i diversi orientamenti giurisprudenziali e dottrinari. Il discutibile criterio legale di ripartizione per l'ascensore

di Raffaele Vairo - Il condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini.

La definizione non è offerta dal codice civile ma è frutto di una lunga elaborazione giurisprudenziale (cfr. Cass., sez. II, n. 12343/2002; Cass., sez. III, n. 12911/2012).

In dottrina si è discusso a lungo sulla natura giuridica del condominio senza arrivare, però, a una definizione condivisa, ma è stato sempre escluso che si tratta di un ente autonomo rispetto ai singoli condomini.

L'edificio condominiale è costituito da più unità immobiliari (appartamenti, negozi ecc.), disposte ciascuna su un piano o porzione di piano, i cui proprietari hanno la comproprietà di parti e servizi comuni. Si tratta, dunque, di una forma particolare di comunione, in quanto più soggetti sono titolari di diritti, oltre che sulla propria unità immobiliare, sui beni e sui servizi comuni.

Disciplina giuridica del condominio

La disciplina giuridica del condominio è contenuta nel libro terzo, titolo settimo, capo secondo del codice civile (artt. 1117-1139). Da aggiungere che l'art. 1139 rinvia alla disciplina della comunione in generale per quanto non previsto dal capo secondo. Conseguentemente possono verificarsi sovrapposizioni di norme concernenti la proprietà esclusiva con le norme della comunione condominiale. La corretta osservanza delle norme del codice civile in materia può evitare inutili controversie in ordine all'esercizio dei diritti dei singoli condomini sulle parti comuni.

Tra le norme che disciplinano la materia condominiale vi è quella che riguarda il dovere di contribuire nelle spese occorrenti per la conservazione e per il godimento delle parti comuni. Il codice civile se ne occupa negli articoli 1123, 1124, 1125.

L'art. 1117 c.c. contiene l'elenco delle parti comuni dell'edificio condominiale configurando l'esistenza di una situazione di contitolarità necessaria del diritto di proprietà sulle parti comuni dell'edificio. Per una corretta interpretazione della norma occorre distinguere le parti dell'edificio che siano necessarie all'esistenza stessa del condominio

(suolo, fondazione, muri maestri, lastrici solari) rispetto a quelle destinate, in modo permanente, all'uso e al godimento comune (Cass. civile n. 4931/1981). Quanto alle parti e ai servizi destinati a servire, in modo permanente, all'uso e al godimento comune, è necessario precisare che la presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. viene meno allorché si tratti di un bene o di un servizio dotato di propria autonomia ed indipendenza e pertanto non legato da una destinazione di servizio rispetto all'intero edificio condominiale. Tale presunzione, che è iuris tantum, può essere vinta dal titolo contrario, con ciò intendendosi non solo l'ipotesi in cui il titolo convenzionale che dà luogo alla nascita del condominio includa, espressamente od implicitamente, un dato bene nell'ambito della proprietà esclusiva di uno dei condomini, ma anche l'ipotesi in cui, all'atto del frazionamento dell'edificio, un dato bene, sia pur rientrante nell'ambito di quelli elencati nell'art. 1117 c.c., abbia una sua specifica destinazione a servizio di un gruppo di unità immobiliari.

Criterio generale di ripartizione delle spese condominiali.

L'art. 1123 c.c. detta le norme generali:

[1] Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.

[2] Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne.

[3] Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.

Dunque, la regola fondamentale è l'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione e il godimento delle parti comuni in misura proporzionale al valore della proprietà. In effetti, l'art. 68, comma 1, disp. att. c.c. richiede che il valore di ciascuna proprietà esclusiva sia espresso in millesimi che, normalmente, sono indicati in un'apposita tabella annessa al regolamento condominiale.

Regolamento condominiale

Di norma il regolamento è predisposto dall'unico originario proprietario dell'edificio e viene poi richiamato negli atti di acquisto delle singole unità immobiliari, formando parte integrante degli stessi atti. Si tratta, in tale caso, del regolamento contrattuale le cui norme sono vincolanti per tutti i condomini e possono prevedere limitazioni anche per l'esercizio dei diritti relativi alla proprietà esclusiva. Le limitazioni sono legittime, in quanto accettate dai singoli proprietari e loro aventi causa.

