La tariffa mantiene la propria efficacia allorquando il giudice debba procedere alla regolamentazione delle spese del giudizio

Avv. Paolo Accoti - Vi è da premettere come il D.L. n. 223 del 2006, convertito dalla L. n. 248/ 2006, ha disposto che - dalla data di entrata in vigore del presente decreto - devono intendersi abrogate le disposizioni che prevedono per le attività libero professionali e intellettuali l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime.

Tuttavia è stato vieppiù stabilito come il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professionale.

Ciò posto l'abolizione dei minimi tariffari può operare nei rapporti tra professionista e cliente, ma l'esistenza della tariffa mantiene la propria efficacia allorquando il giudice debba procedere alla regolamentazione delle spese del giudizio in applicazione del criterio della soccombenza (cfr.: Cass. n. 7293/2011).

Per completezza, vi è da riferire come attualmente, nei rapporti tra cliente e avvocato, vige il principio dettato dall'art. 2233 Cc per cui, la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione e che, comunque, con la riforma dell'ordinamento forense, il conferimento dell'incarico professionale deve avere forma scritta con l'indicazione dei costi prevedibili per la controversia - a prescindere dal suo esito - e che, comunque, costi e compensi potranno subire delle variazioni in aumento qualora dovessero rendersi opportune attività ulteriori o adempimenti più complessi rispetto a quanto inizialmente previsto in modo indicativo.

Cassazione: il giudice non può liquidare l'avvocato sotto i minimi

Orbene, ritornando all'ipotesi della regolamentazione delle spese del giudizio operata, appunto, dal giudicante, la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 29594, depositata in data 11 Dicembre 2017 (sotto allegata), ha confermato che deve essere <<fatta applicazione del principio secondo cui il giudice del merito non può liquidare le spese di giudizio in misura inferiore ai minimi disposti dalla tariffa forense>>, conseguentemente, il giudice, fermo restando il caso della parziale soccombenza e, comunque, quello della compensazione delle spese di giudizio, che deve essere in ogni caso congruamente motivata, non può liquidare i compensi di causa senza tener conto dei minimi tariffari.

La vicenda processuale trae origine da alcune opposizioni ad ordinanza-ingiunzione accolte dal Giudice di pace di Roma, annullate e rese prive di efficacia dallo stesso, con condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in euro 180,00.

L'avvocato proponeva appello avverso la predetta sentenza, limitatamente alla liquidazione delle spese processuali, tuttavia, il Tribunale di Roma, pur rilevando la ridotta quantificazione dei compensi processuali, rigettava il gravame sulla scorta di una presunta parziale soccombenza, <<essendo state annullate solo una parte della cartelle esattoriali>>, da ritenersi implicita, nonostante <<il Giudice di pace non abbia espressamente dichiarato la compensazione parziale delle spese, può ritenersi che tale circostanza sia alla base della liquidazione nella misura tal qual'è stata>>.

Sul ricorso per cassazione proposto dall'avvocato per violazione dell'art. 92 Cpc e dell'art. 4 D.M. 55/2004 e delle relative tabelle professionali nonché per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione, la Suprema Corte evidenzia come <<emerge per tabulas dalla piana lettura della sentenza di primo grado che il Giudice di pace ha accolto in toto la domanda del ricorrente, annullando e rendendo prive di efficacia tutte e dodici le ordinanze ingiunzioni opposte>>.

In virtù di ciò, vengono meno i presupposti indicati nella sentenza impugnata relativi alla ipotetica sussistenza dei motivi di parziale compensazione delle spese, in conclusione, <<va fatta applicazione del principio secondo cui il giudice del merito non può liquidare le spese di giudizio in misura inferiore ai minimi disposti dalla tariffa forense>>.

Pertanto, <<accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, in accoglimento dell'appello, riliquida le spese di primo grado dinanzi al Giudice di pace in euro 360,00 … oltre IVA e CPA>>, con condanna della resistente al pagamento delle spese del giudizio d'appello e di quello di legittimità.


Cass. civ., (ord.) 11.12.2017, n. 29594
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