Per la Cassazione gli enti impositori hanno per legge il potere discrezionale di fissare una tariffa speciale per le abitazioni civili in cui si svolge anche un'attività professionale

di Valeria Zeppilli - I comuni hanno la piena libertà di equiparare gli studi professionali alle attività commerciali ai fini del pagamento della tassa dei rifiuti. Lo ha detto la Corte di cassazione nella sentenza numero 21234/2017 del 13 settembre (qui sotto allegata), che ha lasciato con l'amaro in bocca un avvocato che contestava la decisione del Comune di Bari di applicare al suo studio la medesima tariffa sui rifiuti prevista per i commercianti.

La vicenda

La controversia era sorta a seguito dell'impugnazione, da parte del legale, degli avvisi di accertamento che erano stati emessi per il mancato pagamento della T.I.A. per sei annualità.

In particolare, con l'impugnazione erano stati eccepiti la decadenza del potere di accertamento per il 2001, l'inesistenza di una specifica tariffa per i locali ove sono svolte attività commerciali nel regolamento comunale di Bari in materia e l'ingiustificata liquidazione dell'imposta per l'intero, applicata per la superficie massima dell'immobile.

Sia la CTP che la CTR avevano tuttavia rigettato il ricorso, ritenendo che il Comune avesse applicato correttamente la normativa di legge sotto tutti gli aspetti. Dinanzi alla Corte di cassazione, l'avvocato ha deciso di contestare solo l'equiparazione, a suo dire illegittima, dell'attività professionale forense alle attività commerciali ai fini della determinazione della Tarsu.

Abitazioni civili adibite a studi professionali

I giudici di legittimità, però, hanno sottolineato che gli enti impositori hanno per legge il potere discrezionale di fissare una tariffa speciale per le abitazioni civili in cui si svolge anche un'attività professionale, escludendo l'applicazione della tariffa abitativa ordinaria: lo stabilisce espressamente l'articolo 62, comma 4, del decreto legislativo numero 507/1993.

Posto che il Comune di Bari, in tema di Tarsu, riconduce l'attività professionale dell'avvocato alla Categoria 3 relativa a "uffici professionali, commerciali, industriali e simili", la tariffa che il legale deve pagare è quindi, incontestabilmente, la stessa dei negozi.

Corte di cassazione testo sentenza numero 21234/2017
Valeria Zeppilli

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