In mancanza del regolamento contrattuale può essere formato un regolamento assembleare, la cui approvazione è obbligatoria (art. 1138 cc) quando il numero dei condomini è superiore a dieci. Il regolamento, che deve essere approvato con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio, deve contenere le norme circa l'uso delle cose comuni e i criteri di ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione. Precisato, dunque, che le spese condominiali vanno ripartite tra tutti i condomini in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, resta da individuare le parti e i servizi comuni.

Parti comuni dell'edificio

L'elenco delle parti e dei servizi comuni ci viene offerto dall'art. 1117 c.c.

Art. 1117 c.c. (Parti comuni dell'edificio):

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:

  • tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;

  • le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune;

  • le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

Art. 1117-bis. Ambito di applicabilità:

Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117.

Presunzione di condominio

Ad evitare che sorgano inutili e defatiganti controversie tra i condomini, è necessario dare una corretta interpretazione alla presunzione di parti comuni, così come ci è stato insegnato dalla Suprema Corte che ha più volte ribadito:

1) nel caso di parti astrattamente comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c. destinate per le loro caratteristiche a servire tutte le unità immobiliari presenti nel condominio, la condominialità può essere esclusa solo in base a titolo contrario;

2) nel caso di parti rientranti tra quelle elencate all'art. 1117 c.c., ma funzionalmente destinate a servire solo alcune unità immobiliari, la condominialità non è mai sorta e quindi va esclusa senza bisogno di titolo contrario (cfr. Cass. civile n. 822/2014; Cass. civile n. 17993/2010; Cass. civile n. 27145 n. 27145/2007).

Per il tribunale di Salerno, "sussistendo una presunzione di condominialità dell'ascensore, le spese di manutenzione dello stesso, sia ordinarie che straordinarie, e dovendo perciò essere ripartite tra tutti i condomini con il criterio della proporzionalità dettato dagli artt. 1123 e 1124 c.c., a nulla vale la considerazione che i proprietari dei locali al piano terra non ne usufruiscano in concreto" (Trib. Salerno I^ sezione 3.11.2009).

La massima citata rientra nel novero di quella giurisprudenza che attribuisce valore di presunzione assoluta alla norma di cui all'art. 1117 c.c. Conseguentemente si ritiene che l'ascensore, espressamente previsto tra le parti comuni dell'edificio ex art. 1117, terzo comma, c.c., sia destinato, per la sua funzione, al servizio di tutti i condomini, compresi i proprietari di unità immobiliari site al piano terra o al piano rialzato non servito dall'ascensore o, addirittura, dei negozi con ingresso autonomo non collegato con l'androne condominiale.

Questo orientamento giurisprudenziale si fonda su un'interpretazione letterale della norma enunciata nell'art. 1117 citato e poggia sulle seguenti considerazioni:

a) l'impianto di ascensore conferirebbe un maggior valore e un maggior prestigio all'intero edificio;

b) l'ascensore servirebbe anche per la manutenzione delle parti comuni (ad esempio il tetto) (cfr. Corte d'Appello Torino n. 805/2000).

Non si tratta di decisioni isolate.

Una recente sentenza della Suprema Corte (Cass. civile n. 14697/2015) ha considerata invalida la deliberazione dell'assemblea di condominio avente ad oggetto un intervento di sostituzione dell'ascensore, in quanto alla riunione erano stati convocati solo i proprietari degli appartamenti situati dal primo all'ultimo piano dell'edificio, considerati unici destinatari del servizio, con esclusione, quindi, dei proprietari delle unità immobiliari del piano terra, del piano ammezzato e dei negozi .Gli ermellini evidenziavano che l'ascensore, elencato nell'art. 1117 c.c., è da considerare, in assenza di un titolo contrario, parte comune all'intero edificio condominiale.

Alcuni commentatori, peraltro esperti in materia condominiale, hanno condiviso le argomentazioni della Cassazione sul rilievo che "I criteri di riparto delle spese, dettati dal codice civile, sono suscettibili di deroga con atto negoziale, e, quindi, anche con il regolamento condominiale che abbia natura contrattuale; ma in assenza di previsioni siffatte, è richiesta la necessaria partecipazione di tutti i condomini alle decisioni che concernono gli interventi di conservazione e restauro dell'ascensore".

Questo indirizzo giurisprudenziale non è condivisibile.

