di Valeria Zeppilli - La sindrome dell'alienazione parentale è ormai ufficialmente parte dei ragionamenti fatti all'interno delle aule di giustizia.
Tra le diverse sentenze che ne hanno parlato c'è anche la numero 18475/2015 emessa dalla prima sezione civile del Tribunale di Roma.
Con essa, in particolare, il giudice capitolino ha condannato una donna a risarcire il danno non patrimoniale derivante dalla PAS, cagionato all'ex marito facendo di tutto per distruggere i rapporti tra questo e la loro figlia minore.
Dato che il diritto alla genitorialità è un diritto costituzionalmente tutelato, il relativo danno può essere liquidato in forma equitativa, valutandolo come una lesione di interessi inerenti alla persona e non connotati da una rilevanza economica.
All'uomo spettano 20mila euro: i rapporti con la figlioletta, a seguito della separazione dalla ex, sono stati interrotti per oltre nove anni a causa della sistematica denigrazione fatta dalla donna e degli ostacoli da questa posti al rapporto padre/figlia.
Peraltro, già in sede di separazione la sussistenza della sindrome era stata ipotizzata dal CTU.
Oggi dalle conseguenze di essa non si può più scappare e la donna non può non rispondere del non aver fatto nulla affinché la piccola maturasse un atteggiamento psicologico favorevole allo sviluppo di un equilibrato rapporto con il papà.
La forte sofferenza cagionata all'ex va indennizzata.