Per la Cassazione, il solo accordo tra ex coniugi sulla corresponsione di un assegno divorzio non basta per far sorgere il diritto al beneficio previdenziale

di Valeria Zeppilli - Il diritto alla pensione di reversibilità per il coniuge divorziato è subordinato alla circostanza che il superstite fosse titolare dell'assegno di mantenimento.

A prevederlo è l'articolo 9 della legge numero 898/1970, al quale la Corte di cassazione ha ora aggiunto un tassello in più.

Gli accordi tra coniugi non bastano

Con l'ordinanza numero 25053/2017 qui sotto allegata, la sezione lavoro ha infatti chiarito che, per il riconoscimento del predetto diritto, non bastano la semplice debenza in astratto di un assegno di divorzio né la percezione in concreto del mantenimento se queste non derivano da una liquidazione del giudice.

In altre parole, se l'assegno che il defunto corrispondeva all'ex coniuge era frutto di semplici convenzioni intercorse tra le parti, la reversibilità non spetta.

La vicenda

Nel caso di specie la moglie, superstite, quando l'ex marito era ancora in vita percepiva da quest'ultimo un importo mensile che, però, non era stato determinato nella sentenza di divorzio. La corresponsione della somma, infatti, era derivata da un accordo che i coniugi avevano raggiunto in sede di udienza presidenziale, al quale, tuttavia, non era seguita alcuna domanda di riconoscimento dell'assegno divorzile per via della contumacia della donna. Di conseguenza, quando il Tribunale aveva poi pronunciato il divorzio, non aveva potuto far altro che dare atto in motivazione dell'accordo senza tuttavia statuire in alcun modo sul punto.

Di conseguenza, ora che il marito è deceduto, alla ex moglie vedova non spetta alcun importo a titolo di pensione di reversibilità.

Corte di cassazione testo ordinanza numero 25053/2017
Valeria Zeppilli

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