La Cassazione chiarisce che è fondamentale distinguere tra medici che possono autoattribuirsele e medici che, invece, non hanno tale potere

di Valeria Zeppilli - Il CCNL dell'area della dirigenza medica e veterinaria, all'articolo 21 comma 13, dispone che le ferie non godute siano pagate al lavoratore solo quando, all'atto della cessazione del rapporto, esse risultino non fruite o per esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente medico.

Si tratta tuttavia di una norma che ha avuto bisogno di un importante intervento chiarificatore da parte della giurisprudenza, reso con la recente sentenza numero 2000/2017 depositata dalla sezione lavoro della Corte di cassazione il 26 gennaio (qui sotto allegata).

Con tale pronuncia, i giudici hanno infatti precisato che dalla necessità di interpretare tale norma in conformità al principio di irrinunciabilità delle ferie sancito dall'articolo 36 della Costituzione, discende l'applicabilità della stessa ai soli dirigenti titolari del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza che vi sia ingerenza da parte del datore di lavoro. A tutti gli altri, invece, essa non si applica.

Nel caso di specie, il giudice del merito aveva ritenuto che, sulla base delle previsioni del CCNL del 1996, il dirigente medico deve programmare le sue ferie e richiederle in maniera tale da fruirne nel corso dell'anno o, se ciò non è possibile, entro il primo semestre dell'anno successivo, senza alcuna distinzione tra dirigenti apicali e non.

Sulla base di tale considerazione, la Corte d'appello aveva quindi rigettato la domanda di alcuni medici che rivendicavano la monetizzazione di alcune ferie non godute, in ragione del fatto che gli stessi non avevano provato di aver programmato le proprie ferie e di aver ricevuto, ciò nonostante, un rifiuto da parte dell'istituto datore di lavoro.

Ma i ricorrenti, sottolinea la Cassazione, erano medici di primo livello e si trovavano, pertanto, in posizione sottordinata sia rispetto alla direzione sanitaria sia rispetto ai dirigenti di secondo livello. Non avevano, insomma, il potere di programmare le loro ferie e di autoattribuirsene il godimento.

Ad essi, di conseguenza, si applica il principio generale in forza del quale l'onere del lavoratore che agisce in giudizio per rivendicare l'indennità sostitutiva delle ferie non godute è solo quello di provare lo svolgimento di attività lavorativa nei giorni ad esse destinate, mentre è onere del datore di lavoro provare di averle pagate.

Non può invece essere applicato il principio in forza del quale il dirigente titolare del potere di attribuirsi le ferie in perfetta autonomia e senza ingerenza alcuna da parte del datore di lavoro non ha diritto all'indennità sostitutiva ove non eserciti il suo potere e non fruisca pertanto del periodo di riposo, a meno che non dia la prova che il mancato godimento delle ferie sia dipeso a necessità aziendali eccezionali e oggettive.

Corte di cassazione testo sentenza numero 2000/2017
Valeria Zeppilli

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