Per la Suprema Corte spetta al giudice valutare se il limite staturale rappresenta una discriminazione indiretta poiché non giustificato da pertinenza o proporzionalità alle mansioni previste

di Lucia Izzo - Va assunta la candidata scartata perché ritenuta troppo bassa per svolgere la mansione di Capotreno in quanto il limite staturale prescritto nella procedura di assunzione costituisce una discriminazione indiretta non essendo oggettivamente giustificato, né comprovato nella sua pertinenza e proporzionalità alle mansioni previste dalla qualifica.


Tra l'altro, spetta al giudice valutare la legittimità, ai fini della disapplicazione, di una norma secondaria che prevede una statura minima identica per uomini e donne, in contrasto con il principio di uguaglianza, perché non tiene conto della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 3196/2019 (qui sotto allegato) rigettando il ricorso di un'azienda di trasporti che era stata condannata ad assumere una lavoratrice, in qualità di Capotreno, che, a conclusione di una procedura di assunzione bandita nel 2006, era stata ritenuta inidonea a causa di un "deficit staturale" (altezza inferiore a 160 cm)


Per i giudici di merito, il suddetto limite appare come una discriminazione indiretta, in violazione dell'art. 4 della legge 125/91, come modificato dall'art. 2 del d.lgs. 145/05 di attuazione della direttiva 2002/73/CE, poi confluito nell'art. 25 del d.lgs. 198/06, siccome non oggettivamente giustificato, né comprovato nella sua pertinenza e proporzionalità alle mansioni comportate dalla suddetta qualifica. Una conclusione condivisa anche dalla Corte di Cassazione.

Quando il limite staturale è discriminatorio?

Gli Ermellini ritengono che la sentenza impugnata abbia esattamente applicato il principio di diritto, secondo cui, in tema di requisiti per l'assunzione, qualora in una norma secondaria sia prevista una statura minima identica per uomini e donne, in contrasto con il principio di uguaglianza, perché presupponga erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne e comporti una discriminazione indiretta a sfavore di queste ultime, il giudice ordinario ne apprezza, incidentalmente, la legittimità ai fini della disapplicazione, valutando in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni (cfr. Cass. n. 23562/2007).


E ciò sulla base di un apprezzamento in concreto del non avere "l'azienda", come "avrebbe dovuto" secondo l'onere probatorio a suo carico sopra illustrato, provato "la rigorosa rispondenza del limite staturale alla funzionalità e alla sicurezza del servizio da svolgere", a dimostrazione di una congrua giustificazione della statura minima in riferimento alle mansioni comportate dalla qualifica.


Il ricorso va rigettato in quanto, nel caso di specie, la Corte territoriale ha compiuto un accertamento incensurabile in sede di legittimità, di sindacato di ragionevolezza nell'individuazione e disapplicazione della norma discriminatoria indiretta.



Scarica pdf Cass., sezione lavoro, sent. n. 3196/2019

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