Attribuzioni delle spese e autonomia contrattuale

Atteso che nella specie si tratta di diritti disponibili, non si può negare che una diversa imputazione degli oneri di manutenzione e conservazione dell'ascensore può essere stabilita da un atto negoziale. La questione rientra nel principio dell'autonomia contrattuale, per cui ogni soggetto può liberamente decidere di assumersi anche le spese che non gli competono. La questione sorge quando non risultano atti negoziali in tale senso.

Ebbene, in assenza di una convenzione contrattuale, le spese, ad avviso di chi scrive, vanno ripartite tra i condomini che risultano, di fatto, proprietari dell'ascensore.

"Non è tenuto a contribuire alle spese per i lavori di rifacimento dell'ascensore il condomino proprietario di unità immobiliari adibite a negozi, con accesso diretto ed indipendente esclusivamente dall'esterno" (Tribunale Parma, 10.05.2011, n. 559).

Condominialità delle cose e dei servizi in funzione dell'utilitas

Un certo indirizzo giurisprudenziale, condiviso da alcuni Autori, al fine di dare una soluzione al problema della ripartizione delle spese, ha introdotto un discutibile criterio di distinzione tra spese per la conservazione e spese per il godimento, imputando le prime (spese per la conservazione) all'intero condominio e le seconde (spese per il godimento) ai soli condomini che traggono utilità dal servizio. La distinzione non regge.

Il condominio è una realtà complessa che si presenta come un sistema di scatole cinesi, formato da aree decrescenti, inserite l'una nell'altra in sequenza (nella specie un sistema di piccoli condominii inseriti in un condominio più grande). Infatti, per la particolare struttura dell'edificio, può verificarsi che una parte o un servizio sia comune solo a un'area (condominio parziale1),come avviene per l'ascensore nei condominii a più scale. Non si capisce, quindi, come si possa pretendere, ad esempio, dai proprietari degli appartamenti al piano terra e dei negozi con accesso diretto dalla strada e, perciò, senza collegamento all'androne che conduce alle scale e all'ascensore, la partecipazione alle spese per la conservazione e la manutenzione del servizio. Gli argomenti proposti a sostegno del dovere di contribuire alle spese anche da parte dei proprietari delle unità immobiliari non serviti dall'ascensore sono: a) il maggior pregio che avrebbe il condominio dotato di ascensore; b) la funzione strumentale in ordine alla necessità di accedere al tetto per provvedere a eventuali riparazioni. Argomenti palesemente deboli privi affatto di fondamento, non essendo comprensibile dove sia il maggior pregio per i proprietari dei negozi con accesso diretto dalla strada. D'altra parte, per quanto riguarda le eventuali riparazioni del tetto, sarà l'impresa appaltatrice a predisporre i mezzi per provvedere alla bisogna. Un diverso indirizzo giurisprudenziale ritiene, infatti, che la norma di cui all'art. 1117 c.c.si limita a fissare il suo carattere presuntivo2 (presunzione iuris tantum), precisando che la stessa opera sul piano probatorio e non su quello sostanziale (Cass. civile n. 4931/1981). Pertanto, se in un complesso condominiale esiste una pluralità di servizi, ciascuno dei quali serve, per obiettiva destinazione, in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte soltanto dell'immobile,il medesimo servizio deve considerarsi comune non già alla totalità dei condomini, ma solo a quella parte di essi al cui uso comune è funzionalmente e strutturalmente destinato.

Presunzione di condominialità e destinazione funzionale e strutturale dei servizi condominiali

