La Corte di giustizia approva la disciplina italiana sul lavoro intermittente

di Valeria Zeppilli - La disciplina italiana sul lavoro intermittente non viola la disciplina europea in materia di divieti di discriminazioni dei lavoratori in ragione della loro età.

La questione, sottoposta dalla Corte di cassazione alla Corte di giustizia, ha ricevuto una risposta con la sentenza del 19 luglio 2017 dei giudici europei (qui sotto allegata).

La vicenda

La vicenda ha preso le mosse dal licenziamento di un lavoratore italiano al compimento del 25° anno di età: il contratto con il quale era stato assunto, infatti, era un contratto di lavoro intermittente che, secondo la normativa italiana, può essere stipulato senza condizioni solo nel caso di lavoratori di età inferiore ai 25 anni. I contratti si risolvono automaticamente una volta raggiunto tale limite di età.

Finalità legittima

Per la Corte di giustizia una simile normativa persegue una finalità legittima di politica del lavoro e del mercato del lavoro idonea a giustificare una disparità di trattamento in ragione dell'età del lavoratore e lo fa in maniera appropriata e necessaria per conseguire tale obiettivo.

In particolare, la finalità perseguita è quella di favorire l'occupazione giovanile e trova riscontro nella circostanza che i giovani al di sotto dei 25 anni sono normalmente penalizzati nell'accesso al mercato del lavoro in ragione della loro scarsa o nulla esperienza professionale.

Il contratto intermittente, in buona sostanza, per la Corte di giustizia interviene legittimamente a colmare un simile svantaggio e lo fa, peraltro, senza privare i giovani lavoratori delle opportune tutele, posto che il trattamento economico e normativo loro riservato in caso di assunzione con tale tipologia contrattuale non deve essere meno favorevole di quello di un lavoratore di pari livello e mansioni.

Discrezionalità degli Stati membri

I giudici europei, insomma, alla luce di quanto sopra ritengono ragionevole la scelta del legislatore italiano di prevedere una simile tipologia contrattuale, compiuta in ragione dell'ampio margine discrezionale riconosciuto agli Stati membri nel perseguire uno scopo determinato in materia di politica sociale e dell'occupazione e nel definire le misure atte a realizzarlo. La direttiva 2000/78 è rispettata.

CGUE testo sentenza 19 luglio 2017
Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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