L'impegno preso dal Governo per una prossima riscrittura delle norme sull'affidamento dei figli offre importanti opportunità per adeguare i nostri standard ai suggerimenti della comunità scientifica e del Consiglio d'Europa
Dott. Vittorio Vezzetti * - Nel mondo occidentale il principio della bigenitorialità viene fatto partire dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, promulgata a New York il 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.

In realtà, però, presso alcune corti degli Stati Uniti già nel 1970 gruppi di magistrati avevano iniziato a redigere sentenze che prevedevano l'affido congiunto della prole in caso di divorzio dei genitori. Ben presto gli analisti si resero conto che dietro la locuzione joint custody si potevano celare differenti forme di affidamento: in molti casi dietro il concetto di pari responsabilità genitoriali si nascondevano forme di affidamento identiche a quelle normalmente previste in caso di affidamento esclusivo (si trattava della cosiddetta joint legal custody) mentre in altre a una suddivisione giuridico—formale si aggiungeva una condivisione materiale delle cure e dei tempi di permanenza (joint physical custody).

Negli anni, dopo diverse interpretazioni del momento temporale da cui si dovesse far partite la cosiddetta condivisione materiale (non meno del 25-30-33-35-40% del tempo con ognuno dei genitori) possiamo oggi dire che prevale la concezione che il punto di cut-off debba essere collocato al 33% (come stabilito dall'International Council on Shared Parenting) o al 35% (come si usa fare in Australia e USA). Anche in ambito scientifico gli studi oggi prendono prevalentemente in considerazione questi due parametri (il 33 o il 35%) che vengono calcolati considerando il parametro dei pernottamenti.

In Europa il primo Paese a introdurre l'affidamento legalmente condiviso come forma privilegiata fu la Svezia nel 1989, anticipando di alcuni mesi la convenzione ONU sui Diritti del fanciullo. Seguirono la Francia nel 1993, il Belgio nel 1995 e l'Olanda nel 1998. In tutti i casi fu un fallimento perché i tribunali continuarono a promulgare provvedimenti monogenitoriali che relegavano un genitore in un ruolo marginale. Si resero così necessarie modifiche legislative (non tutte fruttuose) in tutti questi Paesi (Svezia 1998, Francia 2002, Belgio 2006 e Olanda 2009) per cercare di passare da un affidamento legalmente a uno materialmente condiviso.

Senza minimamente prendere in considerazione le esperienze estere di chi aveva intrapreso questa strada prima di noi, solo assai faticosamente, con un lavoro di quattro legislature, in Italia si è riusciti a far passare come forma privilegiata l'affidamento formalmente (o legalmente) condiviso nel 2006.

Il risultato, però, è stato ovviamente (visti i presupposti degli altri Paesi) fallimentare e per fare capire a tutti il senso di questo fallimento paragoniamo la nostra situazione con quella di alcuni Paesi progrediti e bigenitoriali. In Italia l'affido a tempi paritetici è stimato intorno all'1-2%. In Belgio raggiunge il 30%, in Quebec il 25%, in Svezia il 40% .

In Italia l'affido materialmente condiviso non paritetico riguarda il 3-4% dei minori, tasso fra i più bassi al mondo, in Belgio il 25%, in Quebec il 30%, in Svezia il 30%.

In Italia l'affido materialmente esclusivo (al di fuori del range 65-35%) riguarda oltre il 90% dei minori, in Belgio circa il 50%, in Quebec circa il 45%, in Svezia il 30%. Nel nostro Paese troviamo quindi una situazione estrema che sicuramente non rispecchia la volontà del legislatore (pur coi limiti dell'enunciato della legge 54/06) e che sta danneggiando milioni di minori italiani.

L'affido materialmente condiviso protegge i minori. E come?

Nell'ottobre 2015 il Consiglio d'Europa -dopo attenta valutazione della letteratura scientifica e dei risultati ottenuti nei Paesi Occidentali che avevano attuato una politica di affido materialmente condiviso- ha promulgato la risoluzione 2079 -autentica pietra miliare-con la quale si invitano i 47 Stati membri a promuovere una politica di shared parenting (con tempi più o meno paritetici e comunque mai al di fuori del range 35-65%) per tutti i bambini oltre i 12 mesi. Questa politica è servita infatti a ridurre ovunque il rischio di parental loss (perdita genitoriale) e a ridurre il conflitto intergenitoriale a lungo termine. Inoltre nei Paesi con presunzione legislativa o giurisprudenziale di affido materialmente condiviso si osserva una maggior diversificazione e modulazione dei provvedimenti giudiziari.

In Italia recentemente si sono dichiarate ufficialmente a favore dell'affido materialmente condiviso sia la Società Italiana di Scienze Forensi sia la Società Italiana di Psicologia Giuridica.

