Se la crisi è già in atto, il successivo tradimento del partner non determina l'addebito della separazione nei suoi confronti

di Lucia Izzo - Tra le cause più diffuse che determinano a carico di un coniuge l'addebito della separazione, ossia la responsabilità per la fine del matrimonio, emerge indubbiamente il tradimento, l'essere venuti meno all'obbligo di fedeltà coniugale. Si tratta di un comportamento, ai sensi dell'art. 151 del codice civile, idoneo a rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, presupposto imprescindibile da valutare affinché il giudice possa pronunciarsi sull'addebito.


La giurisprudenza ha tuttavia precisato che, ai fini dell'addebito, è necessario verificare che la crisi coniugale sia collegabile al comportamento oggettivamente trasgressivo di uno o di entrambi i coniugi e che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati e il determinarsi dell'intollerabilità della convivenza.


Sostanzialmente, l'indagine sull'intollerabilità della convivenza deve essere svolta sulla base della valutazione globale e della comparazione dei comportamenti di entrambi i coniugi, non potendo la condotta dell'uno essere compresa senza un raffronto con quella dell'altro, consentendo solo tale comparazione di riscontrare se e quale incidenza ciascuna di esse abbia avuto, nel loro reciproco interferire, sul verificarsi della crisi matrimoniale.


Inoltre, l'addebito non consegue automaticamente alla mera presa d'atto della trasgressione, da parte di uno dei coniugi, ai doveri, che l'art. 143 c.c. pone a suo carico, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione abbia assunto specifica efficienza causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza (ex multis, Cass. n. 2059/2012; Cass. n. 14162/2001; Cass. n. 279/2000)


La Suprema Corte, sulla base di tale principio, ha ad esempio confermato la non addebitabilità della separazione al marito, incolpato dalla moglie di aver provocato la fine del matrimonio a causa di una relazione extraconiugale, poichè la donna, pur conoscendo la relazione tra il marito e l'amante, aveva tollerato il tradimento per diverso tempo (per approfondimenti leggi: "Separazione: niente addebito se il tradimento è noto e tollerato").


Tradimento e separazione di fatto


Analoga situazione si verifica quando la coppia vive "separata in casa", avendo di fatto cessato ogni tipo rapporto pur non avendo predisposto un atto vero e proprio in tal senso. L'istituto della separazione di fatto si contrappone a quella legale, che presuppone un accordo firmato dalle parti o una sentenza del Tribunale che regola i principali aspetti collegati alla fine del rapporto (divisione dei beni, assegnazione della casa coniugale, collocazione della prole, assegno di mantenimento, ecc.).


Le coppie possono, tuttavia, vivere di fatto separati senza che sia intervenuto alcun provvedimento, magari per ponderare l'eventualità di riallacciare i rapporti, e tale comportamento assume rilevanza quale fatto giuridico sintomatico dell'intollerabilità della convivenza, come dimostrato anche da alcune normative settoriali che prendono il considerazione l'eventualità (ad esempio in tema di successione nel contratto di locazione).


Pertanto, la giurisprudenza ritiene che in tal caso sia già in atto una crisi di coppia e la comunione morale, materiale e spirituale sia stata compromessa, anche se la coppia continua a convivere sotto lo stesso tetto: un eventuale, successivo, tradimento, non assume quindi rilevanza causale ai fini dell'addebito della separazione, rappresentando una conseguenza della crisi già verificatasi e non un suo presupposto.


La Corte di Cassazione ha precisato, nella sentenza n. 9515/2001, che al coniuge che si sia allontanato dall'abitazione familiare e successivamente abbia iniziato una relazione extra coniugale non può essere addebitata la separazione poichè l'infedeltà non è considerata in tal caso motivo che ha reso intollerabile la prosecuzione della vita in comune.


Il giudice sarà, tuttavia, tenuto a verificare con rigore il comportamento dei coniugi, così da confermare o meno la sussistenza di una crisi già in atto: solo in tal caso l'infedeltà potrà non esse causa di addebito, altrimenti, nonostante sussista una situazione connotata da incomprensioni e reciprochi screzi, se la coppia continuava a rispettare i doveri derivanti dal vincolo matrimoniale, il tradimento può giustificare l'addebito.


In tal senso, il Tribunale di Treviso, sentenza n. 1406/2016, ha rammentato che, in tema di separazione tra coniugi, l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile.


Ciò sempre che non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (Cass. 16859/15).


Nel caso di specie è il convenuto, marito nei confronti del quale l'ex ha richiesto l'addebito, che avrebbe dovuto offrire sul punto la necessaria prova di quanto dedotto. Essendo il punto rimasto privo di riscontro alcuno, non essendo stata offerta alcuna prova da quest'ultimo, è giustificato l'accoglimento della domanda di addebito.


Vedi anche: La separazione di fatto


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