I Regolamenti europei, la prassi commerciale e l'evoluzione interpretativa tra Corte di Giustizia e Corti nazionali
Avv. Francesco Morittu - La competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale nelle controversie tra soggetti domiciliati in uno o più Paesi dell'Unione Europea è attualmente disciplinata dal Regolamento UE n. 1215/2012 del 12.12.2012, i cui artt. 4 e 7 sostanzialmente riproducono gli artt. 3 e 5 del previgente Regolamento CE 44/2001 applicabile alle controversie insorte prima del 10.01.2015.

In particolare, l'art. 4, n. 1, stabilisce il Foro generale, prevedendo che le persone devono essere convenute davanti alle Autorità giurisdizionali dello Stato membro ove sono domiciliate.

Le eccezioni a tale disposizione sono elencate nel successivo art. 7 e, ai fini che ci interessano, in particolare al n. 1) di questo articolo, che riporta: "Una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro: a) in materia contrattuale, davanti all'autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio; b) ai fini dell'applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio è: - nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in

uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto

(…).

Foro competente e clausole di commercio internazionale Incoterms

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Orbene, ritenuto pacifico dagli interpreti che l'espressione "salvo diversa convenzione" indica che i contraenti possono convenire il luogo di esecuzione dell'obbligazione ai fini dell'applicazione della disposizione regolamentare, i Giudici - sia nazionali (di merito e di legittimità) che comunitari (Corte di Giustizia) - sono stati chiamati a chiarire se tale convenzione possa essere integrata - anche in via interpretativa - con l'utilizzazione sempre più estesa delle clausole del commercio internazionale (Incoterms) anche ai fini della predeterminazione del Foro competente a decidere

eventuali controversie.

La questione non è di poco conto, attesi i principii ispiratori tanto della normativa comunitaria in tema di vendita internazionale di beni mobili, quanto della stessa costante giurisprudenza in materia (prossimità, prevedibilità, ottimizzazione del processo).

Infatti con l'emanazione del Regolamento CE 44/2001 e la conseguente evoluzione giurisprudenziale si è superato il c.d. principio della lex causae e si è unificato il concetto di luogo di esecuzione ai fini della competenza giurisdizionale: si è assegnata massima rilevanza alla obbligazione principale, caratterizzante il rapporto, e sulla base di questa si è proceduto a determinare il luogo di esecuzione e, conseguentemente, il Foro competente a conoscere delle controversie su tutte le obbligazioni nascenti da quel contratto ("Il legislatore comunitario ha inteso centralizzare la competenza giurisdizionale nel luogo di adempimento per le controversie relative a tutte le obbligazioni contrattuali e determinare una competenza giurisdizionale unica per tutte le domande fondate sul contratto": Corte di Giustizia, IV Sezione, 03.05.2007, C. 386/05 e, nello stesso senso, Corte di Giustizia, IV Sezione, 25.02.2010, C. 381/08; in Italia, Cass. Civ., Sez. Un., 05.10.2009, n. 21191, che pone termine a precedenti difformi orientamenti).

Dunque, la possibilità di determinare convenzionalmente il luogo di esecuzione del contratto porta a conseguenze di assoluto rilievo nei rapporti tra le parti, soprattutto nel caso, non remoto, di situazioni patologiche.

Cosa sono gli Incoterms

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Pare utile, preliminarmente, affrontare brevemente la definizione degli Incoterms.

Gli Incoterms - International Commercial Terms - sono il risultato della schematizzazione e codificazione elaborate e periodicamente revisionate (l'ultima versione è quella del 2010, la prossima sarà nel 2020) dalla Camera di Commercio Internazionale (ICC) delle clausole contrattuali normalmente utilizzate nella pratica commerciale transfrontaliera e volte a regolare tra le parti di un contratto di compravendita la distribuzione dei rischi e dei costi legati alla consegna delle merci.

