La Cassazione rammenta che, a seguito del d.lgs. n. 36/2018, il delitto di minaccia grave è oggi procedibile a querela di parte ove non realizzato con una delle modalità previste dall'art. 339 c.p.

di Lucia Izzo - Il delitto di minaccia grave, ove non realizzato in presenza di una delle circostanze aggravanti previste dall'art. 339 del Codice penale, è oggi procedibile a querela di parte.


E ciò in virtù di quanto stabilito d.lgs. n. 36 del 2018 che rappresenta una norma di natura sostanziale, ergo di immediata applicazione stante il principio generale di favor rei che informa il sistema penale.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 3520/2019 (qui sotto allegata), annullando, senza rinvio, una decisione di condanna per minaccia grave "perché l'azione penale non può essere proseguita per difetto di querela".

Minaccia grave: procedibilità a querela di parte

Gli Ermellini hanno dato atto che il delitto di minaccia grave, ove non realizzato con una delle modalità previste dall'art. 339 c.p., è oggi procedibile a querela di parte, come imposto dalla norma introdotta ai sensi del d.lgs. n. 36 del 2018.


Si tratta, precisa la Cassazione, di una norma sostanziale, ergo, di immediata applicazione in ossequio al principio generale di favor rei che informa il sistema penale. Nel caso di specie le persone offese, informate della prospettiva di formalizzare istanza punitiva come previsto dall'art. 12, comma 2, del citato decreto legislativo, non hanno inteso esercitare tale facoltà.


Inoltre, considerando che l'originaria procedibilità d'ufficio è stata ravvisata sul solo presupposto della gravità delle espressioni intimidatorie utilizzate, neppure può intendersi che nel caso di specie sia stata comunque ritenuta la peculiare fattispecie di una minaccia commessa da più persone riunite (non espressamente richiamata nel capo d'imputazione, neppure attraverso un riferimento al menzionato art. 339), ipotesi che non si identifica con un mero concorso ex art. 110 del codice penale.


Tuttavia, nella situazione sottoposta alla sua attenzione, il Collegio ritiene che un eventuale nuovo esame della regiudicanda al fine di verificare nel merito la potenziale ravvisabilità dell'ipotesi suddetta, risulta precluso dalla ormai maturata prescrizione dell'illecito penale iscritto ai ricorrenti, pertanto la sentenza impugnata va annullata senza rinvio.


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Scarica pdf Cass., V pen., sent. n. 3520/2019

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