L'ufficio del Massimario ha diffuso una rassegna giurisprudenziale tematica in tema di PCT che ripercorre gli approdi raggiunti dalla Cassazione

di Lucia Izzo - Quali sono gli approdi giurisprudenziali a cui è giunta la Corte di Cassazione in materia di processo civile telematico? L'articolata risposta è fornita da una rassegna tematica diffusa dall'Ufficio del massimario e del ruolo della Corte di Cassazione.


La rassegna tematica intende fornire un'agile contributo di orientamento in ordine alle principali questioni affrontate dalla giurisprudenza di legittimità in materia, riservando l'approfondimento sistematico ad una successiva, e più articolata, pubblicazione.

Il documento (qui sotto allegato), aggiornato al 31 dicembre 2018, richiama alcune delle più rilevanti pronunce in materia di PCT con cui la Suprema Corte ha fornito importanti contributi in materia di notifica, comunicazioni e notificazioni di cancelleria, domicilio digitale e atto processuale in forma di documento informatico.

PCT: gli approdi della giurisprudenza di legittimità

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Come si legge in premessa, con la rapida diffusione del processo civile telematico (p.c.t.), soprattutto a seguito dell'entrata in vigore dell'obbligatorietà del deposito telematico di alcuni atti (a decorrere dal 30 giugno 2014 per i tribunali e dal 30 giugno 2015 per le corti di appello), sono emerse diverse questioni pregiudiziali circa la regolare instaurazione del contraddittorio.

La Corte di Cassazione è stata chiamata sempre più di frequente a fornire chiarimenti in ordine alla normativa "speciale" per il p.c.t., di non agevole interpretazione anche perché oggetto di reiterati interventi del legislatore, spesso operati con decretazione di urgenza, non sempre chiaramente coordinati con le fonti preesistenti (di differente livello gerarchico) e con le disposizioni del codice di procedura civile.

Peraltro, l'applicazione delle predette disposizioni nel giudizio di legittimità è resa addirittura più "macchinosa" dall'attuale inammissibilità del deposito telematico dell'atto in forma di documento informatico, in assenza dell'apposito decreto previsto dall'art. 16-bis, comma 6, del d.l. 179/2012, conv. con modif. nella legge 221/2012, cosicché il deposito dell'originale elettronico avviene di norma in copia analogica (stampata), corredata dalle relative attestazioni di conformità, grazie al potere di autentica che è stato conferito al difensore dalla normativa primaria.

Di qui, la necessità di verificare, di volta in volta, il rispetto delle disposizioni speciali in materia, al fine di valutare la ritualità dell'atto, in coerenza con i principi propri del giudizio di legittimità.

Notifiche telematiche in proprio

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In materia di notifiche effettuate in proprio, la rassegna si sofferma sull'orientamento che ha stabilito la nullità delle notifiche eseguite anteriormente alla data del 15 maggio 2014 (epoca di entrata in vigore della normativa regolamentare delegata per l'applicabilità dell'art. 3-bis della legge n. 53/1994) salvo il raggiungimento dello scopo.

Quanto alla verifica di ritualità della notifica telematica eseguita dal difensore, la Corte ha fatto ampio ricorso al principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo, sottolineando la strumentalità delle forme processuali, per giungere a dichiarare la nullità o invalidità della notifica eseguita in difformità dallo schema legale nei soli casi nei quali risultava compromessa l'esplicazione del diritto di difesa.

La pronuncia fondamentale sul tema è ritenuta essere quella delle Sezioni Unite, n. 7665/2016, secondo la quale "l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale". Nei casi in cui non ha potuto trovare applicazione il principio del raggiungimento dello scopo, la Cassazione ha dichiarato l'invalidità della notifica, ricorrendo, talora, anche alla categoria dell'inesistenza

Quanto alla tempestività dell'impugnazione, vengono richiamate le pronunce che hanno escluso l'applicabilità del principio di scissione tra il momento di perfezionamento della notifica per il notificante e quello per il destinatario in ordine al tempo delle notifiche telematiche, dichiarando pertanto tardiva la notifica del ricorso per cassazione perché eseguita dopo le ore 21 del giorno di scadenza del termine per l'impugnazione e quindi perfezionata, sia per il notificante che per il notificato, il giorno successivo.

Sulla prova della notifica telematica e del valore della ricevuta di avvenuta consegna, si rammenta come la Corte abbia sostenuto che la RAC rilasciata dal gestore PEC del destinatario, costituisca documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario, senza tuttavia assurgere a quella "certezza pubblica" propria degli atti facenti fede fino a querela di falso.

