Per il CNF è vietato produrre o riferire in giudizio la corrispondenza espressamente qualificata come riservata

di Lucia Izzo - L'art. 48 del nuovo codice deontologico forense vieta di produrre o riferire in giudizio la corrispondenza espressamente qualificata come riservata quale che ne sia il contenuto, nonché quella contenente proposte transattive scambiate con i colleghi a prescindere dalla suddetta clausola di riservatezza. Tale norma deontologica è dettata a salvaguardia del corretto svolgimento dell'attività professionale e, salve le eccezioni previste espressamente, prevale persino sul dovere di difesa.


Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 315/2016 (qui sotto allegata) pubblicata sul sito istituzionale il 24 maggio 2017 a seguito del ricorso di un avvocato a cui il competente COA aveva inflitto la sanzione della censura.


Il legale è incolpato da un collega di "essere venuto meno ai doveri di lealtà e correttezza" per aver riferito, nell'ambito di un giudizio innanzi al Tribunale e in alcune memorie, il contenuto di un fax riservato non producibile, inviatogli dal collega stesso e di aver formulato capitoli di prova orali che, di fatto, riproducevano il contenuto di una proposta di transazione dell'avversario.


Per il Consiglio Nazionale Forense, nonostante il capo di incolpazione sia invero formulato con riferimento al generale dovere di lealtà e correttezza, l'addebito da contestare è in realtà quello della violazione del divieto di produrre o riferire in giudizio la corrispondenza scambiata con il Collega.

Corrispondenza tra avvocati: la riservatezza prevale anche sul diritto di difesa

Anche in tale sede deve però confermarsi l'illiceità deontologica e il conseguente giudizio di colpevolezza poiché è accertato, ex actis, come il fax inviato dal collega recasse la dicitura di "comunicazione riservata - non producibile", nonché come i capitoli di prova articolati dall'incolpato nella propria memoria istruttoria di fatto riportassero i termini della proposta transattiva oggetto della corrispondenza stessa.


Il Collegio rammenta che il divieto di produrre, riportare o riferire in giudizio la corrispondenza qualificata come riservata e, comunque, la corrispondenza, anche senza tale qualifica, contenente proposte transattive, già previsto dall'art. 28 del Codice Deontologico previgente, è oggi contemplato dall'art. 48 del nuovo Codice, che, per tale fattispecie tipica, prevede la sanzione edittale della censura.


La riservatezza della corrispondenza tra Colleghi, spiega il CNF, che tutela in definitiva la libertà del difensore nella conduzione della lite, costituisce un canone essenziale che prevale, peraltro, salve le eccezioni previste espressamente, persino sul dovere di difesa e ciò trova conforto in numerose pronunce della Giurisprudenza domestica (ex plurimis, CNF sentenza 26 settembre 2014, n. 117, CNF sentenza 23 luglio 2013, CNF sentenza n. 135, 10 aprile 2013, n. 58, etc.).

Favor rei: da censura ad avvertimento

In definitiva, l'addebito deve ritenersi comprovato ed il comportamento dell'incolpato meritevole di esser sanzionato: tuttavia per il Consiglio, quanto alla sanzione irrogata, trova ingresso il criterio del favor rei poichè le norme del nuovo Codice Deontologico sono sicuramente applicabili, in virtù della disposizione transitoria dell'art. 65, comma 5, della nuova Legge Professionale, ai procedimenti disciplinari in corso se più favorevoli all'incolpato.


In pratica, il nuovo Codice prevede che, nei casi meno gravi, la sanzione della censura possa essere attenuata in quella dell'avvertimento (art. 22) e non v'è dubbio come la determinazione della sanzione debba avvenire, quindi, alla luce della disciplina sopravvenuta (cfr. Cass. S.U. 10 febbraio 2015, n. 3023).


Nel caso di specie, dunque, considerata l'assenza di dolo ma soprattutto l'assenza di pregiudizio alcuno, il comportamento successivo dell'incolpato, che ha ritenuto di esprimere le proprie scuse per l'accaduto, nonché considerata ancora l'assenza di precedenti procedimenti disciplinari, si ritiene di poter comminare la più lieve sanzione dell'avvertimento.

CNF, sentenza n. 315/2016

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