Giova sottolineare che non si tratta di leggi o atti equiparabili: essi consistono in convenzioni, liberamente adottate dalle parti contrattuali - a volte anche unilateralmente - ed inserite nei documenti relativi al contratto (sia in fase di formazione della volontà contrattuale, sia nella fase esecutiva). La loro funzione principale è quella di determinare in maniera univoca il momento in cui avviene la consegna del bene e, conseguentemente, il passaggio di rischi, obbligazioni e oneri da una parte ad un'altra, influendo in tal modo anche sul prezzo finale della transazione.

Gli Incoterms si dividono fondamentalmente in 4 gruppi, identificati dalla prima lettera dell'acronimo: E (EXW: il venditore consegna la merce nella propria sede), F (FCA, FAS, FOB: il venditore cura la consegna della merce in una data destinazione ma non paga il trasporto principale), C (CFR, CIF, CPT, CIP: il venditore assume il costo del trasporto principale ma il rischio passa all'acquirente al momento della consegna al primo spedizioniere), D (DAT, DAP,

DDT: il venditore assume su di sé ogni onere e rischio del trasporto fino a destino).

Ci si chiede dunque se - vista la possibilità di determinare un foro speciale, c.d. contrattuale, e attesa del pari la funzione dei termini di resa Incoterms di identificare con precisione il luogo e il tempo della consegna - l'introduzione in un contratto di compravendita di un termine Incoterms comporti anche ed automaticamente la competenza giurisdizionale del Giudice dello Stato membro identificato dal medesimo termine di resa (esemplificando, una clausola "EXW Milano Incoterms 2010" determinerà la competenza del Tribunale di Milano a decidere delle controversie che

sorgeranno da quel contratto, in assenza di altre clausole di giurisdizione?).

La risposta a siffatto quesito è strettamente connessa, all'utilizzo più o meno corretto che di dette clausole le parti fanno nel contratto stipulato.

L'evoluzione giurisprudenziale

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La disamina, di taglio pratico non già storiografico, prende le mosse dal 2011, allorché il Giudice comunitario, dopo anni di orientamenti contrastanti, stabilisce il principio per il quale gli Incoterms possono integrare una pattuizione volta a determinare il luogo di consegna delle merci anche ai fini della determinazione del Giudice competente nelle controversie in materia di vendita internazionale (in ambito europeo, ovviamente) di beni mobili.

La giurisprudenza comunitaria

"Al fine di verificare se il luogo di consegna sia determinato - si legge nella sentenza della Corte di giustizia, III sezione, C. 87/10 del 9.6.2011 - il giudice nazionale adito deve tenere conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti di tale contratto che siano idonei a identificare con chiarezza tale luogo, ivi compresi i termini e le clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale, quali gli Incoterms (<>), elaborati dalla Camera di commercio internazionale".

Il Giudice europeo fonda tale convincimento dall'esame del Regolamento CE 44/2001 ed, in particolare, dell'art. 23 il

quale consente l'inserimento di una clausola attributiva di competenza "in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato". Ciò rilevato, aggiunge ed osserva la Corte che "Gli Incoterms (…) sono caratterizzati da un riconoscimento e da un impiego nella pratica particolarmente ampi". Infine, il Giudice eurounitario precisa un principio che rimarrà - come vedremo infra - punto saldo in ogni successivo dictum: "(...) può risultare necessario esaminare se si tratti di pattuizioni che fissano unicamente le condizioni relative alla ripartizione dei rischi legati al trasporto dei beni o alla ripartizione dei costi tra le parti contraenti oppure se esse indichino anche il luogo di consegna dei beni".

