenza del reato di maltrattamenti familiari e lesioni aggravate non perde la sua ragione d'essere solo perché la moglie reagisce alle aggressioni del marito con combattività.

La vicenda processuale

Il Tribunale del riesame di Roma dispone la misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare a causa delle imputazioni per i reati di maltrattamento e lesioni aggravate commesse ai danni della moglie. Il Tribunale ha dedotto dalle immagini di videosorveglianza presenti all'interno dell'abitazione famigliare che il marito si rapportava con la moglie con un comportamento brutale, mettendo in atto comportamenti di sopraffazione, umiliazione e vessazione. Durante gli scontri con la moglie egli era solito infatti afferrarla ripetutamente per i capelli.

Ricorre in Cassazione l'imputato contestando come il Tribunale abbia fondato la sua valutazione sulla base d'immagini tratte dall'impianto di videosorveglianza, materiale che ai sensi dell'art 191 comma 2 c.p doveva ritenersi inutilizzabile in quanto acquisito dalla parte offesa mediante l'accesso abusivo al personal computer del marito.

Con il secondo motivo invece contesta come il Tribunale abbia ritenuto attendibili le dichiarazioni della moglie, considerato che da queste non sono emersi elementi di prova sufficienti o idonei a qualificare la responsabilità dell'imputato.

Con il terzo si contesta la sussistenza dei reati contestati, poiché dalle immagini non è possibile desumere un rapporto di soggezione, necessario a integrare le fattispecie contestate.

Con il quarto infine si contesta la sussistenza delle esigenze cautelari poste a base della misura dell'allontanamento.

Il marito deve essere allontanato anche se la moglie reagisce

La Cassazione, con la sentenza n. 9145/2019 dichiara inammissibile l'impugnazione per diverse ragioni. Il tribunale ha correttamente ritenuto che il materiale di videosorveglianza prodotto in giudizio sia stato acquisito legittimamente dalla moglie. Le immagini infatti, erano conservate in un computer di cui entrambi i coniugi disponevano, tanto che non era neppure protetto da una password.

In secondo luogo il Tribunale ha vagliato attentamente le immagini "che evidenziano situazioni che manifestano la brutalità, il disprezzo e la sopraffazione, con cui l'indagato si è rapportato al denunciante, sia pure in ritorsione dei comportamenti aggressivi" della moglie consistenti in morsi alle braccia e afferramento dei testicoli. Comportamenti che non fanno venire meno né il reato di maltrattamento ai danni della moglie, né la misura dell'allontanamento.

Improponibile anche il terzo motivo del ricorso considerata la mancata indicazione di un profilo d' illegittimità contestabile. Manifestamente infondato infine il quarto motivo. La misura dell'allontanamento è stata assunta congruamente per impedire il reiterarsi della condotta dell'imputato alla luce della reiterazione delle condotte di maltrattamento documentate dalle immagini prodotte in giudizio. L'obiettivo di voler tutelare la moglie in questo caso prevale sulla denunciata strategia della stessa, asserita dall'imputato, di volerlo allontanare dai suoi interessi patrimoniali e affettivi.

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