Per la Consulta, i giudici non sono tenuti ad adottare la regola Taricco sul calcolo della prescrizione per i reati Iva, a loro si applicano gli artt. 160 e 161 c.p.

di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 115/2018 della Corte Costituzionale (sotto allegata) si mette fine una volte per tutte alla nota vicenda Taricco. Le regole sancite da questa sentenza in materia di prescrizione non sono applicabili ai reati Iva, perché contrastano con il principio di determinatezza penale sancito dal nostro ordinamento. Non spetta ai giudici, soggetti solo alla legge, compiere valutazioni di politica criminale, ma al legislatore.

Con questa sentenza a vincere su tutti è il principio di legalità.


Cos'è la vicenda Taricco

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Del caso Taricco si sono occupate la Corte di Giustizia UE, la Corte d'Appello di Milano, la Cassazione e la Consulta, che con la sentenza n. 115/2018, depositata il 30 maggio 2018, chiarisce definitivamente la relazione esistente tra la prescrizione degli illeciti penali disciplinata dal nostro ordinamento e i reati di frode di rilevanza comunitaria. Ripercorriamo le tappe che hanno condotto alla decisione della Consulta.

La pronuncia della Corte di Giustizia UE

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La prima sentenza sulla vicenda Taricco della Corte di Giustizia UE risale all'8/09/2015. In essa si sancisce che:

  • il giudice italiano è tenuto a disapplicare:

- l'art. 160, comma 3 c.p "La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno della interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati oltre i termini di cui all'articolo 161, secondo comma, fatta eccezione per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale 5."

- e l'art. 161, comma 2, c.p: "Salvo che si proceda per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare l'aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, della metà per i reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter, 319- quater, 320, 321, 322-bis, limitatamente ai delitti richiamati dal presente comma, e 640-bis, nonché nei casi di cui all'articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all'articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105 23"

  • e conseguentemente a non dichiarare prescritti i reati di frode in danno dell'Unione europea. Egli deve procedere nel giudizio penale quando:

1) secondo la regola ricavata dall'art. 325, paragrafo 1 del TFUE, applicando le disposizioni che sanciscono la prescrizione dei reati, si impedisce d'infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di gravi casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell'Unione;

2) secondo il principio di assimilazione ricavabile dall'art. 325, paragrafo 2, TFUE il termine di prescrizione, applicando gli artt. 160 e 161 c.p, risulta più breve di quello stabilito dalla legge nazionale per casi analoghi di frode in danno dello Stato.

Cassazione e Corte d'Appello di Milano

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Queste due Corti italiane sollevano questione di costituzionalità alla Consulta, poiché le regole enunciate dalla sentenza Taricco sono in contrasto:

  • con gli articoli 3, 11, 24, 25, comma 2, 27, comma 3, e 101, comma 2 della Costituzione
  • e, in relazione a due cause pendenti, ritengono costituzionalmente illegittimo l'art. 2 della legge n. 130 del 2/08/2008 (ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona), nella parte in cui, imponendo di applicare l'art. 325 TFUE come interpretato dalla pronuncia Taricco, comporta l'inapplicabilità degli artt. 160 comma 3 e 161 comma 2 c.p.ai reati IVA che costituiscono frode in danno degli interessi finanziari dell'Unione.

La Cassazione, dopo aver precisato che la prescrizione prevista dal nostro ordinamento è un istituto di diritto penale sostanziale, ritiene che l'applicazione dei principi sanciti dalla sentenza Taricco violano:

  • l'art. 25, comma 2 della Costituzione per i profili della riserva di legge in materia penale. La disciplina della prescrizione cesserebbe infatti di essere legale a causa della indeterminatezza creata dalla genericità dei concetti di "grave frode" e "numero considerevole di casi", sanciti dalla regola Taricco;
  • il divieto di retroattività, visto che i fatti addebitati agli imputati sono anteriori all'8/09/2015 (data di pubblicazione della sentenza Taricco);
  • l'art. 101, comma 2 Costituzione, poiché secondo quanto previsto dalla pronuncia Taricco al Giudice spetterebbe una "valutazione politico-criminale", di competenza del legislatore.