In ordine alla determinazione del luogo di consegna, ai fini della determinazione del luogo di esecuzione dell'obbligazione caratterizzante il contratto di vendita internazionale di beni mobili, si deve ricordare che, in mancanza di una espressa convenzione tra le parti, l'interprete - nella recente e costante giurisprudenza comunitaria - nel dare contenuto alla locuzione "in base al contratto" è chiamato a dare rilievo non già ad elementi di natura strettamente giuridica, ma bensì ad utilizzare un criterio fattuale o economico: il luogo di consegna "è quello della consegna materiale dei beni mediante la quale l'acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente di tali beni alla destinazione finale dell'operazione di vendita" (Corte di Giustizia, IV Sezione, 25.02.2010, C. 381/08). Tale criterio, secondo la Corte, oltre a soddisfare i principi di prevedibilità e prossimità (id est maggiore collegamento tra l'obbligazione contrattuale e il Giudice competente territorialmente), è conforme alla finalità fondamentale dello stesso contratto di compravendita, ossia il trasferimento (recte: della disponibilità) dei beni dal venditore all'acquirente finale.

La giurisprudenza italiana di merito

Va riferito, in primo luogo, che il descritto criterio fattuale o economico o materiale della effettiva consegna dei beni compravenduti all'acquirente finale è stato definitivamente introdotto nella giurisprudenza nazionale dalla Suprema

Corte nel 2009, allorché, innovando rispetto ai precedenti orientamenti, ha affermato che "L'identificazione del <> in ipotesi di merci da trasportare va compiuta, pertanto, sulla scorta del medesimo criterio (economico) unificante del luogo <> di destinazione delle merci (...)" (Cass. Civ., Sez. Un., 05.10.2009, n. 21191).

Orbene, proprio ancorando il proprio ragionamento a tale criterio fattuale, forse con un eccesso di pragmatismo ad avviso di chi scrive, alcune Corti di merito hanno in un primo tempo ritenuto di escludere la rilevanza delle clausole Incoterms ai fini della determinazione del luogo di consegna e della conseguente determinazione e/o scelta del Foro contrattuale, essendo dette clausole idonee esclusivamente a regolamentare la ripartizione di costi e rischi tra il venditore e il compratore, operando cioè ad un livello diverso, giuridico, laddove l'interpretazione del contratto in ordine al luogo di consegna richiederebbe, come visto, un approccio di carattere economico: "La clausola ex

works pone una regola giuridica di disciplina delle obbligazioni delle parti (…). Pertanto, la clausola in esame dà contenuto all'accezione giuridica del luogo di consegna, mentre non è idonea ad incidere sulla nozione fattuale, che coincide immutabilmente con il luogo di destinazione finale della merce, a prescindere dal luogo in cui il vettore incaricato la prenda in consegna" (Tribunale di Novara, 06.06.2011, n. 464; nello stesso senso: Tribunale di Milano, 21.01.2013, n. 73).

L'indirizzo è nel tempo tuttavia mutato, essendosi anche le Corti inferiori adeguate all'indirizzo meno restrittivo prevalente in ambito comunitario e nella giurisprudenza della S.C., con l'affermazione della rilevanza della chiara volontà delle parti volta a dare rilevanza, ai fini che ci occupano, alla clausola Incoterms inserita in contratto: "(...) non vi è dubbio che, qualora, all'esito di una attenta indagine, si possa affermare che una clausola Incoterm è stata concordata tra le parti in modo chiaro, ne conseguirà la rilevanza di essa anche come criterio di eventuale collegamento in ordine alla giurisdizione da applicare, secondo i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia Europea" (Tribunale di Piacenza, 14.05.2013 e, precedente conforme, Tribunale di Padova, 03.05.2012).

