Maxiemendamento al ddl bilancio approvato al Senato con tutta una serie di misure che prevedono, in alcuni casi, nuove tasse. Tra di esse una tassa sui servizi digitali al 3% per le imprese

di Gabriella Lax - Maxiemendamento approvato al Senato con tutta una serie di misure che prevedono, in alcuni casi, nuovi sconti e condoni (come il 50% per il bollo auto storiche e il saldo e stralcio per chi è in difficoltà), in altri nuove tasse. Tra di esse una web tax per le imprese al 3%.

Web tax al 3% per le imprese

Arriva l'imposta sui servizi digitali per le aziende che superino determinate soglie: un prelievo del 3% per le imprese con ricavi ovunque realizzati non inferiori a 750 milioni e ricavi derivanti da servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato non inferiori a 5,5 milioni. In questo ambito rientrano le aziende del web che mettono a disposizione piattaforme digitali per la vendita di beni e la cessione di servizi, forniscono pubblicità e trasmissione di dati. L'annuncio della misura ha, però, sollevato subito perplessità tra le imprese, che temono un impatto sulla competitività del settore Ict.

Più che di una web tax si tratterebbe di una tassa sui servizi digitali, una sorta di imitazione della stessa, pensata per costringere a pagare le tasse ai colossi di internet che o eludono o non pagano le tasse, peraltro violando il copyright e sfruttando il lavoro altrui. La web tax firmata Movimento 5 Stelle prende di mira i servizi digitali di tutte le aziende, anche italiane, che si occupano di commercio, ma anche di quelle che vendono dati e fanno pubblicità online.

Web tax, ecco quali saranno le imprese soggette al pagamento

Dovranno pagare la web tax «i soggetti esercenti attività d'impresa che singolarmente o a livello di gruppo, nel corso di un anno solare realizzano» uno dei seguenti risultati: un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a 750 milioni e uno di ricavi derivanti da servizi digitali, realizzati nel territorio dello Stato non inferiore a 5,5 milioni. Si paga l'imposta sui ricavi che derivano da «veicolazione su un'interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia; messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi; trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale».

Nonostante le assicurazioni del presidente del consiglio Giuseppe Conte e del vicepremier pentastellato Luigi Di Maio sul fatto che l'imposta è pensata per i colossi del web, questa ipotesi di web tax non lascia dormire sonni tranquilli agli editori, che già si sentono vessati dai proclami del governo

. «Una nuova tassa - ha affermato il presidente Fieg Andrea Riffeser Monti - che rischia di deprimere ulteriormente i bilanci delle imprese. La web tax dovrebbe essere uno strumento per il riequilibrio della concorrenza dei diversi operatori nel mercato digitale e per far pagare le tasse a chi oggi non le paga in Italia, ma non può costituire un alibi per una forma generalizzata di nuova tassazione sulle imprese».


Foto: 123rf.com
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