Il nostro ordinamento rende necessaria un'espressa accettazione per divenire eredi. Ecco come fare e chi è chiamato all'eredità

Avv. Giampaolo Morini - Nell'ordinamento italiano, con l'apertura della successione i beni e diritti ereditari sono offerti ai soggetti destinati a succedere, i quali, tuttavia, non divengono automaticamente eredi ma solo titolari di un diritto potestativo di accettarla. Infatti, mentre in altri sistemi giuridici (come ad esempio quello francese e quello tedesco) vige il principio della saisine per cui il patrimonio del de cuius passa automaticamente in capo all'erede, nel nostro sistema giuridico l'eredità si acquista con l'accettazione (art. 459 c.c.) in virtù del principio per cui un soggetto diventa titolare di diritti ed obblighi solo con dopo avervi espressamente acconsentito [1].

Pertanto, in Italia, l'eredità, e quindi la qualità di erede, si acquista con l'accettazione, con effetto dal momento dell'apertura della successione (art. 459 c.c.); tale meccanismo esclude l'esistenza di una presunzione tale per cui il chiamato all'eredità possa essere automaticamente ritenuto erede.

La qualità di erede

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Più tecnicamente, la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, perché a tale effetto è necessaria anche, da parte del chiamato, l'accettazione mediante aditio oppure per effetto di pro herede gestio oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c.c..

Ciò comporta, ad esempio, che, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale contenuto nell'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede[2].

Restano, ovviamente salve le seguenti ipotesi:

- (art. 527 c.c.): i chiamati all'eredità, che hanno sottratto o nascosto beni spettanti all'eredità stessa, decadono dalla facoltà di rinunziarvi [c.c. 519] e si considerano eredi puri e semplici nonostante la loro rinunzia [c.c. 459, 476, 494].

- (art. 586 c.c.): in mancanza di altri successibili, l'eredità è devoluta allo Stato [Cost. 42; c.c. 565]. L'acquisto opera di diritto senza bisogno di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia [c.c. 459, 519].

- (art. 485 c.c.): il chiamato all'eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di beni ereditari, deve fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione [c.c. 456] o della notizia della devoluta eredità. Se entro questo termine lo ha cominciato ma non è stato in grado di completarlo, può ottenere dal tribunale del luogo in cui si è aperta la successione una proroga che, salvo gravi circostanze, non deve eccedere i tre mesi [c.p.c. 749].[3]

Come si accetta l'eredità

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Ai sensi dell'art. 474 c.c. esistono due modi mediante i quali manifestare la volontà di accettare l'eredità, uno espresso e l'altro tacito [4].

A tale proposito va innanzitutto detto che l'accettazione con beneficio d'inventario non conosce tale tipo di distinzione ma può essere solo espressa (art. 484 c.c.) [5].

Occorre inoltre chiarire che la distinzione appena fatta porta ad escludere la non condivisa costruzione dell'accettazione presunta negli artt. 485 e 527 c.c., ipotesi sopra cennate [6]. Non è condivisa la tesi che identifica in un medesimo tipo negoziale i modi di accettazione dell'eredità: la tesi prevalente esclude la natura unitaria per il distinto modo di manifestazione della volontà e per la differente struttura dell'atto; sono privi di distinzione gli effetti giuridici prodotti. Sia chiaro che una dichiarazione verbale di accettare l'eredità non configura, sotto il profilo giuridico, alcuna accettazione, perché nel caso di accettazione espressa verrebbe comunque a mancare la forma scritta e nell'ipotesi dell'accettazione tacita manca il carattere tacito, essendo pur sempre espressa.

Va infine precisato che può ancora accettare anche colui che abbia già rinunciato all'eredità, ma solo nei limiti previsti dall'art. 525 c.c.[7].

I legittimati all'acquisto dell'eredità

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Legittimati all'acquisto dell'eredità sono tutti coloro chiamati o destinatari ex lege della delazione, vale a dire di una offerta di patrimonio ereditario al momento del decesso del de cuius. Costoro sono chiamati testamentari o legittimi e possono agire anche per rappresentazione di un soggetto premorto o assente (art. 70 c.c.) o se istituiti sotto condizione risolutiva[8].

