Per la S.C., non è automaticamente inammissibile l'istanza di ammissione al patrocinio gratuito sul rilievo che il reddito indicato pari a zero debba intendersi potenzialmente ingannevole

di Marina Crisafi - Chi dichiara reddito zero non può essere automaticamente escluso dal gratuito patrocinio. Non si può infatti rigettare l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, solo sul rilievo che il reddito indicato pari a zero debba intendersi come potenzialmente ingannevole. Così ha statuito la quarta sezione penale della S.C. con la sentenza n. 10406/2018 (sotto allegata), accogliendo il ricorso di una donna che chiedeva di essere ammessa al patrocinio per i non abbienti.

La vicenda

Nel merito, il tribunale di Pescara rigettava la sua opposizione al decreto di rigetto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, osservando come la dichiarazione di reddito pari a zero, presentata dall'istante dovesse ritenersi di "potenziale inganno, in assenza di indicazioni relative agli inevitabili aiuti ricevuti da terzi per far fronte alle esigenze di vita, anche avuto riguardo agli orientamenti di legittimità, secondo cui la totale assenza di reddito deve considerarsi assolutamente inverosimile".

La donna si rivolge, quindi, al Palazzaccio, denunciando erronea applicazione degli artt. 76 e 79 dpr n. 115/2002 e illogicità della motivazione, giacchè, osserva, "la legge non esclude l'ammissione al beneficio per coloro che siano del tutto privi di redditi, ciò implicando il venir meno delle ragioni giustificanti l'istituto". Sottolinea, inoltre, l'esistenza di meccanismi di accertamento che consentono al giudice di "trasmettere l'istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di finanza per le necessarie verifiche" laddove sorgano dubbi sulla veridicità dell'autodichiarazione.

Gratuito patrocinio con reddito zero

Per gli Ermellini, il ricorso è fondato. Laddove si negasse il diritto a coloro i quali dichiarino di non possedere alcun reddito, sulla base della presunzione dell'inverosimiglianza della dichiarazione medesima, verrebbe meno l'effettività stessa dell'istituto, affermano infatti.

La semplice affermazione dell'assenza totale di reddito non è affatto di per sé un "potenziale inganno" proseguono da piazza Cavour, come ritenuto dal giudice di merito, "trattandosi invece di una situazione, seppure non comune, certamente possibile. Ed anzi, della più grave delle situazioni tutelate dalla normativa che assicura la difesa dei non abbienti".

Inoltre, ai fini dell'ammissibilità al gratuito patrocinio l'autocertificazione dell'istante ha valenza probatoria e il giudice non può entrare nel merito della stessa per valutarne l'attendibilità, "dovendosi limitare alla verifica dei redditi esposti e concedere in base ad essi il beneficio, il quale potrà essere revocato solo a seguito dell'analisi negativa effettuata dall'ufficio finanziario, cui il giudice

deve trasmettere copia dell'istanza con l'autocertificazione e la documentazione allegata".

Per cui, affermano in conclusione i giudici della S.C., "il rigetto dell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio fondata sulla mera affermazione secondo la quale l'autodichiarazione dell'assenza di reddito è di per sé potenziale inganno, viola le disposizioni di cui alla lettera c) dell'art. 79 T.U. Spese di giustizia, anche avuto riguardo all'esercizio dei poteri di accertamento assicurati al giudice dell'ammissione ed a quello di opposizione al rigetto, che implicano una presunzione di impossidenza dell'istante che presenti autocertificazione del reddito, vincibile con l'esercizio dei poteri di accertamento assicurati al giudice dall'art. 79 e dall'art. 96, comma 2^ T.U. spese di giustizia, il cui esercizio è nondimeno, imposto al medesimo ai fini della giustificazione del rigetto".

Da qui l'annullamento del provvedimento impugnato. Parola al giudice del rinvio.

Cassazione, sentenza n. 10406/2018

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