Ma solo ove il compenso non sia stato liberamente pattuito tra le parti tramite apposita convenzione. La Cassazione rammenta la garanzia di carattere preferenziale di cui all'art. 2233 c.c.

di Lucia Izzo - Il compenso all'avvocato per l'attività stragiudiziale prestata va determinato in relazione alle tariffe professionali e adeguato all'importanza dell'opera laddove non sia stato liberamente pattuito tra le parti attraverso un'apposita convenzione. Ciò in quanto l'art. 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso.


Lo ha rammentato la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nell'ordinanza n. 21482/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un'avvocato in lite con il proprio cliente, assistito per la composizione stragiudiziale di una vertenza conseguente a un sinistro stradale in cui questi era rimasto coinvolto.


Il legale chiedeva la condanna dell'assistito al pagamento del compenso, mentre quest'ultimo contestava la congruità dell'importo richiesto in relazione all'attività prestata dall'attore e agli importi già versati nel corso del rapporto. In ambedue i giudici di merito la domanda del legale veniva respinta e, nel dettaglio, la Corte d'Appello riteneva congruo l'importo corrisposto all'avvocato in applicazione delle tariffe forensi.


Per la Corte doveva, inoltre, ritenersi inapplicabile alla liquidazione del compenso per l'attività di assistenza stragiudiziale prestata dall'avvocato un possibile uso che avrebbe consentito di liquidare importi maggiori, salva la possibilità di un espresso accordo in tal senso con l'assistito che, nel caso di specie, era pacificamente non avvenuto.


In Cassazione, l'avvocato ritiene errata la liquidazione del suo compenso in base alla tariffa professionale forense in quanto le attività svolte non rientravano nel novero delle voci dalla stessa previste per gli onorari in materia stragiudiziale.


Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe altresì omesso di considerare che la domanda era volta a una liquidazione secondo gli usi, non essendo consentito il ricorso a un diverso criterio quale quello adottato, peraltro senza acquisire il necessario parere del competente ordine professionale.

Avvocati: attività stragiudiziale liquidata secondo tariffe

Una conclusione non condivida dagli Ermellini i quali evidenziano come sentenza impugnata muova dal consolidato principio in base al quale, mancando un preventivo accordo fra le parti, il compenso del professionista va determinato in base alle tariffe, criterio cui gli usi costituiscono una mera alternativa ove non siano previste tariffe per l'attività professionale posta in essere.


Secondo un orientamento condiviso (Cass. n. 15786/2013) il compenso per prestazioni professionali va dunque determinato in base alla tariffa e adeguato all'importanza dell'opera, ma solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito.


Sul punto, infatti, rileva quanto stabilito dall'art. 2233 c.c. che pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso: in primo luogo, si attribuisce rilevanza alla convenzione intervenuta fra le parti e, solo in mancanza di quest'ultima e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice. Non operano, invece, i criteri di cui all'art. 36, comma 1, Cost., applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato.


D'altro canto, precisa il Collegio, tutte le attività che l'avvocato ricorrente afferma di aver svolto (esame di documenti, invio di corrispondenza, colloqui con altri professionisti) risultano specificamente comprese nella tabella D di cui al d.m. 8 aprile 2004, n. 127 (tariffe professionali in materia stragiudiziale applicabili ratione temporis), mentre nessun preventivo parere di congruità era necessario, non vertendosi in ipotesi di liquidazione determinata dal giudice.


Infine, sottolinea la Cassazione (cfr. Cass. n. 4081/2014) solo ove il compenso stesso non sia stato pattuito tra le parti, né sia determinabile in base a tariffe o usi, il giudice deve acquisire il parere dell'associazione professionale di appartenenza.


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