Per la Cassazione essendo la TIA2 un corrispettivo, sarà dovuta l'Imposta sul Valore Aggiunto

di Lucia Izzo - A differenza delle imposte precedenti, la Tariffa Integrata Ambientale di cui all'art. 238 del d.lgs. 152/2006 (c.d TIA2) deve ritenersi avere natura privatistica, ovvero di corrispettivo e non di tributo. Pertanto, questa sarà assoggettabile a IVA.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell'ordinanza n. 16332/2018 (qui sotto allegata) mettendo un punto a una vicenda che aveva visto un contribuente contro un'azienda di rifiuti di Venezia. La pronuncia, tuttavia, è destinata ad avere rilevanti conseguenze non solo nei confronti degli oltre trecento Comuni in cui la TIA2 è stata applicata, ma anche su scala nazionale.


La prima versione, la c.d. TIA1, introdotta nel 1997, era stata espressamente ritenuta dalla Corte Costituzionale (sent. n. 238/2009) un tributo e non una tariffa, ciò comportando, dunque, che l'IVA fosse illegittima non potendosi applicare un'imposta su una tassa.


Diverso, secondo i giudici di legittimità, il discorso riferibile alla TIA2 applicata dal 2006, che rappresenterebbe una tariffa vera e propria, nonostante chiunque produca rifiuti nei Comuni dov'è applicata debba obbligatoriamente pagarla per legge.

La TIA2 è un corrispettivo: applicabile l'IVA

È la legge, infatti, a qualificare espressamente come corrispettivo la "Tariffa Integrata Ambientale" (c.d. TIA2): questa, in particolare, è dovuta da "chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani".

Essa costituisce "il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani"(art. 238, comma 1, d.lgs. 152/2006); la stessa, inoltre, viene "commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri (...) che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali".

La natura "privatistica" della TIA2, e dunque la sua portata innovativa e ontologicamente diversa rispetto alla precedente TIA1, già desumibile dal tenore della norma istitutiva, è stata poi definitivamente confermata dall'art. 14, comma 33, del d.l. 78/2010, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, il quale ha previsto che "le disposizioni di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tan a, sorte successivamente alla data di entrata in vigore de/presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria".

I giudici concludono, dunque, affermando il principio di diritto secondo cui: "La tariffa di cui all'art. 238 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ("Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani", poi denominata "Tariffa Integrata Ambientale" - c. d. T142 -) come interpretata dall'art. 14, comma 33, del d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla L n. 122 del 2010, ha natura privatistica, ed è pertanto soggetta ad IVA ai sensi degli artt. 1, 3, 4, co. II e III del d.p.r. 63311972".

Ne deriva che, ove tale Tariffa sia stata in concreto adottata dal Comune, esercitando la facoltà concessagli, a decorrere dal 30/6/2010, dall'art. 5, comma 2-quater, del d.l. n. 208/2008, sarà legittima l'imposizione e riscossione dell'IVA sulle relative fatture.

Cass., III civ., ord. n. 16332/2018

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