Riflessioni sulla sentenza del Tar Napoli sez. 5 n. 760/2017
Avv. Francesco Pandolfi - Ancora un caso nel quale il Ministero dell'Interno ha la peggio nella causa di primo grado, intentata da un ricorrente già carabiniere e guardia giurata in pensione.


L'interessato in pratica si lamenta del decreto di revoca della licenza di porto d'armi ad uso caccia, sostenendo con fermezza che il provvedimento amministrativo è viziato almeno sotto questi principali aspetti:

1) manca una corretta ed approfondita istruttoria,

2) manca la motivazione del provvedimento.

Le Amministrazioni chiamate in causa fanno la loro parte, ovviamente, concludendo per ottenere il rigetto del ricorso, ma il Tribunale non ne vuole sapere e da ragione al ricorrente, il quale vince la causa in primo grado.

Il Tar accoglie il ricorso: vediamo perché

Il provvedimento criticato in pratica si basa su una vecchia denuncia subita dal ricorrente per detenzione abusiva di munizioni, inoltre sul fatto che lui non ha (all'epoca) prodotto gli scritti difensivi a propria discolpa.

Sono argomenti che però non reggono al prudente vaglio del Giudice (cfr. Tar Napoli, n. 760/2017).

In effetti, dice la Magistratura, diniego o revoca del porto d'armi devono sempre contenere una valutazione sulla personalità dell'interessato in grado di giustificare l'esigenza cautelare di prevenire abusi nell'uso delle armi.

Il pericolo nell'uso delle armi, in pratica, deve esistere in concreto e non in astratto, così come la valutazione dell'affidabilità (sia pur discrezionale) non può sconfinare nell'arbitrio, visto che deve essere svolta alla luce di una solida istruttoria, dando anche la possibilità all'interessato di partecipare al procedimento amministrativo.

Tra l'altro si da il caso che è emersa in sede di causa la reale situazione in punto di fatto (dopo apposita ordinanza istruttoria del Tar), con archiviazione parziale in sede penale ed estinzione di un piccolo reato con oblazione.

Di fronte a tanto, il provvedimento amministrativo emesso dopo la denuncia querela non reca alcuna reale motivazione idonea a sostenere l'assunto dell'Autorità; ne ha un'importanza dirimente il fatto che in quel periodo l'interessato abbia scelto di non presentare i suoi scritti difensivi, trattandosi evidentemente di valutazioni soggettive.

In pratica

La carenza nell'istruttoria e il difetto di motivazione sono elementi più che validi per proporre un ricorso.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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