Per la Cassazione il totale disinteresse manifestato dal padre, per anni, nei confronti della figlia non consente neppure di applicare la sospensione condizionale della pena

di Lucia Izzo - Nonostante la giovane età (35 anni), non sfugge alla condanna di cui all'art. 570 del codice penale il padre disoccupato che ha omesso reiteratamente di versare l'assegno di mantenimento nei confronti della figlia. La condotta dell'uomo, che si è disinteressato della bambina per anni, non consente neppure l'applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.


Lo ha deciso la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 34952/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un uomo, condannato per il reato di cui all'art. 570, secondo comma, c.p. (Violazione degli obblighi di assistenza familiare)


Il padre, nel dettaglio, si era sottratto agli obblighi inerenti la qualità di genitore, non corrispondendo alcuna somma per il mantenimento della figlia minore alla quale aveva fatto mancare i mezzi di sussistenza.


In Cassazione, l'imputato contesta la motivazione della Corte territoriale per non aver tenuto conto della sua effettiva situazione economica e personale: l'uomo, da sempre impegnato in lavoretti saltuari, rileva di non aver mai goduto di alcun reddito sin dall'epoca della nascita della figlia e, anzi, dallo stesso instaurarsi della convivenza come confermato dalla stessa ex convivente


Anzi, secondo un accordo intercorso con l'ex convivente, l'imputato si era impegnato a versare solo cinquanta euro mensili quale contributo al mantenimento della bambina e il giudice del merito non avrebbe accertato l'apprezzabile incidenza dell'inadempimento sulla disponibilità dei mezzi economici in capo agli aventi diritto tale da determinarne lo stato di bisogno.

Tuttavia, per gli Ermellini l'operato della Corte territoriale è esente da critiche e censure. I giudici rammentano che, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, "incombe sull'interessato l'onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l'impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione"

Non versa l'assegno ai figli: condannato il giovane padre disoccupato

La Cassazione ritiene che lo stato di disoccupazione, considerata la giovane età dell'imputato, e la mancata dimostrazione delle cause che rendono a questi difficoltoso il reperimento di un'occupazione, valgono a integrare l'estremo della colpevole incapacità di adempiere integrativo del reato.

Infatti, l'indisponibilità da parte dell'obbligato dei mezzi economici necessari ad adempiere si configura come scriminante soltanto se essa perduri per tutto il periodo di tempo in cui sono maturate le inadempienze e non è dovuta,anche solo parzialmente, a colpa dell'obbligato.

La Corte territoriale ha dunque correttamente ritenuto integrante il reato contestato la condotta del prevenuto di perseverante inadempimento all'obbligo contributivo in favore della figlia minore, per non avere egli mai stabilmente lavorato, godendo sin dall'insorgere della relazione di convivenza con la madre della propria figlia di aiuti economici

Ancora, non è stato dimostrato uno stato di completa impossidenza dell'imputato, non avendo egli mai versato alcunché per il mantenimento della figlia minore pur avendo svolto, sia pure saltuariamente, attività lavorativa e tanto a fronte di un situazione di bisogno presuntivamente esistente e non vinta dalla difesa.

A nulla vale l'accordo intercorso tra l'uomo e la sua ex: la misura del contributo relativo al mantenimento dei figli minori non può essere oggetto di accordi tra le parti non omologati o validati dal giudice, trattandosi di materia indisponibile e come tale sottratta alla libera determinazione delle parti.

La Cassazione ritiene che all'imputato non possa neppure essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, stante la persistenza della condotta criminosa: come rilevato dai giudici a quo, infatti, l'uomo aveva per anni tenuto una condotta di totale disinteresse morale e materiale per la figlia minore.

Cass., Vi pen., sent. n. 34952/2018

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