Dal 1° gennaio cessano gli effetti della mobilità ordinaria e sarà possibile beneficiare solo della nuova indennità di disoccupazione

di Lucia Izzo - Naspi per tutti dal 1° gennaio 2017: da tale data l'istituto della mobilità ordinaria cessa i suoi effetti, come stabilito dall'art. 2, comma 71, della l. n. 92/2012, c.d. Riforma Fornero (per approfondimenti: Lavoro: addio alla mobilità dal 1° gennaio). Ciò comporta che i lavoratori che verranno licenziati dal 31 dicembre in poi, potranno beneficiare unicamente della nuova indennità di disoccupazione se in possesso dei requisiti richiesti. 


Si realizza così il passaggio definitivo dalla mobilità, forma di indennità collettiva, alla Naspi che, invece, rappresenta un trattamento di tipo individuale. Quest'ultima ricomprenderà tutte le categorie di disoccupati, compresi gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato, il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato e i dipendenti a tempo determinato delle Pubbliche Amministrazioni.


Ne restano esclusi, invece, i dipendenti a tempo indeterminato delle Pubbliche Amministrazioni, gli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato, i lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per i quali resta confermata la specifica normativa. Inoltre, non possono accedere all'indennità di disoccupazione Naspi i lavoratori titolari di trattamento pensionistico diretto.


L'INPS si occuperà di corrispondere mensilmente la Naspi ai lavoratori beneficiari per una durata che potrà essere di massimo di 24 mesi, ossia pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anno. L'importo iniziale dell'assegno si andrà poi a ridurre del 3% per ogni mese, a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione.


Per i lavoratori licenziati prima del 31 dicembre 2016, resta salvo il diritto all'iscrizione nelle liste di mobilità e a percepire l'indennità, se ne ricorrono i presupposti, ossia l'iscrizione nelle liste di mobilità compilate dall'ufficio regionale del lavoro, un'anzianità aziendale di almeno 12 mesi maturata nell'ultimo rapporto di lavoro con l'azienda che lo ha messo in mobilità e almeno 6 mesi di effettivo lavoro, comprese ferie, festività, infortuni e astensione obbligatoria per maternità.


L'indennità di mobilità varia in relazione all'età del lavoratore al momento del licenziamento e all'area geografica in cui è ubicata lo stabilimento, ma la sua durata non potrà essere, di regola, superiore all'anzianità lavorativa maturata presso l'azienda che ha proceduto al licenziamento. La misura dell'indennità di mobilità, per i primi 12 mesi, è pari al 100% del trattamento d'integrazione salariare, riducendosi in seguito all'80%  della retribuzione teorica lorda spettante.


Se i dipendenti licenziati prima del 31 dicembre 2016 non sono in possesso dei requisiti richiesti entro tale data, rimane possibile accedere alla Naspi se ne ricorrono i requisiti richiesti. Laddove venga respinta la domanda d'indennità alla mobilità, infatti, in calce alla comunicazione verrà inserita una nota con cui si richiede al lavoratore se desidera manifestare espressamente la volontà trasformare la sua iniziale domanda in quella di indennità di disoccupazione, scelta che andrà operata entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione.


Per i licenziamenti dal 31 dicembre 2016 in poi, invece, il lavoratore è assoggettabile unicamente al trattamento Naspi. Questo cambiamento se, da un lato, consente al disoccupato di ricevere un assegno più alto rispetto a quello previsto dal trattamento di mobilità, dall'altro vede ridursi questo vantaggio se il mercato non consente un rapido reimpiego dei licenziati.


Ancora, va segnalato il venir meno degli incentivi di natura economica e contributiva a favore dei datori di lavoro che assumano lavoratori iscritti nelle liste di mobilità (definitivamente soppresse dal 1° gennaio 2017); invece, le nuove assunzioni di chi percepisce la Naspi porteranno incentivi per le imprese. Ad esempio, chi assume un percettore di Naspi a tempo pieno e determinato riceverà per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al dipendente un contributo mensile pari al 20% dell'indennità residua che al mese si sarebbe corrisposta al lavoratore.


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