Sottopagati, penalizzati dalla piaga dell'improvvisazione e dalla mancanza di una riforma organica. È la situazione degli interpreti e traduttori d'Italia, un settore che invoca da tempo giustizia. Ne parliamo con la vicepresidente Aniti, Rossella Tramontano

di Marina Crisafi - Sono pagati 4 euro l'ora ma non per lavorare nei campi, bensì nelle aule dei tribunali. Sono gli interpreti e traduttori della giustizia italiana che, umiliati dal punto di vista retributivo, penalizzati dalla piaga dell'"improvvisazione" e dalla mancanza di una riforma organica del settore, invocano da tempo giustizia per ridare dignità ad un settore che assume sempre più importanza, soprattutto con l'aumento vertiginoso dell'immigrazione.

Ne parliamo con la vicepresidente dell'Associazione Nazionale Italiana Traduttori ed Interpreti (Aniti), dott.ssa Rossella Tramontano (nella foto).

Vicepresidente, qual è la situazione degli interpreti e traduttori in Italia?

"Attualmente la nostra professione è disciplinata dalla L. n. 4/2013 che costituisce una vera pietra miliare per la regolamentazione delle professioni non organizzate in ordini o collegi, tra le quali rientra quella del traduttore/interprete. Sebbene vi siano ancora molte differenze rispetto alle altre professioni intellettuali ordinistiche, certamente tanti passi in avanti sono stati fatti per il riconoscimento di questa professione. Penso, ad esempio alla previsione della formazione continua richiesta a tali professionisti o alla possibilità di costituirsi in Associazioni di categoria quale quella di cui io sono vicepresidente. Ancora, alle norme Uni (tra cui l'ultima è la Norma UNI 11591:2015) per i professionisti che desiderano farsi certificare o, da ultimo, alla Carta dei servizi redatta dalla Camera di Commercio di Milano.

Occorre dire che un'analisi della situazione degli interpreti e traduttori in Italia ci porterebbe molto lontano, soprattutto se parliamo dei rapporti di questi professionisti con i tribunali. Esistono tante realtà variegate e poca uniformità soprattutto a seconda della committenza: la questione cambia se la professionalità richiesta è quella del traduttore, dell'interprete o dell'interprete di tribunale e cambia, conseguentemente, se il committente è un'azienda, un'agenzia di servizi di traduzione e interpretariato, un editore o un tribunale.

Come si accede alla professione di interprete e traduttore?

A partire dagli anni '90, la maggior parte dei traduttori e degli interpreti vengono fuori dalle Scuole Superiori per Mediatori linguistici, ex SSIT, che ad eccezione dell'università di lingue di Trieste, erano tutte scuole private triennali e forniscono una preparazione teorica unita alla parte pratica.

Si accede avendo già una buona conoscenza delle lingue, che durante il corso di studi si perfezionano, e si apprendono le tecniche traduttive. Recentemente sono nati anche diversi corsi di laurea, all'interno delle facoltà di lingue, dove prima si faceva solo letteratura.

Ora esistono anche corsi universitari di traduzione giuridica, ad esempio. Naturalmente, le basi scolastiche e universitarie sono solo le fondamenta per questa professione, che richiede una formazione continua e tanta esperienza che si forma col tempo e la pratica. Chi fa questi studi e vuole intraprendere questa professione seriamente per tutta la vita, generalmente è molto preparato e non smette mai di studiare anche perché sa che se così non facesse il mercato non lo perdonerebbe. Attualmente, gli interpreti e i traduttori che sono iscritti ad Associazioni di categoria o all'Albo del Tribunale danno garanzia al cliente di maggiore professionalità. Purtroppo, però, l'altra faccia della medaglia è che non essendo obbligatoria né l'una né l'altra circostanza, di fatto chiunque si può improvvisare interprete e traduttore, e questa è la piaga più grossa della nostra professione.

Come si svolge il lavoro di interprete e traduttore?

