di Gabriella Lax - Una proposta di legge al Parlamento per un progetto di revisione costituzionale che garantisca la terzietà del giudice. Da qui nasce l'iniziativa di un comitato che lavori attivamente, con un manifesto e, soprattutto, di un Comitato promotore per la separazione delle carriere in magistratura. La Costituzione impone la terzietà del giudice, il legislatore ordinario deve garantirla ed attuarla con ogni mezzo. Proprio la terzietà del giudice, l'equidistanza dalle parti è uno dei principi cardine dell'ordinamento fissato dall'articolo 111 della Costituzione, uno dei principi che fa del nostro sistema un sistema accusatorio. Una giusta distanza che, tuttavia, non sempre viene rispettata.
Ne parliamo con Giuseppe Belcastro, avvocato e coordinatore nazionale del comitato organizzatore per la raccolta delle firme che, ad oggi, sono state oltre 63mila.
Avvocato, come nasce il comitato per la separazione delle carriere?
«Si tratta di una iniziativa dell'Unione delle Camere Penali italiane che è la federazione di tutte le camere penali, le associazioni di tutti i penalisti presso i vari tribunali italiani, ben 133 camere sul territorio nazionale. L'Unione si occupa di tutte le tematiche in materia di giustizia: diritti e garanzie del processo. Non si tratta di un sindacato
, né di un'associazione di categoria, non ha nulla a che spartire con gli interessi corporativi degli avvocati: il focus sono le garanzie per i cittadini nel processo e, più in generale, la giustizia. In questo quadro, quello della separazione delle carriere è stato sempre un problema acuto. Quando parliamo di separazione intendiamo che il pubblico ministero, organo dell'accusa e il giudice, organo deputato ad emettere la decisione nell'ambito del procedimento, appartengono oggi allo stesso ordine ossia la magistratura. E questo è un controsenso perché chi giudica e chi accusa dovrebbero appartenere a due organi distinti, così accade in tutte le democrazie evolute in cui vige un sistema accusatorio, come il modello a cui si ispira il nostro codice, nonostante le varie modifiche peggiorative fatte negli anni sin dall'adozione. In Italia, giudice e pm non sono figure distinte ma appartengono allo stesso ordine e, secondo noi penalisti, è un problema nel processo.Qual è l'obiettivo della proposta di legge costituzionale?
Da qui l'idea: predisporre una proposta d'iniziativa e abbiamo seguito i passaggi di rito, la pubblicazione nella gazzetta ufficiale, il deposito della indicazione presso il supremo collegio e l'avvio della raccolta di firme. L'iniziativa mira a realizzare la separazione che dev'esserci assolutamente tra ufficio di accusa e l'ufficio che giudica. Abbiamo fatto un articolato che abbiamo proposto alla cittadinanza, chi è d'accordo può sottoscriverlo in modo tale che la proposta venga portata alla presidenza della Camera o del Senato e venga discussa come una proposta di legge di iniziativa popolare. Così, in caso di approvazione, sarà una proposta di revisione costituzionale».
Quali altri aspetti importanti sono contenuti nella proposta di legge?
«Un altro aspetto che c'è nella legge (e che inerisce l'azione penale che non viene toccata o modificata) è stabilire che il pubblico ministero eserciti l'azione penale nei casi e nei modi indicati dalla legge. Questo che significa? Oggi, con l'obbligatorietà dell'azione penale il pm deve esercitare l'azione penale per ogni notizia che riceve, svolgere l'indagine e poi o chiedere il rinvio a giudizio, citare in giudizio o archiviazione, questo ha portato ad una sorta di paralisi per i tribunali. È impossibile che vengano esercitate le azioni penali per tutte le notizie di reato. Le notizie di reato sono troppe, non a caso si parla di depenalizzazione proprio perché il numero dei reati in Italia è elevatissimo. Si è pensato che piuttosto che lasciare la scelta sull'azione da esercitare all'ufficio di procura che sia la legge a stabilire quali sono i criteri di selezione e le modalità operative per l'azione penale».
Qual è il bilancio della raccolta firme?
«La raccolta è iniziata il 4 maggio. Ad oggi sono oltre 63mila le firme. L'iniziativa non appartiene a nessun partito politico, a differenza di alcune iniziative analoghe, ad esempio il referendum dei radicali sul tema vittorioso e poi coi risultati accantonati. Siamo un'associazione privata di penalisti, abbiamo promosso l'iniziativa con le nostre forze, senza avere il coordinamento di nessuno, tranne per la parte organizzativa il Partito Radicale. Per depositare la proposta di legge occorrevano 50mila firme, da depositare entro sei mesi, era già abbastanza difficile comprendere come raccoglierle, siamo avvocati e non abbiamo mai fatto iniziative di questo tipo ossia preparare i moduli, vidimarli, organizzare un banchetto per la raccolta firme. Operazioni di cui non avevamo idea e ci siamo consultati con il partito radicale, ferrato in materia che ha saputo darci le giuste indicazioni. Nell'arco delle prime 20 giornate avevamo raccolto circa 25 mila firme. Nonostante i timori, dopo 50 giorni, avevamo già le firme necessarie. Si è trattato di banchetti per la raccolta firme organizzati dalla Valle d'Aosta alla Sicilia, con grande partecipazione di tutti gli avvocati nel territorio, giovani e non giovani, perché è una battaglia sentita in tutto il territorio. Ciò che è importante sottolineare è che non si tratta di una battaglia contro nessuno. Ci sono state voci, soprattutto di alcuni settori della magistratura, secondo cui questa iniziativa potrebbe incrinare la cultura della giurisdizione del pubblico ministero. Non è così. Vogliamo solamente che il giudice sia davvero garantito nella sua autonomia e per far ciò è necessario che sia libero da ogni tipo di continuità, sia con la difesa sia col pubblico ministero, e deve essere terzo come stabilisce la Costituzione».
La proposta di legge costituzionale per la separazione delle carriere
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