di Lucia Izzo - A seguito dell'introduzione del domicilio digitale, corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'ordine di appartenenza, non è più possibile effettuare le comunicazioni o le notificazioni presso la cancelleria del Consiglio nazionale forense e ciò anche laddove l'avvocato destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella sentenza n. 19526/2018 (qui sotto allegata), pronunciandosi sul ricorso di un avvocato nei confronti del quale il Consiglio dell'Ordine degli avvocati aveva instaurato plurimi procedimenti disciplinari, poi riuniti.
Il COA imputava al professionista di aver adoperato, in atti giudiziari e in corrispondenza epistolare, espressioni sconvenienti e offensive nei confronti vari soggetti e per aver tenuto una condotta impropria.
Inizialmente l'incolpato veniva sospeso dall'esercizio della professione per cinque mesi, con decisione che il Consiglio Nazionale Forense annullata con rinvio per vizi formali. A seguito di nuova deliberazione, il COA applicava all'avvocato la sospensione dall'esercizio della professione per sette mesi.
Decisione che, a seguito di nuova impugnazione da parte dell'interessato, veniva riformata limitatamente al trattamento sanzionatorio che il CNF derubricava nella sola censura. La Cassazione a Sezioni Unite, chiamata a pronunciarsi sulla vicenda, ritiene di confermare la condanna.
I giudici rammentano come sia loro precluso, in sede di legittimità, in nuovo giudizio di merito. Nel caso di specie, pertanto, deve aderirsi a quanto stabilito dalla sentenza disciplinare che ha ritenuto le espressioni adoperate dal ricorrenti non riconducibili a ordinarie contrapposizioni processuali, bensì gratuitamente offensive, laddove addebitano a controparti, magistrati, etc. carenze professionali, giuridiche e conoscitive del tutto esorbitanti dall'ordinaria dialettica difensiva e talvolta esageratamente minacciose nel prefigurare responsabilità anche penali.
I termini del ricorso in Cassazione contro le decisioni del CNF
Nel corpus decisionale, gli Ermellini affrontano un rilievo del ricorrente denunciante la nullità della notificazione della sentenza impugnata, per essere stata effettuata presso lo stesso Consiglio nazionale forense, laddove avrebbe dovute essere eseguita presso il suo domicilio ovvero al suo indirizzo di posta elettronica certificata.
In effetti, confermano i giudici, la proposizione del ricorso per Cassazione contro le decisioni del Consiglio Nazionale Forense è soggetta (ex art. 36, comma 6, della legge 247/2012 e 56, comma terzo, r.d.l. 1578/1933) al termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione d'ufficio della pronuncia contestata.
Rimane salva l'applicabilità del termine "lungo", di cui all'art. 327 c.p.c., nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d'ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa.
Nel caso di specie, mancando l'elezione di domicilio in Roma e risultando il solo domicilio in Colleferro, la notificazione d'ufficio della decisione all'avvocato è stata, effettivamente, eseguita mediante deposito presso il Consiglio nazionale forense.
Domicilio digitale: addio notifiche presso la cancelleria del CNF
Sennonché, a seguito dell'introduzione del domicilio digitale, corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'ordine di appartenenza, previsto dall'art. 16-sexies d.l. 179/2012 (come modificato dal d.l. 90/2014) non è più possibile effettuare le comunicazioni o le notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario procedente (se munito di PEC), anche se l'avvocato destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest'ultimo.
A meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario. Per le Sezioni Unite, tale principio di diritto, enunciato riguardo al processo civile, va esteso al processo dinanzi al Consiglio nazionale forense.
A tale procedimento, infatti, si applicano norme e principi del codice di rito civile, i quali, invece, unicamente per il giudizio di Cassazione prescrivono che, in mancanza di espresse indicazioni, le notificazioni devono essere effettuate in cancelleria.
Nel caso in esame, non risultando dagli atti l'inaccessibilità dell'indirizzo di posta elettronica certificata dell'avvocato incolpato, non era consentita la notificazione della sentenza presso gli uffici del Consiglio nazionale forense. Tale conclusione, tuttavia, rende solo operante il termine "lungo" ex art. 327 c.p.c. e dunque tempestiva l'impugnazione dell'avvocato.
Cass., Sezioni Unite Civili, sent. n. 19526/2018• Foto: 123rf.com