La professione appare poco attraente a causa della crisi economica e dei redditi che rasentano la sopravvivenza

di Lucia Izzo - Il mondo delle professioni è in crisi: l'appeal dell'albo e il boom di iscrizioni di inizio millennio hanno dovuto scontrarsi con la dura realtà che ha il volto della crisi economica e della spietata concorrenza


È il Miur, come riporta il Sole24Ore, a certificare i crescenti abbandoni dei corsi universitari e i poderosi cali di candidati agli esami di abilitazione di oltre 20 categorie professionali: si parla di una diminuzione di quasi un terzo (-31%) in dieci anni, passando dai 79mila del 2006 ai 55mila del 2015, anno in cui i promossi hanno di poco superato i 42mila, con un crollo del 28%. 


L'altro lato della medaglia vede, invece, circa 9mila nuovi iscritti tra gli avvocati, 1.600 candidati nel 2016 tra i notai e poco più di mille nuovi consulenti del lavoro. Tuttavia, sono molte anche le cancellazioni e non solo le mancate iscrizioni: colpa degli oneri che superano i vantaggi e dei guadagni che non arrivano.


Difatti, la scarsa motivazione ad avvicinarsi (e a restare) nel mondo delle professioni è innanzitutto provocata dalla crisi dei redditi e dal calo degli introiti che ha coinvolto anche la più ricca categoria dei notai, con un calo in 10 anni del 36% dei guadagni.


I neolaureati in giurisprudenza, categoria anche questa in calo, non sono più attratti neppure dalla professione forense, visto i redditi sempre più al minimo di sopravvivenza: nonostante, in generale, gli iscritti agli albi continuino a crescere (+35,9%), sono i tassi ad essere sempre più bassi, come dimostra il 2% registrato nel 2016. Dal record di 14.237 nuovi ingressi nel 2008, il 2015 ne ha registrati 9.445, con una diminuzione del 33,7% e un calo, su base decennale, del 25,5% in quanto nel 2005 si erano registrati 12.678 nuovi iscritti.


Il problema dei guadagni ha un indubbio rilievo in quanto l'81,4% degli avvocati ha un reddito medio al di sotto di 48.300 euro e il 56,2% inferiore a 19.857 euro annui. Dati che dissuadono le nuove generazioni a "scommettere" sulla professione, accettando realisticamente l'idea che, nonostante gli anni di studio e dedizione, le soddisfazioni economiche e lavorative potrebbero non arrivare.


Non sono, tuttavia, i soli avvocati a dover fare i conti con un "saldo negativo", poiché anche i dati riguardanti i candidati agli esami di abilitazione per la professione di commercialista, architetto e ingegnere non sono confortanti: si parla di un crollo di oltre il 40% nel decennio 2006-2016, anche per una professione più "forte" come quella degli ingegneri. Ma non in tutte e posizioni si registra una simile recessione: in controtendenza, ad esempio, ci sono agrotecnici, biologi, farmacisti, medici e assistenti sociali.

Potrebbero essere le novità del Jobs Act degli autonomi a rinvigorire l'appeal delle professioni sui giovani, con l'introduzione di misure a tutela e semplificazioni per i professionisti iscritti all'albo. Il disegno di legge, tuttavia, se approvato alla Camera, dovrà passare nuovamente al Senato per ottenere il sì definitivo.

Ciononostante, gli ordini professionali dovranno trovare una soluzione per invertire la rotta, anche perché le pensioni dei "vecchi" sono nelle mani dei contributi versati dai giovani: il sistema delle casse private, infatti, è fondato sul criterio della ripartizione


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