La professione di Interprete e traduttore si declina in diverse specializzazioni e tecniche e pertanto vengono chiamati in modi diversi:

- Traduttori: sono coloro che trasferiscono per iscritto il significato di un testo da una lingua all'altra. Si suddividono in traduttori editoriali (romanzi, gialli ecc.), traduttori tecnici in senso ampio (traduzioni scientifiche, commerciali, turistiche, ecc.) e in senso stretto (manualistica, brevetti ecc.);

- Interpreti: sono coloro che operano in orale e che a loro volta si distinguono per la tecnica utilizzata in interpreti di trattativa o di liaison; in consecutivisti, ossia coloro che usano una tecnica, spesso utilizzata nei tribunali, che prevede la presa di note con un metodo ben preciso che va per concetti; in simultaneisti, cioè coloro che, in occasione di congressi, conferenze, convegni, operando con cuffia e microfono da una cabina, interpretano in altra lingua quanto proferito dall'oratore. Faccio questa precisazione perché nei Tribunali viene spesso chiesto di effettuare una traduzione simultanea, cosa impossibile senza l'ausilio di una cuffia. O ancora interpreti e traduttori di tribunali, detti anche interpreti/traduttori giudiziari, cioè coloro che lavorano per l'autorità giudiziaria sia in orale che per iscritto in tutte le fasi del procedimento civile e penale, così come nella fase delle indagini per conto delle procure.

Serve una formazione giuridica per esercitare?

Non essendo, come prima detto, una professione ordinistica l'unico Albo di cui disponiamo è quello dei periti e degli esperti - interpreti e traduttori e dei consulenti tecnici del tribunale che riguarda solo coloro che lavorano nel campo della giustizia. Non serve una formazione giuridica per iscriversi e non vi sono neppure dei requisiti fissati per legge, riguardo ai titoli di studio necessari. Al momento, per accedervi occorre ancora l'iscrizione al Ruolo dei Periti e degli esperti della Camera di commercio (formalità del tutto inutile), è auspicabile l'iscrizione ad un'associazione professionale e la richiesta al tribunale deve essere corredata da titoli di studio non meglio specificati ed esaminati di volta in volta.

Da questo punto di vista siamo ancora molto indietro, e l'Italia ha perso per ben 3 volte l'occasione di riformare davvero la materia come indicato nella della Direttiva europea n. 64/2010 sia con la legge di recepimento (cioè il D.lgs 4.3.2014 n. 32) che successivamente con le modifiche apportate con il D.lgs n. 212/2015 e con il D.lgs n. 129/2016.

Dunque, sarebbe auspicabile una formazione giuridica anche per contrastare la piaga dell'"improvvisazione"…

Sì. In buona sostanza - soprattutto in campo penale dove si assiste ad un'emergenza causata dalla immigrazione incontrollata cui seguono spesso procedimenti penali - in mancanza di criteri specifici relativi al reclutamento a livello formale, succede che - soprattutto per le lingue cosiddette minoritarie - agli interpreti/mediatori viene affidato il compito importantissimo di occuparsi dell'interpretazione orale o della traduzione scritta in Tribunale o delle intercettazioni, semplicemente perché conoscono una lingua straniera (magari avendo viceversa enormi lacune in lingua italiana) e comunque senza che abbiano una competenza in materia - in termini di conoscenza del sistema giudiziario del paese in questione, o del linguaggio giuridico o di competenza traduttiva. Per le lingue più diffuse (inglese, francese, spagnolo, tedesco, arabo) è più facile attingere ad elenchi di persone qualificate, ma per le cosiddette lingue minoritarie, si ricorre spesso a persone completamente impreparate, il che dimostra il limite enorme, del tutto recente, di dare priorità alla "lingua madre" del parlante, anziché utilizzare come si è sempre fatto in passato, la "lingua veicolare".

Certamente Aniti ritiene che sia fondamentale una formazione di alto livello per questa figura che, in aggiunta alle competenze linguistiche pari a qualunque altro interprete e traduttore professionista deve avere anche delle competenze giuridiche, soprattutto di procedura civile e penale e deve saper utilizzare sia le tecniche traduttive di interpretariato (consecutiva, chuchotage e traduzione a vista) sia saper fare la traduzione scritta, unendo dunque le due figure in una sola. In altre parole, a nostro parere per essere iscritti all'Albo bisognerebbe possedere una formazione linguistica e giuridica di livello universitario superiore (es. diploma di Interprete/laurea in lingue + master in traduzione giuridica, oppure laurea in giurisprudenza/scienze politiche internazionali/scienze economiche + certificazioni linguistiche non inferiori a C1, ecc.) e un'esperienza in traduzione scritta e interpretariato di liaison di almeno 3 anni oppure essere iscritti come socio ordinario ad un'associazione di categoria di interpreti e traduttori, dove il vaglio dei titoli e dell'esperienza viene effettuato a monte.