Può verificarsi l'ipotesi in cui un soggetto non è subito destinatario di una delazione operativa: questi potrà accettare solo dopo che l'eredità sia divenuta attuale; è l'ipotesi del chiamato istituito sotto condizione sospensiva, il sostituito nella sostituzione ordinaria o fedecommissaria, i nascituri concepiti o non concepiti, i chiamati in subordine[9]. Con l'abrogazione dell'art. 600 c.c. ad opera della l. 22.6.2000, n. 192, gli enti non riconosciuti possono accettare immediatamente, con beneficio di inventario (art. 473 c.c.), senza più attendere autorizzazioni o richiedere riconoscimenti[10]. Anche le organizzazioni di volontariato, prive di personalità giuridica, iscritte negli appositi registri regionali o provinciali, possono accettare, con beneficio d'inventario, lasciti testamentari (art. 5, 2° co., l. 11.8.1991, n. 266).

Coloro che non sono immediati destinatari della delazione si trovano in una situazione di "aspettativa di delazione" dalla quale derivano alcuni poteri:

- richiesta di apposizione di sigilli (art. 753, n. 2, c.p.c.) e di loro rimozione (art. 763, 1° co., c.p.c.);

- richiesta di formazione dell'inventario (art. 769, 1° co., c.p.c.) o di nomina di un curatore dell'eredità giacente (art. 528, 1° co., c.c.);

- richiesta di fissazione di un termine per l'accettazione (art. 481 c.c.) [11].

Riguardo all'ipotesi di un atto di accettazione compiuto prima che la delazione divenga attuale, è discusso se esso sia viziato da invalidità o sia solo privo di effetti.

Per la soluzione dell'inefficacia, in un caso di accettazione dei chiamati ulteriori, la giurisprudenza si è espressa affermando che, "posto che il termine di prescrizione del diritto di accettare l'eredità decorre dal giorno dell'apertura della successione, qualora sussista una pluralità di designati a succedere in ordine successivo, si realizza una delazione simultanea a favore dei primi chiamati e dei chiamati in subordine, con la conseguenza che questi ultimi, in pendenza del termine di accettazione dell'eredità per i primi chiamati, sono legittimati a manifestare una accettazione (espressa o tacita) dell'eredità, con efficacia subordinata al venir meno, per rinuncia o prescrizione, del diritto dei designati di grado anteriore". [12] Un'altra decisione ha ammesso anche per i chiamati ulteriori la possibilità di effettuare un'accettazione anche tacita, in pendenza del termine di accettazione dell'eredità per i primi chiamati, sancendo che "in tema di successioni legittime, qualora sussista una pluralità di designati a succedere in ordine successivo, si realizza una delazione simultanea a favore dei primi chiamati e dei chiamati ulteriori, con la conseguenza che questi ultimi, in pendenza del termine di accettazione dell'eredità dei primi chiamati, sono abilitati ad effettuare una accettazione, anche tacita, dell'eredità". [13].

I legittimati all'accettazione

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Ai sensi degli artt. 320, 3° co., e 374, n. 3, c.c., previa autorizzazione giudiziale, l'accettazione dell'eredità può essere effettuata anche dal rappresentante legale. Per la rappresentanza volontaria è necessaria una procura speciale ad hoc, oppure una procura generale con l'espressa indicazione del potere di accettare eredità, ex art. 1708, 2° co., c.c. poiché atto che eccede l'ordinaria amministrazione. Non è ammissibile la c.d. rappresentanza indiretta, ovvero la possibilità di accettare nell'interesse di altri, ma in nome proprio.

L'accettazione compiuta da un falsus procurator può essere ratificata dal chiamato entro il termine di prescrizione decennale e l'atto compiuto dal falsus procurator non interrompe la decorrenza della prescrizione; sul punto si deve tuttavia segnalare una sentenza della Cassazione di segno opposto, che ha affermato che "nell'ipotesi di accettazione di eredità realizzata da manifestazioni di volontà del falsus procurator, successivamente ratificate dal chiamato, la ratifica, per poter determinare acquisizione all'erede degli effetti dell'attività compiuta dal rappresentante senza poteri, deve intervenire entro il termine di prescrizione del diritto di accettare, peraltro decorrente, non già dalla data di apertura della successione, bensì dal momento in cui fu realizzato l'atto compiuto dal falsus procurator, di accettazione dell'eredità, valevole, di per sé, a determinare l'interruzione della prescrizione".[14]

