L'art. 8 della Convenzione ammette restrizioni alla vita privata solo se previste dalla legge e necessarie in una società democratica

di Valeria Zeppilli - Per la CEDU la vita privata va rispettata anche in caso di svolgimento di attività professionali in un contesto pubblico, con la conseguenza che l'installazione di sistemi di videosorveglianza non può andare oltre gli obiettivi fissati dalla legge.

Con la sentenza del 28 novembre 2017 (qui sotto allegata), che ha chiuso il caso Antovic e Mirković contro Montenegro, la Corte ha così accolto il ricorso di due docenti universitari che contestavano l'installazione di videocamere di sorveglianza nell'auditorium dell'università ove tenevano le loro lezioni.

Tutela anche in pubblico

In tal modo, la CEDU ha rafforzato la tutela del diritto alla vita privata estendendola anche ai luoghi di lavoro pubblici, come le aule universitarie.

Infatti, nel caso di specie le videocamere erano state installate per esigenze di sicurezza e per sorvegliare l'insegnamento. In realtà, però, non sussisteva alcuna ragione di sicurezza tale da legittimare la presenza dei dispositivi, posto che l'auditorium veniva aperto prima della lezione e chiuso subito dopo e che al suo interno erano presenti solo delle sedie fisse e una lavagna, mentre il controllo dell'insegnamento non è previsto dalla legge.

Le garanzie dell'articolo 8

Del resto, l'articolo 8 della CEDU garantisce il rispetto della vita privata estendendolo anche alle attività professionali e le restrizioni dallo stesso ammesse sono solo quelle previste dalla legge e necessarie in una società democratica.

In assenza di tali presupposti, non è di certo la sola circostanza che l'insegnamento sia svolto in un luogo di lavoro pubblico a poter giustificare l'ingerenza nella vita privata tramite sistemi di videosorveglianza.

CEDU testo sentenza 28 novembre 2017
Valeria Zeppilli

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