Il medico ha a disposizione diverse modalità per informare adeguatamente il paziente. È però sempre indispensabile che le spiegazioni siano dettagliate e adeguate al suo livello culturale

di Valeria Zeppilli - L'azione del medico nei confronti del paziente è subordinata a un fondamentale presupposto di legittimità: l'acquisizione del consenso informato.

Il nostro ordinamento giuridico, infatti, tutela il diritto di ogni cittadino di decidere liberamente se sottoporsi a un determinato intervento e il consenso informato non è altro che l'espressione della scelta di subire il trattamento terapeutico, compiuta dopo aver ricevuto tutte le informazioni sullo stesso.

Se manca un consenso libero, consapevole e informato, il sanitario può andare incontro a responsabilità civile o anche penale per il suo operato (vai alla guida: "Il consenso informato").

Il disegno dell'intervento

L'onere di adeguata informazione del paziente riguarda le modalità e tutte le caratteristiche del trattamento o dell'intervento e può essere fornita in diversi modi.

Con la sentenza numero 9806/2018, ad esempio, la Corte di cassazione ha ritenuto valida l'informazione circa un intervento chirurgico per la rimozione di un tatuaggio resa anche disegnando direttamente sul corpo del paziente il taglio che sarebbe stato fatto e così prospettando concretamente gli esiti cicatriziali che sarebbero derivati dall'operazione.

Sulla sentenza 9806/2018 leggi anche: "Niente colpa medica per la cicatrice da rimozione del tatuaggio".

Spiegazioni dettagliate e adeguate

Tuttavia, ciò non vuol dire che le modalità di acquisizione del consenso informato possono essere valutate con leggerezza. Si tratta, infatti, di una conditio sine qua non dell'azione medica che trova la sua ragione in norme di rango primario e di fondamentale importanza e che quindi deve essere adeguatamente considerata.

Come sancito dalla Cassazione nella sentenza numero 19920/2013, l'informazione deve sempre estrinsecarsi in "spiegazioni dettagliate ed adeguate al livello culturale del paziente, con l'adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui dispone".

È indispensabile, quindi, che il medico informi il paziente in maniera specifica ed effettiva, mentre è inammissibile un consenso tacito, così come, generalmente, un consenso presunto. A tale ultimo proposito, si legga quanto affermato dalla Suprema Corte nella sentenza numero 19212/2015, ovverosia che "ai fini della legittimazione del trattamento medico-chirurgico, non può configurarsi come consenso presunto quello asseritamente acquisito verbalmente dal paziente, in stato di narcosi, che non conosce nemmeno l'italiano" (leggi: "Consenso informato: per la Cassazione la forma orale non basta").

Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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