Vi sono inoltre incertezze sul potere del negotiorum gestio di perfezionare l'accettazione dell'eredità: tali dubbi sono legati alla natura dell'istituto, ovvero se esso possa riguardare solo atti di amministrazione o anche di disposizione, e se quindi sia eventualmente necessaria una ratifica del chiamato per divenire erede. La giurisprudenza ha risposto così: "L'accettazione tacita di eredità può avvenire anche per mezzo di negotiorum gestio concernente i relativi beni, ove intervenga la ratifica del chiamato a norma dell'art. 2032 c.c., in quanto tutte le ragioni che si oppongano alla configurabilità di un'accettazione tacita di eredità per effetto della gestione di affari nell'interesse del chiamato e relativa ad atti di amministrazione - tra cui, in particolare, la necessità che essa sia desumibile da un comportamento del successibile, che potrebbe rifiutare l'eredità oltre che per ragioni economiche anche per motivi di ordine normale - sono superate dalla successiva ratifica del medesimo, cosicché gli effetti del negozio posto in essere dal gestore si esplicano nella sfera del dominus con efficacia retroattiva".[15]

Secondo parte della dottrina, i creditori del chiamato non sono legittimati ad accettare in via surrogatoria (art. 2900 c.c.), essendo loro tutelati con il diritto di impugnare la rinunzia all'eredità del chiamato (art. 524 c.c.) mediante l'actio interrogatoria (art. 481 c.c.)[16]. Altra dottrina, tuttavia, osserva che, in mancanza di dichiarazione nel termine fissato, l'art. 481 c.c. prevede che "il chiamato perde il diritto di accettare", per cui non potrebbe trovare spazio il richiamato art. 524 c.c. e quindi andrebbe negata ai creditori del chiamato l'azione surrogatoria, in quanto i creditori resterebbero privi di una adeguata tutela. I creditori del legittimario possono comunque agire in riduzione in via surrogatoria[17].

Il curatore fallimentare, con l'autorizzazione del Tribunale, può accettare eredità devolute al fallito.

Accettazione dell'eredità: trascrizione

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Ai sensi dell'art. 2648 c.c., l'accettazione di eredità è soggetta a trascrizione per l'effetto non di dirimere conflitti ex art. 2644 c.c., ma solo di assicurare la continuità delle trascrizioni ex art. 2650 c.c. e di regolare la fattispecie dell'erede apparente (artt. 534 e 2652, n. 7, c.c.). A tal fine può assumere rilevanza giuridica anche una trascrizione dell'accettazione in ripetizione o dell'accettazione tardiva[18].

L'accettazione, espressa o tacita, dell'eredità, implicando l'effettivo subingresso dell'erede nella totalità o in una parte frazionaria dell'universum jus costituente l'asse ereditario, prescinde dalla specificazione di singoli beni o rapporti, la cui sorte non può che essere regolata dalla legge o dalla volontà eventualmente manifestata dall'autore della successione.[19]

Accettazione con beneficio di inventario

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Come sopra solo accennato, l'eredità può essere accettata puramente e semplicemente o con beneficio d'inventario. Quest'ultima opzione opera automaticamente per i soggetti incapaci, le persone giuridiche (diverse dalle società), gli enti non riconosciuti e le organizzazioni di volontariato.

Come detto, l'accettazione con beneficio di inventario può essere solo espressa, perché l'accettazione beneficiata non può essere tacita (art. 484 c.c.) [20].

Naturalmente entrambe le forme di accettazione determinano l'acquisto dell'eredità e della qualità di erede; tuttavia, mentre l'accettazione pura e semplice provoca la confusione del patrimonio del defunto con quello dell'erede, con la conseguenza che l'erede risponde delle passività ereditarie anche ultra vires hereditatis ovvero col proprio patrimonio personale, in caso di accettazione con beneficio d'inventario non si ha confusione di patrimoni e l'erede risponde solo nei limiti del valore dei beni a lui pervenuti.

L'accettazione con beneficio di inventario deve essere resa nelle forme indicate all'art. 484 c.c. e accompagnata da una serie di formalità ulteriori; deve inoltre contenere non la semplice dichiarazione espressa di accettare l'eredità o di assumere il titolo di erede, ma quella che ciò avviene con beneficio d'inventario.