Esiste un "vaglio", quindi, sulle istanze presentate? E per il tribunale a chi è affidato?

Per l'scrizione all'Albo del Tribunale, le ammissioni sono valutate da un Comitato del Tribunale preposto che si riunisce periodicamente per vagliare le domande d'iscrizione e ammettere il richiedente all'Albo dei Consulenti Tecnici d'Ufficio (in campo civile) o dei Periti ed Esperti (in campo penale). A partire dalla recente modifica dell'Art. 68 c.p.p. deve far parte del comitato anche un delegato delle associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni non regolamentate a cui appartiene la categoria di esperti per la quale si deve provvedere. Il comitato decide sulla richiesta di iscrizione e di cancellazione dall'albo. Quest'ultima è l'unica novità di rilievo apportata dal D. Lgs 32/2014 di recepimento della Direttiva UE 32/2010 che consente alle Associazioni come la nostra di indirizzare in maniera più mirata il vaglio delle istanze. Tuttavia, non è dato capire come poter motivare equamente le istanze non ritenute idonee, allorché i requisiti di accesso non sono ben definiti dalla legge.

Il vaglio di Aniti invece?

Se parliamo delle istanze presentate alla nostra associazione, le candidature sono vagliate attentamente dal Consiglio Direttivo e, in base alla documentazione sottoposta, i candidati sono ammessi come soci ordinari o aggregati (questi ultimi sono soci neolaureati o ancora in corso di pratica professionale) oppure respinti con la richiesta di aggiornare la documentazione dopo aver maturato la formazione e l'esperienza richiesta che è precisata chiaramente sul regolamento dell'Associazione. Aniti opera un vaglio sulla base dei titoli, dell'esperienza comprovata e delle referenze ma riteniamo fuori luogo sottoporre il candidato ad un esame di ammissione che peraltro sarebbe effettuato per iscritto online, senza alcuna garanzia che sia il candidato ad effettuare la traduzione e pertanto inutile ai fini della verifica. Preferiamo quindi fondare la selezione dei candidati sui titoli qualificanti, sulla esperienza documentata, sul curriculum e sulle referenze.

Veniamo alla nota dolente, quali sono i compensi di interpreti e traduttori? E l'equo compenso?

I compensi degli interpreti e traduttori professionisti sono in linea con un equo compenso in quanto risentono ancora di quando potevamo pubblicare dei tariffari e orientare. In questo campo ciò che ha massacrato il mercato sono gli improvvisati, i "traduttori per un giorno" che si inventano un mestiere e - soprattutto per la traduzione scritta - trovano i clienti grazie alle piattaforme internet dove le aziende reclutano traduttori disposti a lavorare gratis o quasi, togliendo di fatto il lavoro ai professionisti che hanno investito tanto nella formazione e negli strumenti di lavoro (ad es. per acquistare licenze di CatTools).

Se invece parliamo dei compensi degli interpreti e traduttori di Tribunale la situazione è a dir poco umiliante.

Perché umiliante, come sono pagati interpreti e traduttori di tribunale?

La liquidazione dei compensi, è stata per lungo tempo regolata dalla Legge 8 Luglio 1980, n° 319, che è stata abrogata dall'art. 299 del Dpr n. 115/2002, (meglio noto come Testo unico in materia di spese di giustizia) che riscrivendo sostanzialmente le stesse disposizioni, ha salvato solo l'articolo 4 che dispone sugli Onorari commisurati al tempo e successivamentemodificato, dal DM 30 maggio 2002. Di fatto la modifica si è limitata alla conversione in euro. Dal 2002 ad oggi nulla più si è mosso. In particolare, ai sensi del sopravvissuto articolo 4 e a differenza di altri ausiliari del giudice, gli onorari degli interpreti e traduttori non sono stabiliti in base a "tabelle" e pertanto non vi è un riferimento neppure lontano alle tariffe effettivamente praticate nel mercato libero. Tale categoria deve fare forzatamente riferimento al tempo impiegato: le "vacazioni".

