Per la Suprema Corte il legale iscritto all'Albo in Italia, ma anche in altro Stato UE, dovrà pagare il contributo integrativo alla Cassa che deriva dall'aver svolto l'attività forense nel nostro paese

di Lucia Izzo - Paga il contributo integrativo alla Cassa Forense il legale iscritto alla Cassa e all'albo di un altro paese UE, ma anche a quello dell'ordine circondariale in Italia.


Dall'iscrizione all'albo in Italia, che all'epoca dei fatti non comportava l'automaticità dell'iscrizione alla Cassa, deriva l'obbligo di versare il contributo integrativo per tutti coloro che hanno svolto l'attività forense in Italia, anche non iscritti alla Cassa, e ciò indipendentemente dall'essere cittadino italiano o di un diverso paese dell'UE, come nel caso in esame.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza 5376/2019 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso della Cassa Forense contro la decisione che aveva annullato una cartella esattoriale a un avvocato iscritto sia all'albo tedesco che a quello italiano.


Con tale cartella, Cassa aveva richiesto al professionista, tra le altre cose, il pagamento di somme a titolo di conguaglio del contributo integrativo (anno 2005) e relative sanzioni.


Innanzi agli Ermellini si controverte della debenza o meno del contributo integrativo da parte di un avvocato iscritto all'Albo professionale ed alla Cassa di Previdenza tedesca nonché all'Albo degli Avvocati in Italia.

Secondo il professionista poichè "l'avvocato cittadino di un paese dell'Unione europea, iscritto all'albo degli avvocati nel paese di provenienza e alla relativa Cassa di previdenza, non ha alcun obbligo di comunicazione alla Cassa di previdenza italiana dell'ammontare del reddito professionale" egli non sarebbe stato tenuto a versare il contributo integrativo. Tuttavia, tale ricostruzione non convince la Cassazione.

Paga il contributo integrativo alla Cassa l'avvocato iscritto all'albo in Italia e in UE

Con riguardo al tempo in cui si colloca la fattispecie, evidenzia la Corte, per l'iscrizione alla Cassa occorrevano due requisiti: l'iscrizione all'albo professionale e l'esercizio della professione con carattere di continuità (secondo la regola esistente prima dell'introduzione dell'automaticità dell'iscrizione alla Cassa a seguito dell'iscrizione all'albo degli avvocati ex art. 5 del Regolamento di attuazione e art. 21, L. 247/2012).

Inoltre, si discute del contributo integrativo e non di quello soggettivo, il primo dovuto per il fatto di essere iscritto Albo, ma non anche alla Cassa e, quindi, "sterile" perché non produttivo di alcuna prestazione per il soggetto tenuto al pagamento e con finalità meramente solidaristiche, il secondo finalizzato alla creazione di una posizione previdenziale.

Dall'essere iscritto all'Albo, dunque, derivava l'obbligo di versare il contributo integrativo per tutti coloro (anche non iscritti alla Cassa) che avessero svolto l'attività forense in Italia, e ciò indipendentemente dall'essere cittadino italiano o di un diverso paese dell'UE, come nel caso in esame.

L'obbligo di versamento del contributo integrativo, infatti, deriva non dalla iscrizione alla Cassa, bensì dalla prestazione professionale resa ed il professionista può ripeterlo nei confronti del cliente.

Peraltro, nel caso in esame non risultano allegati o provati da parte dell'avvocato quegli elementi sulla cui scorta la normativa comunitaria applicabile ratione temporis (Regolamento CEE n. 883/2004 e Regolamento 987/2009) individua la legge previdenziale applicabile.

L'uomo ha fondato la sua pretesa solo sul fatto di avere optato per l'iscrizione nell'Albo e nella cassa tedeschi, opzione che, per quanto sopra esposto non è rilevante. Il ricorso di Cassa Forense, dunque, merita accoglimento.

Scarica pdf Cass., sezione lavoro, sent. 5376/2019

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