Non sempre la diligenza del medico mette al riparo dal rischio di un'azione legale. Anche dopo un intervento corretto possono insorgere complicanze. Vediamo quando il medico, anche in tal caso, è tenuto a pagare il danno

di Annamaria Villafrate - Prima di trattare l'argomento del consenso informato è necessario premettere che l'obbligazione del medico verso il paziente ha natura contrattuale atipica. Essa si fonda infatti sul "contatto sociale", che si realizza dal semplice incontro medico e paziente. Nell'ambito di questo rapporto il medico tutela un bene costituzionalmente garantito, come quello alla salute di cui all'art. 32 Costituzione.

La responsabilità medica per inesatto adempimento della prestazione

La responsabilità medica per inesatto adempimento della prestazione è quella del professionista, per cui, la ripartizione dell'onere della prova, la diligenza, il grado della colpa e la prescrizione sono quelli del contratto d'opera intellettuale.

Trattandosi di un'obbligazione di mezzi, l'inadempimento del medico non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato, bensì dal corretto svolgimento dell'attività professionale. In questo caso trova infatti applicazione il principio della diligenza professionale, che secondo l'art. 1176 comma 2, c.c. deve essere individuata con riguardo alla natura dell'attività svolta. Nel valutare la diligenza medica quindi è necessario considerare: in astratto, la conoscenza e la capacità di mettere in atto le regole tecniche delle professione medica; in concreto, le circostanze in cui il medico esegue la prestazione.

Ai medici è altresì applicabile l' art. 2236 c.c. poiché la professione richiede la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà. In questi casi infatti il medico, per quanto concerne la perizia, risponde dei danni solo in caso di dolo o colpa grave. Questo perché non si può pretendere che il medico risolva casi eccessivamente complessi, non ancora studiati o per risolvere i quali non sono stati elaborati metodi e tecniche efficaci.

Quando il medico è responsabile anche se non sbaglia e i modi per evitarlo

Il medico quindi non può essere ritenuto sempre responsabile. Ci sono delle situazioni in cui nonostante il rispetto delle regole mediche, l'esito del trattamento medico o chirurgico può rivelarsi negativo. In questi casi, per non incorrere, in assenza di errore, in un risarcimento danno, il medico deve ottenere il "consenso informato".

Il consenso informato

Sul rapporto intercorrente tra responsabilità medica e consenso informato, è intervenuta di recente la Suprema Corte, che con la sentenza 26827/2017 ha precisato che:"La mancanza di consenso può assumere rilievo a fini risarcitori quando siano configurabili conseguenze pregiudizievoli derivate dalla violazione del diritto fondamentale all'autodeterminazione in se considerato, del tutto a prescindere dalla lesione incolpevole della salute del paziente. Tale diritto, distinto da quello alla salute, rappresenta, secondo l'insegnamento della stessa Corte costituzionale (sentenza n. 438 del 2008), una doverosa e inalienabile forma di rispetto per la libertà dell'individuo, nonché uno strumento relazionale volto al perseguimento e alla tutela del suo interesse ad una compiuta informazione, che si sostanzia nella indicazione:

- delle prevedibili conseguenze del trattamento sanitario;

- del possibile verificarsi di un aggravamento delle condizioni di salute;

- dell'eventuale impegnatività, in termini di sofferenze, del percorso riabilitativo post-operatorio.

Ciò è a dirsi nell'ottica della legittima pretesa, per il paziente, di conoscere con la necessaria e ragionevole precisione le stesse conseguenze dell'intervento medico, onde prepararsi ad affrontarle con maggiore e migliore consapevolezza, atteso il principio personalistico che anima la nostra Costituzione.

Ad una corretta e compiuta informazione consegue, difatti:

- la facoltà, per il paziente, di scegliere tra le diverse opzioni di trattamento medico;

- la possibilità di acquisire, se del caso, ulteriori pareri di altri sanitari;

- la facoltà di scelta di rivolgersi ad altro sanitario e ad altra struttura, che offrano maggiori e migliori garanzie (in termini percentuali) del risultato sperato, eventualmente anche in relazione alle conseguenze post-operatorie;

- la facoltà di rifiutare l'intervento o la terapia - e di decidere consapevolmente di interromperla.

Responsabilità medica e risarcimento danni: la giurisprudenza

Viene innanzitutto in rilievo il caso in cui, alla prestazione terapeutica, conseguano pregiudizi che il paziente avrebbe alternativamente preferito non sopportare nell'ambito di scelte che solo a lui è dato di compiere. In secondo luogo, viene in rilievo la considerazione del turbamento e della sofferenza che derivi al paziente sottoposto ad atto terapeutico dal verificarsi di conseguenze del tutto inaspettate perché non prospettate e, anche per questo, più difficilmente accettate.

Condizione di risarcibilità (in via strettamente equitativa) di tale tipo di danno non patrimoniale è che esso varchi la soglia della gravità dell'offesa secondo i canoni delineati dalle sentenze delle Sezioni unite nn. 26972-26975 del 2008.

Diversamente, il paziente che (...) richieda il risarcimento anche del danno da lesione della salute che si sia verificato per le non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia compiuto senza la preventiva informazione circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, deve allegare, sulla base anche di elementi soltanto presuntivi (Cass. 16503/2017), la cui efficienza dimostrativa seguirà una sorta di ideale scala ascendente, a seconda della gravità delle condizioni di salute e della necessarietà dell'operazione:

"che egli avrebbe rifiutato quel determinato intervento se fosse stato adeguatamente informato (Cass. civ. Sez. III, Sent., 9-2-2010, n. 2847), allegando ancora che, tra il permanere della situazione patologica in atti e le conseguenze dell'intervento medico, avrebbe scelto la prima situazione, ovvero che, debitamente informato, avrebbe vissuto il periodo successivo all'intervento con migliore e più serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze (e le eventuali sofferenze) - predisposizione la cui mancanza andrebbe realisticamente e verosimilmente imputata proprio (e solo) all'assenza di informazione. (…) Infatti, se il paziente avesse comunque e consapevolmente acconsentito all'intervento, dichiarandosi disposto a subirlo qual che ne fossero gli esiti e le conseguenze, anche all'esito di una incompleta informazione nei termini poc'anzi indicati sarebbe palese l'insussistenza di nesso di causalità materiale tra la condotta del medico e il danno lamentato, perché quella incolpevole lesione egli avrebbe, in ogni caso, consapevolmente subito, all'esito di un intervento eseguito secondo le leges artis da parte del sanitario".

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