Nuova decisione della Corte di Giustizia UE

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Sulle questioni sollevate dalla Cassazione e dalla Corte d'Appello di Milano la Consulta non decide e dispone un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE chiedendo d'interpretare l'art. 325 TFUE e la sentenza Taricco.

La Corte Costituzionale ritiene che l'applicazione della "regola Taricco" nel nostro ordinamento violi gli artt. 25, comma 2 (principio d'irretroattività penale) e 101, comma 2 (giudice soggetto alla legge) della Costituzione. Dalla sentenza Taricco emerge infatti che l'applicazione di questo principio non è consentita se si pone in contrasto con l'ordinamento costituzionale di uno Stato membro. Poiché in riferimento all'ordinamento italiano si ritiene che essa violi il principio di legalità penale, la Consulta chiede conferma alla Corte di Giustizia UE.

Il 5/12/ 2017, la Corte di Giustizia, riconosce che l'obbligo per il giudice nazionale di disapplicare, in base alla"regola Taricco", la disciplina penale interna in materia di prescrizione, viene meno se determina la violazione del principio di legalità dei reati e delle pene, per l'insufficiente determinatezza della legge applicabile o dell'applicazione retroattiva di una normativa che prevede un regime di punibilità più severo rispetto a quello vigente al tempo della commissione del reato.

Per cui la "regola Taricco", in virtù del diritto dell'Unione Europea, è inapplicabile ai fatti commessi prima della pubblicazione della sentenza che l'ha sancita, ossia l'8/09/2015. I giudici nazionali sono tenuti inoltre a verificare la compatibilità della "regola Taricco" con il principio di determinatezza penale, in quanto principio dell'ordine costituzionale italiano e del diritto europeo (art. 49 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea).

Consulta: la "regola Taricco" viola il principio di determinatezza

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Alla luce dei chiarimenti offerti dalla Corte di Giustizia UE la Consulta ritiene infondate le questioni sollevate dalla Cassazione e dalla Corte d'Appello di Milano. La "regola Taricco" infatti non è applicabile in quei giudizi, perché in tutti e due i casi i fatti si erano verificati prima dell'8/09/2015, data di pubblicazione della sentenza Taricco.

In ogni caso la Corte Costituzionale ritiene inapplicabile la regola Taricco, indipendentemente dalla data di commissione dei fatti, perché contrasta con il principio di determinatezza penale sancito dall'art. 25 Costituzione, comma 2.

Ora, poiché la prescrizione prevede che, decorso un determinato periodo di tempo, la punibilità della persona perda di significato e che nell'ordinamento giuridico italiano essa rientri nel principio di legalità penale sostanziale art. 25,comma 2 Costituzione, l'indeterminatezza dell'art. 325 TFUE è in evidente contrasto con questi principi. Il Giudice non trova nella legge alcun appiglio per conferire la necessaria determinatezza ai termini "numero considerevole di casi" e "grave frode". Non si può inoltre pretendere che sia il giudice a compiere questa operazione interpretativa, poiché violerebbe il principio sancito dall'art. 101, comma 2 Costituzione secondo cui "I giudici sono soggetti solo alla legge". Solo la Corte di Giustizia UE può interpretare in modo uniforme il diritto dell'Unione e precisare in quali casi ha un'efficacia diretta negli ordinamenti degli stati membri.

Per tutte le ragioni sovra esposte la Consulta così conclude "i giudici non sono tenuti ad applicare la regola Taricco sul calcolo della prescrizione, stabilita dalla Corte di giustizia UE con la sentenza dell'8 settembre 2015 per i reati in materia di Iva. Pertanto, anche per questi reati, rimangono applicabili gli artt. 160, ultimo comma, e 161 del codice penale".

Corte Costituzionale sentenza n. 115-2018

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