La giurisprudenza della Cassazione

L'orientamento adottato e seguito dal nostro Giudice di legittimità negli ultimi anni segue fondamentalmente il solco tracciato nelle sentenze 21121/2009 e 6640/2012 con particolare riferimento alla determinazione del luogo di esecuzione della prestazione caratteristica secondo un criterio economico e alla portata del sintagma "salvo diversa convenzione" contenuto nel Regolamento. I Giudici di Piazza Cavour, seguendo tale traccia e nell'intento di semplificare e uniformare i criteri per l'individuazione del Giudice nazionale munito di potestas decidendi, hanno avuto modo di precisare che "la determinazione contrattuale del luogo di consegna per prevalere sul criterio del luogo di esecuzione della prestazione di consegna (…) deve essere chiara ed esplicita, intendendosi così dire che deve nitidamente risultare dal contratto" (Cass. Civ., Sez. Un., 14.11.2014, n. 24279 (nello stesso senso: Cass. Civ., Sez. Un., 21.01.2014, n. 1134 e Cass. Civ., Sez. Un., 19.06.2014, n. 13941): insomma, non discostandosi dalla strada tracciata nel 2009 sull'interpretazione del contratto e in conformità con la più evoluta giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza "Electrosteel"), la S.C. ha ammesso la rilevanza delle clausole Incoterms ai fini della determinazione del luogo di esecuzione del contratto e, dunque, della identificazione del Giudice competente a decidere la controversia, purché tali clausole, lungi dall'essere unilateralmente predisposte ed inserite (addirittura ex post) da una sola parte contrattuale, risultino essere state oggetto di specifica pattuizione.

Diversamente, non si potrà attribuire loro altro valore che quello per le quali sono state codificate, ossia quello di disciplinare unicamente la distribuzione di costi e rischi legati alla consegna della merce.

Successivamente la Corte ha meglio precisato, stabilendo che "Non si tratta qui di non dare importanza alle clausole specificamente invocate dall'odierna ricorrente, quale i riferimenti agli Incoterms (…). Si tratta, piuttosto, di inquadrare tali pretese clausole nella ricostruzione della vicenda negoziale (…) per valuta come esse restino irrilevanti in mancanza di una espressa e soprattutto congiunta volontà espressa da entrambe le parti, di modificazione del luogo di consegna materiale dei beni compravenduti" (Cass. Civ., Sez. Un., 31.05.2016, n. 11381).

Insomma, non vi è dubbio che anche la nostra S.C. abbia preso atto della rilevanza e del costante utilizzo nella prassi commerciale delle clausole Incoterms codificate dalla Camera di Commercio Internazionale.

È infatti pacifico che le parti, attraverso l'utilizzo di tali clausole, hanno la possibilità di agire determinare un diverso luogo di esecuzione e, di conseguenza, di predeterminare la competenza giurisdizionale in caso di controversia su ognuna delle obbligazioni scaturenti dal contratto medesimo (per il principio della concentrazione della giurisdizione).

Occorre tuttavia che dette clausole siano in primo luogo oggetto di un incontro di volontà delle parti in tal senso: ossia, deve risultare inequivocabilmente dal contratto che le parti hanno inteso congiuntamente modificare il luogo di esecuzione del contratto e non soltanto la distribuzione dei costi e dei rischi derivanti dalla consegna (si noti, peraltro, che la Corte ha rilevato che dovendo tali clausole rivestire la forma scritta ad substantiam, ai sensi dell'art. 23 del Regolamento europeo, sarà del tutto inammissibile ogni diversa pattuizione e prova della stessa: Cass. Civ., Sez. Un.,

10.02.2017, n. 3559 e Cass. Civ., Sez. Un., 18.10.2012, n. 17845; sull'inammissibilità della prova orale: Cass. Civ., Sez. Un., 14.11.2014, n. 24279); in secondo luogo solo il corretto utilizzo delle clausole Incoterms (ossia secondo le precise e stringenti indicazioni fornite dalla Camera di Commercio Internazionale) consentirà loro di ottenere i requisiti di chiarezza e univocità che soli possono elevarle al rango di canoni di interpretazione del contratto. Del tutto inutili, dunque, saranno tali clausole se apposte con formule non rispondenti alle regole della Camera di Commercio Internazionale e soprattutto se inserite in documenti non riferibili alla formazione della volontà ma in documenti attinenti alla mera esecuzione dell'accordo negoziale (fatture, bolle, ecc.: Cass. Civ., Sez. Un., 31.05.2016, n. 11381).

Avv. Francesco Morittu

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