La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 5551/2005) ha stabilito che "la presunzione del possesso in colui che esercita un potere di fatto non opera, a norma dell'art. 1141c.c., quando la relazione con il bene non consegua ad un atto volontario di apprensione, ma derivi da un iniziale atto o fatto del proprietario-possessore, e, non essendo svolta contro la volontà del proprietario, è qualificabile come detenzione semplice o precaria anche l'attività di colui il quale continua a disporre della cosa dopo il venir meno del rapporto che giustificava l'anteriore disponibilità". I Giudici del Palazzaccio hanno inoltre precisato che "indipendentemente dalla circostanza che la disponibilità di una cosa sia qualificata da un interesse del detentore ovvero sia, per cause originarie o sopravvenute a mero titolo precario, assumendo la stessa un significato unicamente ai fini della legittimazione alla tutela possessoria, occorre, quindi, per la trasformazione della detenzione in possesso, un mutamento del titolo che non può aver luogo mediante un mero atto di volizione interna, ma deve risultare dal compimento di idonee attività materiali di specifica opposizione al proprietario-possessore, quale, ad esempio, l'arbitrario rifiuto alla restituzione del bene, e non soltanto da atti corrispondenti all'esercizio del possesso, che di per sé denunciano unicamente un abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene".
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