Cos'è e come funziona il progetto Anthea. Ne parliamo con il suo ideatore l'avvocato Gianni Casale

di Gabriella Lax - Del Progetto Anthea vi avevamo raccontato qualche giorno fa. Si tratta un'applicazione in grado di far comunicare e aiutare i genitori separati, divorziati, a gestire i figli senza conflitti. Di recente tenuta a "battezzo" dal giudice del tribunale di Modena che ha recepito le condizioni concordate dai genitori, prospettate «nell'interesse della prole» e «non contrarie alla legge».

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Ne abbiamo parlato con l'avvocato Gianni Casale, ideatore del progetto.

Avvocato, da dove nasce Anthea?

«Prima di fare l'avvocato ho fatto altri lavori inerenti la comunicazione, così ho attinto dall'esperienza atta in precedenza.

Il vero bug del nostro sistema è la consapevolezza che, una volta usciti dalla stanza del giudice, ognuno dei coniugi fa quel che vuole, perché per la controparte sarà difficile dimostrare tutto. A volte grazie anche alle dritte che diamo noi avvocati. Ho pensato: cosa si può fare? Dopo una sorta di brainstorming ho guardato quello che avevo intorno: una società di genitori abbastanza giovani, e poi l'Italia nota per il primato di contatti telefonici, perché tutti hanno un telefonino a disposizione. Questa poteva già essere una via. E lo strumento concreto poteva essere quello che faceva comunicare i due genitori attraverso un sistema volontario, nella consapevolezza che tutto ciò che si sarebbero detti sarebbe rimasto incancellabile, come un diario di bordo della coppia (un piccolo spauracchio) da produrre in sede giudiziale all'aprirsi di un conflitto. Mi è venuta in mente questa piattaforma di comunicazione in cui faccio comparire per la prima volta gli assistenti sociale ed il tribunale, la vera novità dell'applicazione. Dunque la possibilità a magistrati ed assistenti sociali di poter monitorare la coppia in tempo reale. C'è un filo diretto tra gli assistenti sociali e la coppia genitoriale e il magistrato che, attraverso un accesso ad un sito particolare e all'applicazione, può verificare se lo ritiene opportuno quelle stesse cose che può vedere l'assistente sociale. E che cosa vedono queste due figure nuove? Possono vedere tutto ciò ce la coppia si scrive».

Come funziona l'applicazione?

«Le faccio un esempio: un genitore può interpellare l'altro creando un evento: "andare a prendere la bambina a scuola", si specifica il luogo, così parte il gps, e si chiede una risposta qualche ora prima, in modo da organizzarsi in caso di indisposizione dell'altro. A quel punto l'altro genitore, recepita la richiesta, può con un tasto accettare, rifiutare o chiedere chiarimento. Interviene una sorta di chat tra genitori che si scambiano i loro pareri. Alla fine di questo chiarimento il genitore accetta o rifiuta. Questo evento così confezionato è cristallizzato. Per cui se il genitore non ci va per gravi motivi lo comunica, ma se non ci va e questo comportamento omissivo viene standardizzato è logico che l'assistente sociale ed il giudice possono valutare la situazione e trarne conseguenze.

Mi è stato chiesto: lo strumento potrebbe essere usato da un genitore maligno per dipingersi come un agnellino, quando in realtà è un lupo? Beh nella vita tutto è possibile, è chiaro che è difficile mantenere a lungo un comportamento così sviante quando c'è un genitore che può fare tutte le contestazioni del caso, in tempo reale.

Nel fatto di accettare l'uso dell'app in via volontaria risiede l'effetto educativo, perché se anche io avessi la possibilità di imporlo normativamente (ci sarebbero problemi di privacy) sarebbe difficile strumentalizzare quest'applicazione per "farsi belli".

L'applicazione non dimentica i nonni, sono in contatto con molte associazioni di nonne e di nonni. Sono sei gli accessi alle applicazioni: due per i genitori applicazione piena e e 4 per i nonni che possono accedere nell'area riservata alle foto, dunque è un modo per coinvolgerli. Poi c'è la condivisione dei documenti tra i genitori, c'è un archivio comune, si può postare un documento, ad esempio un certificato medico, automaticamente senza spedirlo all'altro genitore, si riempie questa sorta di archivio condiviso e l'altro genitore ha a disposizione il certificato. L'applicazione non è ancora al 100%, ma immaginiamo che cosa potrà fare ancora, con potenzialità di scaricamento in tutta Europa. E' talmente semplice nella sua esplicazione che è adattabile ad ogni normativa, anche straniera».

Ci racconta della causa decisa dal tribunale di Modena?

«Il paradosso è stato prima di questo caso, di fronte ad una coppia particolarmente confliggente, ho minacciato di richiederlo in via giudiziale, in sede di divorzio. Il marito che è molto conflittuale, anche solo per evitare il rischio che lo potessi proporre ha deciso di aderire senza Anthea ad una consensuale. Ciò ha avuto l'effetto contrario, per la paura che ci fosse il progetto, il genitore che ne ha compreso il senso, ha deciso di non litigare più con la ex moglie. Questo successo è un paradosso. Passiamo al caso di cui mi chiedeva: l'ho proposto io all'avvocato di controparte, il collega Tedeschini di Reggio Emilia, che l'ha proposta al cliente ed è stata accettata. Sostanzialmente, un tranquillo divorzio congiunto in cui le parti, al paragrafo sei le parti hanno accettato di utilizzare il progetto Anthea come piattaforma per tutte le future comunicazioni. Anthea è diventato lo strumento privilegiato per questa coppia per comunicare tra loro».

Quali saranno le prossime mosse?

«A breve, alzerò l'asticella poiché, in una situazione giudiziale più che conflittuale, tenterò di portare Anthea come richiesta in sede di conclusioni. Per ora siamo in fase sperimentale ma il tribunale di Modena non ha fatto alcun problema ad accettarlo, in sede consensuale può star bene, l'importante è che non ci sia qualcosa contrario alla tutela del minore, il magistrato guarderà solo questo. Adesso si inizia a muovere qualcosa».

L'avvocato Casale, tra qualche mese sarà in libreria, per raccontare in un volume la sua esperienza e il significato e l'aiuto che può dare Anthea nelle coppie in conflitto.


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