Esaminando nel dettaglio la letteratura scientifica accreditata pubblicata tra il 1977 e il 2014 (74 studi comparativi pubblicati su riviste a comitato di lettura -"peer reviewed"-o report governativi) troviamo inoltre ben pochi studi sfavorevoli all'affido materialmente condiviso: essenzialmente tre:

uno molto vecchio su casistica esigua "Ongoing Postdivorce Conflict: Effects on Children of Joint Custody and Frequent Access" (Johnston, J.R., Kline, M. And J.M.Tschann, 1989), e due più recenti che hanno suscitato molta discussione: "Child-focused and child-inclusive divorce mediation: comparative outcomes from a prospective study of postseparation adjustment" (McIntosh J.E.,. Wells Y.D., Smyth B.M., and Long C.M., 2008) e "Overnight Custody Arrangements, Attachment, and Adjustment Among Very Young Children" (Tornello, S. L., Emery, R., Rowen, J., Potter, D., Ocker, B. and Xu, Y. 2013)

Su questi studi grava però l'ombra di gravi errori metodologici e significativi bias [1](Warshak R. A.2016, Nielsen L.2014, Warshak R.,A.2014, Millar P., Kruk E.2014, Poussin G.2016).

- A differenza che nell'area del conflitto e della perdita genitoriale, in cui i risultati sono chiari e indiscutibili, nell'ambito del benessere a breve termine può a prima vista essere difficile distinguere tra un effetto causale (l'affido materialmente condiviso causa benefici a prescindere da altri fattori) o un effetto di selezione del campione (teoria per cui ad un assetto di affido materialmente condiviso giungerebbero mediamente genitori già in partenza più collaborativi, ragionevoli e attenti di quelli che pervengono ad un affido materialmente esclusivo). Di certo, oltre all'effetto preventivo di childhood adversity quali conflitto e parental loss, si dimostra inequivocabilmente una generale non nocività dell'affido materialmente condiviso nelle sue varie modalità di messa in pratica. Comunque il rapido incremento dell'affido materialmente condiviso in Svezia (dove l'alternato puro è passato dall'1% del 1998 al 28% del 2006 fino al 40% del 2014) o di alcune regioni spagnole (in Catalogna l'affido materialmente condiviso è passato dal 2010 al 2015 dal 20,6 al 40,5%, in Comunità Valenciana dal 13,8 al 35,8%) lascia pensare che il meccanismo selettivo sia assolutamente secondario. (cfr. Vezzetti V., 2016, "New approaches to divorce with children: a problem of public health", Journal of Health Psychology Open July-December 2016: 1-13n DOI: 10.1177/2055102916678105).

Affido paritetico/alternato e materialmente condiviso sono la stessa cosa?

Spesso si fa confusione fra queste due denominazioni. L'affido alternato è una particolare modalità di estrinsecazione dell'affido materialmente condiviso. Esso prevede una ripartizione paritetica dei tempi. In letteratura non esistono dimostrazioni scientifiche dei suoi vantaggi (per scarsità di studi) rispetto alle altre forme di affido materialmente condiviso ma solo nei confronti dell'affido materialmente esclusivo.

Da più parti, però, si ipotizza - e chi scrive concorda- che possa agire positivamente sulla variabile conflitto genitoriale praticamente azzerando le liti legate al mantenimento della prole (mantenimento diretto puro).

A tutt'oggi, comunque, per una vasta serie di motivi prevalentemente sociali e/o culturali che sarebbe qui troppo lungo descrivere, l'affido alternato è una modalità molto diffusa in diversi Paesi ma pur sempre minoritaria.

L'evoluzione europea dell'affido materialmente condiviso è ben chiarita dalle figure 1, 2, e 3:

Figura 1

Figura 2

Figura 3

* a cura del Dott. Vittorio Vezzetti, membro fondatore dell'International Council on Shared Parenting e Presidente della Piattaforma Europea per la joint custody and childhood Colibrì


[1] Tra le molte critiche allo studio Mc Intosh ci sono l'adozione di misure non standardizzate, le dimensioni estremamente ridotte -poche unità-di alcuni sottocampioni per I bimbi che pernottavano dal papà, l'alto numero di genitori (60-90%) che non avevano mai vissuto assieme o erano stati sposati. Fra le critiche allo studio Tornello troviamo il fatto di avere usato una scala di misura dell'attaccamento mai usata prima e applicata dalle madri coinvolte nello studio, di avere analizzato una casistica particolare (bambini che erano nel 62% sotto la soglia di povertà, nell'85% appartenenti a minoranze etnico-razziali, in oltre il 50% con un genitore incarcerato più volte prima dei loro 5 anni d'età, per l'85% figli di genitori che non avevano mai convissuto e che nel 65% avevano avuto in giovane età plurime nascite extramaritali da più di un partner) con motivi di disagio a prescindere dai pernottamenti (ad esempio pernottava dal padre chi aveva la madre in carcere), contraddizioni tra il testo e alcune tabelle riassuntive dei risultati che invece suffragano la positività dei pernotti presso il padre.


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