Nullità del divieto di accettare con beneficio di inventario

Va infine precisato che il testatore non può limitare o escludere la libertà di scelta tra l'accettazione pura e semplice e quella con beneficio d'inventario. La regola è espressione del carattere legale della delazione ereditaria: i modi e termini sono stabiliti dalla legge e sono indisponibili, mentre al testatore è concesso solo di determinare i chiamati e l'oggetto della delazione. La nullità colpisce sia il divieto esplicito sia quello implicito, cioè la clausola che preveda particolari sanzioni o condizioni a carico del chiamato che decida di accettare con beneficio d'inventario.

In altre parole, l'art. 470 c.c., secondo cui l'eredità può essere accettata con il beneficio d'inventario, nonostante qualsiasi divieto del testatore, colpisce di nullità non solo le clausole del testamento che proibiscano esplicitamente l'accettazione con il cennato beneficio, ma anche quelle che contengano tale divieto in modo implicito, imponendo all'erede il pagamento integrale dei legati o dei debiti ereditari ovvero condizionano l'efficacia dell'accettazione dell'eredità a siffatto pagamento.[21]

Vige il principio vitiatur, sed non vitiat, di cui all'art. 634 c.c., per cui l'invalidità di tali clausole non incide sulle altre di per sé valide [22]. Lo stesso fine persegue l'art. 703, ult. co., c.c., in virtù del quale qualsiasi atto dell'esecutore testamentario non pregiudica il diritto del chiamato ad accettare con beneficio d'inventario.

Avv. Giampaolo Morini

giampaolo@studiolegalemorinigiampaolo.it

0584361554

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[1] Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, 3ª ed., Torino, 2005, 79.

[2] Cass. civ. sez. II, 06.05.2002 n. 6479. Ex plurimis: Cass. civ. sez. II, 30.10.1991 n. 11634; Cass. civ. sez. lavoro, 10.03.1987 n. 2489; Cass. civ., 17.06.1971 n. 1850.

[3] Trascorso tale termine senza che l'inventario sia stato compiuto, il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice [c.c. 476, 564, 2964]. Compiuto l'inventario, il chiamato che non abbia ancora fatto la dichiarazione a norma dell'articolo 484 ha un termine di quaranta giorni da quello del compimento dell'inventario medesimo, per deliberare se accetta [c.c. 470] o rinunzia [c.c. 519] all'eredità. Trascorso questo termine senza che abbia deliberato, è considerato erede puro e semplice [c.c. 459, 480, 487].

[4] Burdese, in Grosso, Burdese, Le successioni. Parte generale, in Tratt. Vassalli, Torino, 1977, 253-254.

[5] Ferri, Successioni in generale, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 456-511, 3ª ed., Bologna-Roma, 1997, 262.

[6] Zabban, in Zabban, Pellegrino, Delfini, Delle successioni, in Comm. Ipsoa, Milano, 1993, 53.

[7] Morini, Revoca della rinuncia all'eredità: forma, effetti e limiti

[8] Capozzi, Successioni e donazioni, I, 2ª ed., Milano, 2002, 156.

[9] Saporito, L'accettazione dell'eredità, in Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, I, Padova, 1994, 190-195.

[10] De Giorgi, L'abrogazione degli artt. 600, 786 c.c. e la modifica dell'art. 473 c.c., in Studium iuris, 2000, 1190.

[11] Burdese, in Grosso, Burdese, Le successioni. Parte generale, in Tratt. Vassalli, Torino, 1977, 72.

[12] C., Sez. II, 22.6.1995, n. 7073; C., Sez. II, 16.8.1993, n. 8737.

[13] C., Sez. II, 13.7.2000, n. 9286.

[14] Cass. civ., 21.05.1969 n. 1773.

[15] C., 1.12.1977, n. 5227; C., 3.12.1974, n. 3958.

[16] Cicu, Successioni per causa di morte. Parte generale, in Tratt. Cicu, Messineo, 2ª ed., Milano, 1961, 165-166.

[17] Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, in Tratt. Cicu, Messineo, 4ª ed., Milano, 2000, 242.

[18] Caccavale, La circolazione degli immobili con provenienza successoria e la trascrizione dell'accettazione dell'eredità, in Familia, 2002, I, 1029-1054.

[19] Cass. civ., 06.12.1984 n. 6400.

[20] Zabban, in Zabban, Pellegrino, Delfini, Delle successioni, in Comm. Ipsoa, Milano, 1993, 45.

[21] Cass. civ., 21.12.1966 n. 2961.

[22] Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. De Martino, 2ª ed., Novara, 1981, 184-185.


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