Come funzionano le "vacazioni"?

Una vacazione corrisponde a due ore di lavoro e il numero massimo di vacazioni liquidabili, per ogni giorno, è quattro (8 ore di lavoro).

L'entità degli onorari, dunque, è di: Euro 14,68 (7,34 €/ora) per la prima vacazione e di euro 8,15 (4,075 €/ora) per le successive vacazioni.

Su questo argomento potrei parlare per ore, ma basti fare due semplici osservazioni:

- La distinzione tra prima vacazione e vacazioni successive è applicata in un senso che appare incomprensibile. Probabilmente, nella logica del legislatore, vi era la ovvia considerazione che la prima vacazione della giornata comporta impegni maggiori (ad esempio spostamento dalla sede) e avesse valutato, per questo, opportuno aumentarne il valore, rispetto alle vacazioni successive della stessa giornata. Il che significa che "prima vacazione" dovrebbe riferirsi alla prima della giornata. Viceversa L'interpretazione corrente è quella sfavorevole al Consulente secondo la quale la "prima vacazione" è la prima dell'intero incarico. Ciò comporta una differenza minima che, non avrebbe a rigore alcun motivo di esistere e, pertanto, porta a concludere che: l'onorario percepito da un perito interprete è 4,075 euro l'ora!

- L'entità degli onorari è ancor più indecorosa se pensiamo che la retribuzione oraria per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari secondo le tabelle INPS è di 9,59/ora. Ne consegue che per lo Stato Italiano il lavoro di un Collaboratore domestico è valutato più del doppio rispetto al lavoro intellettuale di un Perito/Consulente Tecnico del Giudice.

Il dato è sconfortante anche perché la norma indica che la tariffa Giudiziaria sia valutata in base alle vigenti tariffe professionali, pur tenendo conto della natura "pubblicistica" dell'incarico e comunque che venga adeguata ogni tre anni con adeguamento ISTAT. Tuttavia, l'ultima volta che si è messo mano alla tariffa è stato al momento del cambio dell'euro, nel 2002.". In ogni caso, dunque, 16 anni senza adeguamento produce un'ovvia scollatura rispetto alle "vigenti tariffe professionali".

Cosa occorrerebbe fare per migliorare la situazione?

Poiché non può esistere qualità senza equo compenso, è fondamentale riformare entrambi questi aspetti: formazione e retribuzione. Ma le modifiche devono avvenire di pari passo. Non è possibile onerare i lavoratori con iperformazione quando a ciò non corrisponderà un adeguato compenso. La conseguenza sarebbe inevitabilmente quella alla quale si assiste al momento: i professionisti disertano le aule di Tribunale!

Su retribuzione e formazione in particolare?

Per quanto riguarda le retribuzioni, alle strette (ma ho in mente un'idea di riforma più articolata) basterebbe quanto meno operare l'adeguamento Istat previsto per legge e sempre disapplicato. Secondo il calcolo della rivalutazione monetaria, 10.000 lire del 1980 corrispondono a 37.000 lire nel 2002 e a 134.000 lire nel 2015. 16 anni fa è stata fatta una semplice conversione all'euro, fissando in 14,68 euro la prima vacazione e 8,15 le successive. Basterebbe semplicemente ricalcolare gli onorari con la rivalutazione monetaria per ottenere un adeguamento a 76,32 per la prima vacazione e 42,37 per le successive; cioè circa 20 euro l'ora lorde. E saremmo ancora al minimo del decoro!

Inoltre, bisognerebbe inserire requisiti formativi certi per accedere all'albo in modo da garantire solo l'ammissione di persone preparate con elevate competenze linguistiche, giuridiche e di tecniche traduttiva o, in alternativa, consentire solo l'accesso ai soggetti iscritti in un'Associazione di categoria (che opera a monte tale vaglio).

Cosa propone Aniti?