Comunicazioni e notificazioni di cancelleria

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In ordine alle comunicazioni e notificazioni di cancelleria, oltre al tema relativo all'esclusività del mezzo telematico (salvo malfunzionamenti ovvero cause non imputabili al destinatario), è stata oggetto di particolare approfondimento la questione dell'idoneità o meno della comunicazione integrale del provvedimento a determinare la decorrenza del termine per l'impugnazione.

La Corte ha sostenuto che, a seguito delle modifiche al processo civile apportate dall'art. 16, comma 4, del d.l. n. 179/2012 (conv., con modif., dalla l. n. 221/2012), le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si effettuano, per via telematica, all'indirizzo PEC del destinatario.

La trasmissione del documento informatico, equivalente alla notificazione a mezzo posta, si intende perfezionata, con riferimento alla data ed all'ora della sua ricezione, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al d.P.R. n. 68/2005. Il principio è stato confermato anche per il giudizio di cassazione a seguito dell'emanazione dell'apposito decreto ministeriale.

La giurisprudenza si è soffermata anche sulla responsabilità del difensore in ordine alla corretta tenuta e consultazione della casella PEC dovendo procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria a tale indirizzo. Il principio è stato ribadito anche di recente, con specifico riferimento al caso della mancata comunicazione per saturazione della casella di posta elettronica

E' stato anche prospettato un particolare onere di attivazione del difensore in ordine alla configurazione delle proprie dotazioni informatiche per la lettura di documenti informatici comunicati dalla cancelleria in formato compresso.

La rassegna, inoltre, si sofferma puntualmente sul tema della comunicazione integrale del provvedimento e della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, con particolare attenzione alla decorrenza del termine a partire da tutta una serie di provvedimenti specifici (es. dalla comunicazione dell'ordinanza ex art. 348 c.p.c o nell'ambito del c.d. rito Fornero per l'impugnazione dei licenziamenti).

Domicilio digitale

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L'adozione della PEC nel settore giustizia come mezzo di comunicazione agevole e nel contempo sicuro e affidabile ha posto le premesse per l'introduzione della nuova figura del "domicilio digitale". Il concetto è stato sviluppato dapprima attraverso l'elaborazione giurisprudenziale, grazie alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 10143/2012, e poi formalmente recepita dal legislatore (art. 52, comma 1, lett. b), d.l. 90/2014, conv. con modif. in legge 114/2014).

Nel solco di tale indirizzo, ancora le Sezioni Unite (sent. 23620/2018) hanno precisato che, per effetto dell'introduzione del "domicilio digitale", è valida la notificazione al difensore eseguita presso l'indirizzo PEC risultante dall'albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui all'art. 6-bis del d.lgs. n. 82/2005.

Ciò non toglie che, ove il difensore abbia eletto il proprio domicilio presso la cancelleria del giudice adito, la notifica ad istanza di parte possa essere ritualmente effettuata presso la cancelleria, senza necessità di utilizzare l'indirizzo PEC indicato nell'atto

In materia di individuazione dell'indirizzo PEC rilevante ai fini del domicilio digitale viene rammentato il principio circa l'invalidità della notifica eseguita presso un indirizzo PEC diverso da quello risultante dai pubblici elenchi.

L'atto processuale in forma di documento informatico

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In ordine alla firma digitale e al requisito di sottoscrizione dell'atto, la giurisprudenza ha chiarito che la sentenza redatta in formato elettronico dal giudice e recante la firma digitale dello stesso, a norma dell'art. 15 del d.m. n. 44/2011, non è nulla per mancanza di sottoscrizione.

In tal caso, infatti, la firma digitale è equiparata alla sottoscrizione autografa in base ai principi del d.lgs. n. 82/2005, resi applicabili al processo civile dall'art. 4 del d.l. n. 193/2009 (conv. in l. n. 24 del 2010), essendo garantita l'identificabilità dell'autore, l'integrità del documento e l'immodificabilità dello stesso, se non dal suo autore e sempre che non sia frattanto intervenuta la pubblicazione.

Circa la procura alle liti rilasciata in calce all'atto processuale in caso di notifica telematica, la giurisprudenza ha ritenuto inapplicabile la disciplina speciale dettata per l'ipotesi di redazione dell'atto in formato di documento informatico al caso dell'atto redatto in forma analogica, con relativa procura, e notificato in via telematica.

La rassegna dedica ulteriori approfondimenti al tema delle copie informatiche e delle copie analogiche, al regime del deposito dell'atto processuale (telematico o cartaceo) e al ricorso depositato in via telematica quanto a litispendenza e tempestività. In conclusione, la Rassegna si sofferma sul deposito nel giudizio di legittimità.


Scarica pdf PCT: Rassegna Tematica Cassazione

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