Cos'è, come si manifesta in ambito giuridico la c.d. captatio benevolentiae e la sua valenza per il testamento

di Lucia Izzo - L'espressione latina "Captatio benevolentiae" deriva dal verbo capio (afferrare, catturare, cercare di prendere, di ottenere) e dal termine benevolentia (benevolenza) in caso genitivo. Tradotta letteralmente significa accattivarsi la simpatia, tentativo di guadagnarsi la (altrui) benevolenza.


Cos'è la Captatio benevolentiae?

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La formula viene usata nel linguaggio comune per indicare l'atteggiamento di coloro che tentano di accattivarsi le simpatie dell'interlocutore con l'uso di raggiri, blandizie, simulate dichiarazioni di affetto e belle parole, allo scopo di conseguire un determinato vantaggio, ad esempio per cercare consensi o per strappare all'altro un atteggiamento benevolo o condiscendente.

Nell'antichità era praticata dagli oratori romani e Marco Tullio Cicerone la considerava uno dei pilastri dell'ars oratoria. In retorica, invece, l'espressione Captatio benevolentiae indica la tecnica con cui, solitamente nella parte iniziale di un componimento, si suole disporre favorevolmente l'attenzione di chi ascolta o legge.

Anche Arthur Schopenhauer faceva menzione di questa tecnica nella sua "Arte di ottenere ragione" indicandola come uno dei 38 stratagemmi della dialettica eristica, tramite la quale, durante una disputa, sarebbe stato possibile difendere la propria ragione oppure ottenerla qualora essa fosse dalla parte dell'avversario.

La Captatio benevolentiae in ambito giuridico

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Da un punto di vista giuridico, la suddetta espressione è stata utilizzata soprattutto in ambito elettorale e in materia di successione testamentaria. Nel primo caso, la Captatio benevolentiae indica la suggestione messa in atto dal politico al fine di influenzare il cittadino nel voto, in particolare sfruttando il proprio ruolo istituzionale all'interno della comunità in cui questi vive.


In sostanza, trattasi di quelle lusinghe e promesse (non sempre onorate) che, soprattutto in tempo di elezioni, vengono messe in atto da candidati e forze politiche organizzate allo scopo di convincere il cittadino e strappargli un voto a proprio favore.


Nel secondo caso, invece, l'espressione è stata utilizzata sempre per indicare una suggestione, ma messa in atto da colui che miri a volgere a proprio favore la volontà del testatore. È stata, infine, intesa anche come tecnica retorica volta a tentare di ottenere il favore del giudice, elogiandone la saggezza in modo eloquente.

La Captatio benevolentiae menzionata dalla giurisprudenza

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Talvolta, anche la stessa giurisprudenza ha mostrato di dare rilievo al concetto di captatio benevolentiae quando praticata in maniera tale da risultare lesiva degli interessi.

Captatio benevolentiae durante la prorogatio dei Consigli regionali

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 158/2015, ad esempio, vi ha fatto riferimento in relazione ai limiti previsti per il potere legislativo dei Consigli regionali in regime di "prorogatio".

Nel dettaglio, in questa fase, il giudice ritiene che i Consigli regionali dispongano "di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza" e, pertanto, in mancanza di esplicite indicazioni contenute negli statuti, debbano limitarsi al "solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili".

In particolare, ha rammentato la Consulta, essi devono "comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori".

A una stessa conclusione è giunto il Consiglio di Stato nella sentenza n. 2304/2017 chiarendo che il divieto di adozione di atti di straordinaria amministrazione durante il regime di prorogatio integra un principio generale e risponde all'esigenza di assicurare una competizione elettorale libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori.

Captatio benevolentiae e testamento

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In ambito testamentario, la tecnica della "captatio benevolentiae" viene sovente utilizzata da un persona per influenzare il de cuius e ottenere che questi lo nomini suo erede. Ma il testamento può ritenersi valido nonostante tali atteggiamenti di piaggeria e affettuosità oppure l'atto è impugnabile per i vizi di cui all'art. 624 del codice civile?

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 9309/2017 ha chiarito che il rispetto assoluto della volontà del testatore impone non essere sufficiente dimostrare una qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul de cuius, se del caso mediante blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni, al fine di potersi affermare che una disposizione testamentaria sia affetta da dolo.

Occorre, invece, la provata presenza di veri propri mezzi fraudolenti i quali, avuto riguardo all'età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito dello stesso, siano idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni e orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata.

Pur potendo la relativa prova avere natura presuntiva, tuttavia, essa deve fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire l'attività captatoria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore.

Vanno, in sostanza, provati i mezzi fraudolenti tramite i quali si è influenzata volontà del testatore: tali mezzi fraudolenti non vanno confusi, conclude la Corte, con quegli atteggiamenti di piaggeria, blandizia, affettata affettuosità, che se appaiono eticamente discutibili, tuttavia, non integrano la previsione di legge.


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