Le proposte di Aniti riguardo agli Interpreti e Traduttori di Tribunale vertono su vari profili tutti afferenti a 3 pilastri fondamentali: denominazione, formazione, retribuzione.

Denominazione, nel senso di modificare la denominazione attuale, troppo lunga e confusionaria, in Mediatori linguistici di Giustizia (in quanto questa figura viene attualmente chiamata nei modi più disparati).

Formazione, nel senso di possedere una formazione linguistica e giuridica di livello superiore alla stregua dei requisiti richiesti dalle associazioni di categoria. Di pari passo anche la competenza, stabilendo l'obbligatorietà di iscrizione all'Albo dei Traduttori del Tribunaleprecisando i requisiti di formazione ed esperienza atti a garantire competenza e qualità.

E infine, retribuzione, aggiornando le tariffe alla data attuale applicando l'adeguamento Istat, ma ancora meglio modificando il sistema in maniera più logica.

Come andrebbe riformata nello specifico la retribuzione di interpreti e traduttori?

Seguendo le seguenti linee guida:

- Tariffa oraria congrua: la vacazione deve essere abolita e sostituita con l'unità oraria, ma adeguando la tariffa ai compensi medi di mercato, tenuto conto della natura pubblicistica dell'incarico, e fissandola a 40,00 €/ora per le sole prestazioni retribuibili a tempo (rogatorie ecc…) e non altrimenti quantificabili.

- Tariffa per tipo di servizio svolto: per i servizi normalmente richiesti a questi professionisti (udienze, interrogatori, traduzioni scritte ecc..) è, invece, possibile individuare a priori le tariffe degli interpreti e traduttori, Ctu che devono essere valutate su base di tabelle, e prevedere l'aggiornamento automatico di pari passo con l'aggiornamento di tariffe predisposte dalle associazioni di categoria.

- Raddoppio per urgenza: ripristinare la possibilità di concedere il raddoppio per urgenza

- Flessibilità e certezza del compenso: le tabelle devono contenere importi minimi e massimi, in modo da consentire una certa flessibilità commisurata alla difficoltà dell'incarico e al tempo necessario. Ciò garantirebbe il professionista da "sgradite sorprese" essendo garantito almeno il compenso minimo e sanerebbe, almeno parzialmente, l'iniqua facoltà di veder deciso a posteriori il suo compenso (facoltà riservata al giudice che può operare tagli sulle liquidazioni) su criteri del tutto soggettivi o di circostanza.

- Rimborso spese: rimborso di tutte le spese sempre sostenute e mai rimborsate

- Diritto di chiamata: garantire il compenso del professionista che si è presentato su richiesta dell'Autorità giudiziaria, anche quando emerge che il servizio non è più necessario (es. quando un testimone straniero non compare in udienza)

- Celerità nei pagamenti: garantire il completamento dell'iter di liquidazione in un tempo massimo di 60 giorni, snellendo le procedure e ponendo termini di legge (attualmente in alcuni Tribunali d'Italia passano 3 anni dall'incarico prima di vedersi accreditare i propri compensi).

- Anticipazione a carico dell'Erario: il rapporto economico deve essere regolato direttamente tra il Ctu e l'amministrazione della Giustizia, la quale dovrà materialmente liquidare le spettanze al professionista. Ciò significa che, a garanzia di un sicuro incasso del corrispettivo, l'onere va sempre posto con anticipazione a carico dell'Erario, anche nelle cause civili.

Quali iniziative ha attuato Aniti sinora?

Aniti, finora ha partecipato e promosso diversi tavoli tecnici di lavoro, anche con altre associazioni, miranti ad ottenere un documento unico e condiviso per riformare la materia. Senza contare la frequenza di partecipazione a convegni, seminari, corsi di formazione, sia come osservatore che come relatore, al fine di diffondere la conoscenza reale della "professione traduttore" in campo giuridico. L'associazione ha inviato a diversi politici proposte di riforma della materia che però sono state recepite in maniera del tutto parziale come si evince dai 3 recenti decreti legislativi sopra citati; è, in procinto, di attivare ulteriori iniziative ed in qualità di associazione iscritta al MISE resta a disposizione del Ministero di Giustizia per sedersi a un tavolo tecnico finalizzato ad una riforma organica e adeguata della materia.


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