Ad avviso di chi scrive questo secondo indirizzo risponde meglio alla realtà condominiale che è, oggi, molto complessa. Infatti, può verificarsi, e si verifica di frequente, che alcune parti comuni non riguardino tutti i condomini ma solo alcuni di essi. Ciò può dipendere dalla particolare conformazione e struttura dell'edificio condominiale. Ad esempio un condominio che abbia più ingressi e più scale avrà tra le parti comuni all'intero edificio solo quelle parti e quei servizi che siano necessari all'uso comune di tutti i condomini, indipendentemente dalla scala di appartenenza, come il suolo su cui sorge l'edificio. Mentre, per restare nell'esempio, le scale, i portoni, l'ascensore, il lastrico solare non sempre sono al servizio di tutte le unità immobiliari di proprietà esclusiva. Possono, piuttosto, costituire oggetto della comunione intercorrente tra alcuni condomini con esclusione degli altri. Secondo la Suprema Corte (cfr. Cass. civile n. 10700/2003) "La presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. postula la destinazione delle cose elencate in tale norma al godimento o al servizio del condominio, mentre viene meno allorché si tratti di un bene dotato di propria autonomia ed indipendenza e pertanto non legato ad una destinazione di servizio rispetto all'edificio condominiale, in quanto, non trattandosi di presunzione assoluta, essa rimane vinta dalla destinazione particolare così come da un titolo contrario". Ne consegue che, ove manchi ogni rapporto tra la cosa e l'uso, la stessa non può essere considerata comune. Quindi, la presunzione di condominialità sancita dall'art. 1117 c.c. si basa sulla destinazione permanente di dette parti all'uso e al godimento comune di tutti i condomini. E tanto può agevolmente desumersi dall'attitudine funzionale della cosa e dalla particolare conformazione dell'edificio. Ne segue che la presunzione di condominialità delle cose elencate nell'art. 1117 c.c. può essere vinta, oltre che da un titolo contrario, dalla loro destinazione particolare.

Nel condominio di edifici - in mancanza di una specifica contraria previsione del titolo costitutivo - la destinazione all'uso e al godimento comune, nella quale si sostanzia la presunzione legale di proprietà comune di talune parti dell'edificio in condominio, deve risultare da elementi obiettivi, e cioè dalla attitudine funzionale del bene al servizio dell'edificio, considerato nella sua unità, e al godimento collettivo, prescindendosi dal fatto che il medesimo sia o possa essere utilizzato da tutti i condomini. Per contro quando il bene, per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, serva in modo esclusivo al godimento di una parte dell'edificio in condominio, la quale formi oggetto di un autonomo diritto di proprietà, viene meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini, giacché la destinazione particolare vince la presunzione legale di comunione, alla stessa stregua di un titolo contrario (Cass. civile n. 9644/1987).

Le precisazioni di cui sopra conducono alla conclusione che una cosa non può considerarsi comune all'intero edificio condominiale se predisposta, per le sue caratteristiche strutturali, al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari.

Per convincersene è sufficiente una semplice considerazione: la manutenzione per la conservazione e per il godimento del servizio si rende necessaria per l'uso che se ne fa.

Ratio delle norme condominiali

Del resto, se fosse fondata la tesi che l'ascensore appartiene a tutti i condomini perchè previsto dal più volte citato art. 1117 c.c., non si spiegherebbe il motivo per cui le stesse argomentazioni non debbano valere per la copertura dell'edificio (tetto e lastrico solare)3.. Come si sa, il criterio per la ripartizione delle spese sostenute per la manutenzione e ricostruzione del tetto o del lastrico solare è quello indicato dall'art. 1123 c.c. per le parti comuni dell'edificio. Quindi, la spesa va ripartita tra i soli condomini proprietari delle unità immobiliari comprese nella colonna d'aria sottostante al tetto o al lastrico solare e non anche tra gli altri che non ne traggano alcuna utilitas.

Al riguardo è giurisprudenza costante che qualora l'uso del lastrico solare o della terrazza a livello non sia comune a tutti i condomini, l'assemblea dei condomini, ex art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., è tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria degli stessi, ripartendosi poi le spese di riparazione o di ricostruzione, secondo i critere di cui all'art. 1126 c.c., e, cioè, tra i soli condomini proprietari delle unità immobiliari sottostanti. (cfr. Cass. civile n. 19779/2017; Cass. civile, sez. un., n. 9449/2016).

Tutta la normativa che concerne il condominio ha una sua logica e, per la ripartizione delle spese, il principio guida è quello della utilitas.

Raffaele Vairo

raffaelevairo@libero.it

1 Va ricordato che, secondo la Suprema Corte (Cass. civile n. 2363/2012; Cass. civile n. 4436/2017), condominio parziale è situazione configurabile per la semplificazione dei rapporti gestori interni alla collettività condominiale.

2 Le presunzioni legali possono essere assolute (iuris et de iure) o semplici (iuris tantum). Solo le presunzioni assolute non ammettono prova contraria. Le presunzioni semplici, invece, sono affidate al prudente apprezzamento del giudice.

3 Il tetto e il lastrico solare sono parti comuni dell'edificio come l'ascensore (art. 1117 c.c.).


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